𝐙𝐄𝐑𝐎 : #𝗉𝗋𝗈𝗅𝗈𝗀𝗈

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Chi si sarebbe mai aspettato che la bella visita tra le strade di Chinatown si sarebbe trasformata in un concentrato di proiettili e sangue?

Era prevedibile, Jungkook sotto sotto lo sperava: era quel banale senso inebriante che gli dava l'adrenalina in endovena, un gentile regalo donatogli dall'odore degli pneumatici bruciati e delle minacce di morte urlate alle sue spalle. Se lo aspettavano tutti quanti, in realtà, perché nessuno di loro credeva che rubare a una delle famiglie più importanti del quartiere sarebbe stato un gioco da ragazzi. Divertente sì, ma facile? Niente lo era mai stato.

Ritornando a Jungkook, lui stava correndo fuori dal locale dall'aspetto malandato, uno di quelli che sembravano uscire dai bassifondi e che ti davano a tre dollari il miglior ramen della città, uno di quelli con l'insegna a pezzi che ricordava a tutti che i Liu comandavano, e anche uno di quelli in cui Jungkook e Taehyung erano andati a giocare a poker per i precedenti tre mesi prima di ritrovarsi a dover scappare con il suono delle pistole a fargli fischiare le orecchie e le urla che li minacciavano di morte alle spalle.

Beh, non poteva andare sempre tutto per il meglio, e questo lo sapevano troppo bene.

«Cazzo, corri, Taehyung!» sbraitò, strattonandolo per la camicia. Sobbalzò quando il cemento di fianco a lui si scheggiò sotto un proiettile, l'ennesimo che con chissà quale grazia divina non lo aveva ancora colpito facendogli esplodere il cervello. Non che gli dispiacesse, sopravvivere, soprattutto quando era uno come Vince a sparargli, e soprattutto quando aveva duecento milioni di dollari da intascarsi.

«Sei morto, Jeon!» La voce di Vince rimbombò tra le strade cocenti, un altro colpo di pistola bucò una delle lanterne cinesi appese, un altro beccò l'insegna luminosa che gridava dim sum e- dove cazzo era Jin?

Lo sguardo di Jungkook corse sulla grande via di fronte a sé, l'odore dei ristoranti andava a mescolarsi con quello del tabacco del locale di Vince, nell'aria si librava solo il suono delle urla e delle auto lontane. E ovviamente quella di Jin che ancora non era andato a prenderli.

Chissà che cazzo stava facendo Jin di così importante mentre loro stavano rischiando il culo. Doveva solo ringraziare che i soldi avevano promesso di dividerli in otto, e che Taehyung era più o meno uno di parola, sennò di sicuro gli avrebbe fatto ingoiare un litro di cola e un pacco di mentos per averli fatti quasi ammazzare.

«Cazzo cazzo cazzo», Jungkook sobbalzò di nuovo. Abbandonò le luci del centro di Chinatown per consumare le suole delle sue scarpe nelle viuzze più piccole – e fortunatamente aveva deciso di mettersi le sneakers e non quello stupido paio di mocassini che aveva dovuto tenere per troppo tempo quando aveva dovuto fingersi una persona per bene. La sfilza di macchine parcheggiate e i dehor dei locali in mezzo erano di sicuro la notizia più bella che potessero ricevere: Jungkook ghignò, tirandosi dietro Taehyung che dovette aggrapparsi al suo braccio quando inciampò su uno dei cartelloni posati a terra.

Sperare che Vince e tutta la sua sfilza di gente pagata non li stessero attaccati al culo era stupido e assurdo, e né Taehyung né Jungkook ebbero il tempo di pensare che forse un pochino erano riusciti a squagliarsela che subito si sentì un colpo di pistola, le urla della gente che si abbassava e si spostava, e ormai nell'aria rimaneva solo il suono dei loro ansimi e dei loro cuori palpitanti.

Se fossero morti, Taehyung si sarebbe fatto resuscitare solo per ammazzare Jin, questo era poco ma sicuro.

Forse lo aveva sentito – il tepore della morte alle sue spalle con Taehyung che lo guardava da lontano e lo malediceva per essere uno stronzo – perché non appena si avvicinarono al fondo della viuzza, facendo lo slalom tra le auto ed evitando di farsi uccidere dai ripetuti spari che non sembravano voler smettere, si sentì il rumore delle gomme stridere sul cemento, il motore rombare e la carrozzeria rossa antiproiettile della Dodge spuntare dall'angolo.

A Taehyung e Jungkook sembrò di poter tornare a respirare non appena Jin sterzò fermandosi di fronte a loro, evitando i pali con le grandi lanterne accese di qualche centimetro.

«Sei in ritardo», sbraitò Taehyung chiudendo la portiera dell'auto, i piedi puntati sul tappetino quando Jin premette il piede sull'acceleratore troppo presto, e il suono metallico dei proiettili a riversarsi nell'auto.

Seokjin sfrecciò tra le strade di Chinatown, l'asfalto raschiava sotto le ruote. «Non ve la stavate cavando male», disse, lo sguardo incollato alle vie, che si spostava frenetico da ogni parte come se dovesse spuntare qualcuno con un monster truck per disintegrargli l'auto da un secondo all'altro.

Se loro non se la stavano cavando male Jungkook non voleva immaginare in che situazione si erano infilati Hoseok e Yoongi dal lato opposto della città. Probabilmente qualcuno era morto, e di sicuro non erano né Yoongi né Hoseok.

La voce di Namjoon proveniente dalla radio superò il rumore assordante del motore, in sottofondo si sentiva la voce di Jimin impegnata ad insultare qualcuno. «Ragazzi, tutto ok?»

Taehyung si sporse oltre il sedile per guardare Jin con gli occhi sgranati. «Se quel coglione di tuo cugino non ci avesse abbandonato in mezzo a degli psicopatici attaccati a dei grilletti andrebbe tutto molto meglio!» Ricevette degli occhi rotatori e la sua voce scimmiottata in risposta, un sorriso divertito da Jungkook quando lo guardò.

Si ritrovò con la schiena di nuovo appiccicata al sedile quando Jin sterzò di colpo, e con chissà quale fortuna evitò di sbattere la testa contro il finestrino. Ogni tanto si chiedeva che cosa lo aveva fermato dall'ucciderlo tanti anni prima.

«Stiamo bene», disse Jungkook, lanciando un'occhiata a Taehyung sul sedile posteriore. Inclinò di poco la testa quando si sporse di nuovo in avanti, infilandogli una mano tra i capelli e con lo sguardo fisso alle strade affollate della città.

Chi cazzo gli aveva fatto credere che sarebbe stata una buona idea rubare uno dei gioielli più preziosi al mondo? Chiunque fosse stato era un coglione, e questo voleva dire che tutti loro lo erano, e la motivazione arrivò quando Jin guardò lo specchietto retrovisore e notò le tre macchine stargli attaccate al culo.

«L'avete preso?» la voce di Namjoon si fece più ovattata quando Jin spinse di più l'acceleratore.

Taehyung ridacchiò divertito. «Ti sembriamo dei dilettanti?» Un ghigno orgoglioso era scolpito sulle sue labbra. «Ovvio che l'abbiamo preso.»

Il diamante rosso che Jungkook si stava passando tra le mani era un gioiellino da almeno duecento milioni di dollari, quello per cui si erano sbattuti a destra e manca, quello per cui avevano speso più di tre mesi nella città dei Liu – che poi questi, adesso, volessero ucciderli era solo un piccolo rischio del mestiere che non li preoccupava più di tanto, anche se avrebbe dovuto.

Jin lanciò una veloce occhiata ai due nell'auto, guardò di nuovo lo specchietto retrovisore e sterzò nel cuore di Chinatown.

L'adrenalina era un'immorale puttana sempre capace di prendere le redini della loro mente, uno stupido preconcetto infilato a forza che li faceva sorridere quando avevano il dito sul grilletto e quando si ritrovavano a dover correre, lontano dalla morte certa o da qualsiasi altra stronzata che faceva guadagnare un braccio rotto o lo stomaco aperto da un proiettile.

Jin si leccò le labbra, stringendo il volante in una mano e il cambio nell'altra, ingranò la quinta prima di dire: «mettetevi le cinture. Abbiamo compagnia.»


















***

haya gente

vi lascio con questo prologo randomico scritto alle 4 del mattino,
e vi ricordo che tra poco è il compleanno di jungkook. giusto in caso ve lo dimentichiate :)

love y'all, grazie per aver atteso così tanto♡

𝐇𝐎𝐔𝐒𝐄 𝐎𝐅 𝐂𝐀𝐑𝐃𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora