Quanto è strana la sorte?
Quanto è bastarda la vita?
Quanto è dura la realtà?
In quanti vorrebbero aver vissuto per tutto questo tempo in un incubo?
Invece siamo qua, piangiamo, poi smettiamo, pensiamo ad altro.
Poi ci capita di vedere una foto.
Di sentire una parola.
Un nome.
Diego Armando Maradona è morto, ci hanno detto dall'Argentina.
Ed è morta Napoli, è morto il calcio.
Abbiamo capito che non era uno scherzo e siamo rimasti fermi.
Immobili.
Inermi.
Sospesi nel tempo mentre il mondo continuava a girare.
Ma Napoli era ferma.
L'Argentina era ferma.
È scesa una lacrima, poi un'altra, poi un'altra ancora.
Si è formata una cascata che ha avvolto dolorosamente ognuno di noi.
Un mare salatissimo che non ci permetteva di respirare.
Passavano i minuti e nessuno smentiva, anzi aumentavano le conferme.
E aumentavano le lacrime, aumentava il dolore, aumentava quella sensazione di vuoto.
E se chist nun è ammore, ma nuje c' campamm 'a ffa?
Ma noi che viviamo a fare?
Come si vive senza Diego?
Come può, chi l'ha vissuto, guardare il calcio allo stesso modo?
Come può, chi ne ha solo sentito parlare, pensare che esista qualcuno di superiore, adesso?
E penso.
Penso non solo a chi ha visto Maradona, ma anche a chi ha giocato con Maradona.
Penso a tutti quei bambini che sognavano di diventare lui.
Penso ad una nazione intera che si è vista sul tetto del mondo, grazie a Maradona.
Penso a Napoli, che è partita dal niente ed è diventata Regina d'Italia, con le magie di Maradona.
Diego Armando Maradona, il D10S del calcio, ha peccato tanto come uomo, ma ha raggiunto livelli di perfezione assoluta sul campo.
Ma conta veramente così tanto che tipo di uomo fosse Maradona?
Che ne sappiamo noi di Diego?
Non spetta a noi giudicare, non spetta a noi catalogarlo.
Diego ha scelto di rovinare la sua vita, ma Maradona ha scelto di migliorare la nostra.
Diego è venuto da Barcellona che era un ragazzino, ha sfidato prima di tutti se stesso, perché non era facile.
Non era facile ripulire un'immagine che si sarebbe potuta sporcare, andando in un club disastrato economicamente, il club della grande città più povera d'Italia.
Eppure Diego l'ha fatto.
Diego ha vissuto ogni sfaccettatura di Napoli.
L'ha amata più per i suoi difetti che per i suoi pregi.
Lui stesso è diventato un difetto della città, un difetto così perfetto che alla fine era un pregio.
Diego non aveva bisogno degli altri, si bastava da solo.
Faceva sentire grande anche la cosa più piccola.
E forse era quella solitudine, quella potenza difronte all'impotenza, che l'ha portato all'auto distruzione.
Ma Diego ci ha comunque risanati, ha ricucito una ferita che aveva le sembianze di una voragine.
Diego ha fatto in modo che nessuno potesse più parlare male di Napoli, perché andava tutto bene.
Diego ha fatto in modo che Napoli esistesse.
Diego è stato il Masaniello della rivolta popolare più silenziosa di tutti i tempi.
Diego ci ha preso per mano e ci ha portati al suo livello, dove nessuno poteva arrivare.
Diego ha chiuso la bocca e ha fatto parlare il calcio, il suo calcio.
Genio incompreso, allegoria della fragilità umana, mago del pallone, capo di due mondi uguali divisi da 11.210 chilometri.
Perché alla fine Napoli e l'Argentina si trovavano nella stessa situazione.
Situazione che ha permesso a Diego di diventare figlio di Napoli, più napoletano dei napoletani stessi.
Diego non era altro che l'oggetto dell'amore di due popoli, un Dio venuto forse dall'Olimpo, forse dal Paradiso, forse da un pianeta tutto suo, dove ieri ha fatto ritorno.
Tu guardaci, Diego.
Allunga la mano, la mano de Dios, e lasciaci una carezza quando cadiamo.
Allunga la mano e asciugaci le lacrime.
Allunga la mano e butta il pallone in rete quando vedi che il Napoli da solo non ce la fa. Come hai fatto ieri, per due volte.
Anzi, sai che ti dico?
Vieni a farti un giro sul prato del San Paolo, prossimo a diventare Stadio Diego Armando Maradona, che piova, che nevichi, che faccia freddo.
Rotola, gioca, divertiti, se vuoi ti mettiamo anche Live is life in sottofondo.
Fatti una camminata anche intorno allo stadio, diventato un museo a cielo aperto per ricordarti.
Scivola tra i vicoli di Napoli, tra quelle strade che ti hanno accolto.
Diego, io non ti ho visto, ma ho guardato a lungo i video delle tue giocate e dei tuoi gol.
Ho visto gli occhi di papà brillare mentre mi mostrava, fiero, la foto che si era scattato insieme a te in ritiro.
Ho visto gli occhi di mamma farsi lucidi mentre mi parlava di te.
Ti ho visto attraverso gli altri, attraverso i racconti, attraverso le immagini.
Perché tu, Diego, sei immortale.
Non c'è morte finché il ricordo di una persona vivrà.
E tu vivrai per sempre.
Non esiste tempo che tenga.
Non esiste realtà in cui tu non sarai presente.
E mi raccomando, ridi.
Ridi davvero.
Perché sei in pace, perché qualunque cosa stessi passando adesso è finita.
Noi siamo qua, ad onorare la tua memoria, a tramandare il tuo mito e la tua leggenda finché la vita ce lo consentirà.
Riposa in pace, Diego, perché dopo aver passato sessant'anni a reggere sulle spalle il peso di un'intera storia calcistica, devi essere stanco.
Goditi tutto ciò che verrà, porta la tua grandezza in cielo e, se ti venisse chiesto, prenditi la responsabilità anche di quello.
La responsabilità di essere semplicemente troppo, di non avere limiti.
Ciao, Diego, perché gli addii non mi piacciono.
E se dovessi sentirti solo, anche là, guarda in basso.
Guarda nel cuore di ognuno di noi e troverai la miglior compagnia possibile.
E se dovessi pensare di non aver fatto abbastanza, ricordati che ci hai donato l'amore.
Ci hai amati e ti sei fatto amare.
Per la tua umanità, per aver sbagliato, per aver avuto coraggio.
Per aver visto in noi qualcosa che nessun altro ha visto.
Ciao, Diego.Diego Armando Maradona, 1960 - ♾
HASTA SIEMPRE, D10S💙
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HumorFoto, commenti e sfottò sono tipici di tifosi e, in rare occasioni, di alcuni calciatori. E se invece tutto ciò fosse fatto proprio dalle squadre? Alcune cose che scrivo potranno risultare offensive, ma sono presenti al puro scopo di divertire.