Prologo

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Il pendolo si muoveva ritmicamente di fronte ai miei occhi.

Destra, sinistra e poi di nuovo destra.

Quel movimento mi sembrava... rassicurante. Un'oscillazione sistematica nell'immobilità di un silenzio perfetto.

Mi sporsi sulla scrivania in mogano per osservarlo meglio. Anche se continuavo a guardarlo, lui non variava mai dal percorso tracciato e si comportava esattamente come mi aspettavo.

Destra, sinistra e ancora destra. Sorrisi.

«Ti piace, Cassandra?»

L'uomo accanto a me sondò la mia figura con occhi dolci. Le striature grigie delle sue iridi sembravano prendere vita ogni volta che parlava. Ogni volta che mi parlava. Restituii il suo sguardo espressivo e sincero, sapendo che non lo avrei dimenticato tanto presto.

«Molto» risposi, lasciando che alcune ciocche scorressero sulle mie guance arrossate. Ero sempre agitata, quando ero con lui.

Stropicciai tra loro le mani, mentre lo osservavo fare il giro della scrivania per sedersi di fronte a me. Ad un certo punto però si bloccò. Lo vidi portare indietro un ciuffo di capelli biondi con un gesto distratto, mentre controllava l'orologio d'acciaio che aveva al polso. Nel complesso, dovevo ammettere che fosse un bell'uomo, per avere una quarantina d'anni.

Piegò le labbra cesellate in una smorfia, mentre le sue dita tamburellavano sul raffinato tavolino dei liquori in cerca di qualcosa. Ora che osservavo i suoi movimenti da un po', riuscivo a immaginare il fascino che doveva aver avuto da giovane. La postura elegante, il fisico slanciato, lo sguardo ammaliante... sì, adesso comprendevo davvero perché fosse successo tutto ciò...

«Gradisci qualcosa, Cassandra?»

La sua voce profonda mi riscosse e, anche se non si voltò, abbassai istintivamente lo sguardo, posandolo su una piccola clessidra dorata.

«Sto bene così, la ringrazio.»

Con la coda dell'occhio, lo vidi girarsi nella mia direzione. Tra le mani, un bicchiere basso che conteneva un liquido ambrato. Scotch probabilmente. O whisky forse. Non avevo mai capito la differenza tra i due. Quando le mie iridi risalirono dal polso largo, al braccio fasciato nell'elegante camicia bianca, fino al suo viso, trovarono però una linea orizzontale che solcava la sua fronte.

«Quante volte dovrò chiederti ancora di darmi del tu?» mi rimproverò benevolmente. «Ormai abbiamo superato questa fase, non credi?»

Era sempre così controllato, sempre misurato... mai una parola fuori posto. E io mi ritrovai ad annuire impacciata. Non ero a mio agio, ma non potevo rischiare di offenderlo.

Non volevo neppure continuare a fissarlo, mentre finiva di recuperare i documenti dei quali avevamo parlato, così lasciai che i miei occhi si posassero con attenzione superficiale sulla stanza attorno a noi.

I muri rosso scuro sembravano capaci di inghiottire la luce del sole che si riversava prorompente dalla grande finestra bordata d'oro alle sue spalle, e che si rifletteva di netto nella lampada verde in stile anni venti sul tavolo. Sembrava la scrivania di un diplomatico dell'età edoardiana ma, effettivamente, quando lo avevo conosciuto, mi aveva immediatamente  dato l'impressione di essere un uomo d'altri tempi.

Abbassai lo sguardo sul telefono nella mia borsa. Non aveva smesso un attimo di illuminarsi, ma quando entravo in quella casa non dimenticavo mai di togliere la suoneria.

Rimasi a fissare il display finché non si inserì automaticamente la segreteria telefonica. Ora sullo schermo lampeggiava il numero di chiamate perse. Sette. Tutte da parte di Alex.

Ignorai il brivido freddo che risalì lungo la mia colonna vertebrale, accarezzando la mia pelle un centimetro dopo l'altro. Adesso mi sembrava ancora più difficile tentare di regolarizzare il mio battito, ma non potevo rischiare di perdere il controllo.

«Allora, Cassandra, sei pronta a firmare?»

Mi voltai nuovamente nella sua direzione, e lo vidi porgermi la sua stilografica, dove svettava un piccolo cerchio d'oro con incastonata un'elegante G. Il polso sinistro invece ruotava lentamente, con i polpastrelli incagliati sul bicchiere di vetro, mentre faceva sciogliere i cubetti di ghiaccio. Due per la precisione. Mi chiesi distrattamente se ci fosse un significato particolare dietro a quella scelta.

Tornai a guardarlo, rivolgendogli il mio sorriso più calmo. «Certo» confermai, avvicinando la punta alla carta.

Proprio in quel momento però, un lieve tremito percorse la mia mano, come una scarica elettrica che portò la penna a oscillare tra le mie dita. Ero sempre stata una persona decisa, che quando imboccava una strada difficilmente tornava indietro, ma ora che i miei occhi osservavano quei fogli che tanto avevo aspettato, un timore aveva scavato una fessura nella corazza della mia convinzione.

Feci scorrere il pollice su quel cartoncino ruvido che avrebbe potuto essere la mia benedizione o la mia condanna.

Ma io ero davvero pronta ad affrontare tutto ciò?

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Buonasera ❣️

Lo dico? Lo dico! Questo prologo ha talmente tanti indizi che secondo me scoprirete tutto ancora prima di Cassie 🤣 e me ne pentirò amaramente!

Comunque è un mini capitolo interamente dedicato a chi legge questa storia per il mistero dei medaglioni... per le amanti di Alex invece ci rivediamo nel prossimo 🤐😉

E nel frattempo:
- chi sarà l'uomo misterioso?
- cosa starà firmando quella disgraziata di Cassie?
- dove si collocherà questa scena nella nostra storia? 🤷🏻‍♀️

Con grande gioia, vi do nuovamente il benvenuto nella ridente cittadina di Danvers dove - vi ricordo - tutti nascondono qualcosa 😉

(E visto che ho dei personaggi con manie di protagonismo, si ritornerà anche ai capitoli infiniti)

A settimana prossima ❤️ ... teniamo sempre il venerdì? Fatemi sapere cosa preferite

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