Quel giorno non avevo veramente voglia di andare a scuola. Avrei preferito mille volte rimanere nella mia stanza, sotto le coperte calde. Dove abitavo io non faceva troppo freddo, tuttavia sono nato nel mese più freddo dell'anno e, probabilmente, il freddo mi si dev'essere incorporato addosso alla nascita. Comunque sia, quel giorno mi sentivo più pigro del solito e non riuscivo a scendere dal letto. Sentivo chiaramente la voce di mia madre chiamarmi, o meglio, urlarmi contro e di prima mattina non c'era cosa più terribile di quella; a parte la pioggia. Quando mi ritrovavo ad aprire gli occhi e ciò che mi si poneva poco oltre la finestra della mia stanza era un mare di pioggia battente, sapevo bene che la mia giornata sarebbe stata orribile. E sapete cosa? Quella mattina c'erano sia mia madre urlante che la pioggia. Avevo fatto tredici, insomma.
"Louis! Sei sveglio?" la sentii, per la quarta volta.
Mugulai qualcosa d'incomprensibile, con la testa che mi pendeva letteralmente dal collo mentre tentavo di mettermi seduto.
'Oggi sarà una lunga giornata' pensai afflitto.Aprii l'armadio e misi le prime cose che mi capitarono a tiro, mi diedi una sciacquata veloce al viso e scesi le scale per fare colazione. Mia madre mi accolse con un sorriso, le mie sorelle erano già sedute a tavola a mangiare cose di vario genere, ma io quella mattina non avevo molta fame e mi limitai ad una tazza di latte. Mia madre mi guardò storto.
"Louis dovresti mangiare qualcosa, solo col latte non ti sazi" disse.
"Non ho molta fame. Ho sonno. Tanto sonno" le risposi, con gli occhi che si chiudevano da soli. Rise.
"Se la sera dormissi invece di ascoltare quello strazio che tu chiami musica, allora poi la mattina non avresti gli occhi da panda" riferì con un leggero sorriso sulle labbra e io non sapevo nemmeno cosa rispondere perché, dopotutto, aveva ragione. Tranne sul fatto che la musica che ascoltavo fosse uno strazio, su quello non le avrei mai dato ragione.
Non appena finii - lentamente - di mangiare, presi lo zaino, l'ombrello e uscii di casa, percorrendo la via gelata che mi separava dalla mia scuola. Dio, quella mattina non avevo proprio voglia di andarci.
Non appena fui vicino all'entrata, notai che non c'era quasi nessuno nei paraggi; guardai l'ora e mi resi conto che era terribilmente tardi. Imprecai mentalmente e iniziai a correre più veloce che potei verso la mia classe. Quando fui finalmente vicino, spalancai la porta dell'aula con forza e urlai uno "Scusate il ritardo" che però non ricevette risposta. Strizzai leggermente gli occhi, incredulo.
Non c'era nessuno. Cosa? Ma dov'erano finiti tutti quanti? Mi guardai intorno confuso: né uno zaino, né un libro, né niente. Era tutto talmente silenzioso da sembrare irreale, come se stessi sognando. E se stessi effettivamente sognando? Scacciai quel pensiero senza senso e uscii dall'aula, ritrovandomi nuovamente nel corridoio vuoto. Vuoto. Completamente vuoto. Persino nelle altre classi non c'era un cane. Boh.
Dopo poco scorsi una figura in lontananza e riconobbi in essa una mia conoscenza: Tim, uno dei bidelli.
'Finalmente qualcuno!' mi ritrovai a pensare. Alzai il passo fino a raggiungerlo, sembrava sorpreso di vedermi."Oh, Louis! Che ci fai qui, ragazzo?" chiese l'uomo dai capelli bianchi.
"Ma come, che significa che ci faccio qui? Non dovrei esserci, a scuola intendo?" lo guardai confuso. Che diavolo stava dicendo?
"Oggi c'è sciopero. Non ti hanno avvisato?"
Rimasi impietrito. Ma come? Mancavo da scuola due giorni per via della febbre e nessuno dei miei compagni di classe mi diceva niente? Ma vaffanculo. Forse avrei dovuto farmi degli amici in quella stupida scuola, almeno nei giorni di sciopero avrei saputo se rimanere a casa a dormire oppure no.
STAI LEGGENDO
Il ragazzo sull'albero // Larry Stylinson
Fanfiction"E resto solo con le mie domande patetiche, purtroppo indispensabili. Ma non smetterai di essere il centro di tutti i miei pensieri, tornerò da te. A qualunque costo." Cosa fareste se un giorno la vostra realtà quotidiana venisse sconvolta da un ra...