𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐍𝐎𝐕𝐄: #𝖼𝖺𝗓𝗓𝗂 𝗇𝗈𝗌𝗍𝗋𝗂 (𝗆𝖺𝗅𝖺𝗏𝗂𝗍𝖺)

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seconda parte dopo il banner :)
enjoy

e anche la terza al fondo :3






𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐈𝐈






















⸻⸻

𝓒𝐀𝐙𝐙𝐈 𝓝𝐎𝐒𝐓𝐑𝐈 (𝓜𝐀𝐋𝐀𝐕𝐈𝐓𝐀)
ᴰᴵᴿᴱᶜᵀᴱᴰ ᴮᵞ
𝘓𝘜𝘊 𝘉𝘌𝘚𝘚𝘖𝘕 [💢]

×  𝟔𝟎% ​↻ ​×

† ANㄨIETY 📛
𝔓ALAYE ℜOYALE ♱
˯ ˯ ˯







Era risaputo che se qualcosa potesse andare storto, di sicuro non solo avrebbe modificato qualche misero minuto di vita di ben sette persone, ma avrebbe mandato a puttane tutto ciò che esisteva di distruttibile.

E quale modo migliore di iniziare la giornata se non con una bella rivelazione sconvolgente e un ammasso d'ansia a fare da stalker?

Namjoon si era disfatto di tutte le possibilità d'accusa verso di lui e qualunque idea avesse in mente Seokjin alle otto del mattino quando, con la convinzione sopra il pigiama, aveva spiegato nei minimi dettagli ciò che la sua coscienza di caffeina era riuscita a immaginare nel corso della nottata.

Sperava solo di non dover assistere a una litigata che vedeva protagonisti Hoseok e Jin, perché tra quei due sarebbe potuta finire in un solo modo, e questo prevedeva la posizione del cadavere dello yoga.

Seokjin, comunque, era ostinato, ed era un coglione quando ci si metteva d'impegno; si lasciava sopraffare da tutto ciò che la sua mente concepisse come ragione e guai a chiunque avesse tentato di infilargli una mano nel cranio per fargli vedere la vera ragione dall'altra parte della strada. E quel giorno, poteva prendersela solo con una persona.

Namjoon doveva ammettere però di ammirare la sua tenacia: era mercoledì pomeriggio, e questo significava che Hoseok avrebbe portato a casa quella stronza di una doppiogiochista della sua ragazza e Jin era rimasto la bellezza di trentotto minuti seduto sulla scalinata di casa, con il culo sui gradini di marmo, ad aspettare che lei arrivasse.

La ammirava, certo, non che lui fosse rimasto lì a grattarsi le palle a lasciargli cadere tutto il lavoro sporco addosso. No, perché anche Namjoon era rimasto lì per un po', ad aspettare mentre contava gli intagli nel pavimento di legno finché non si era rotto e aveva detto di chiamarlo quando arrivava. Quei venti minuti a fianco di un Seokjin ostinato e con il mutismo selettivo erano stati un'infinita tortura che non sembrava voler finire mai.

Finché, all'improvviso ecco che la sua figura si palesò. Seokjin non aveva chiuso la porta a chiave, e basto quel lieve click della maniglia per risvegliarlo.

Insook aveva uno zaino a penderle da una spalla ed era vestita di pelle. O, almeno, quel giorno in particolare era vestita di pelle nera, con gli stivali sotto al ginocchio e la pittura fosforescente a sporcarle la giacca – segno che, probabilmente, aveva ancora i vestiti del turno al Sweet Night –, perché Insook era tipa da vestirsi con la coroncina di fiori e i pantaloni a zampa di elefante un giorno e quello dopo di mostrarsi con le catene al collo e la matita nera intorno agli occhi.

E quel particolare giorno il suo spirito hippie era stato risucchiato via dal leather e dal nero pece, e se non fosse stato per quel piccolo intoppo che le aveva appena mandato all'aria tutto il suo bel piano, di sicuro la figlia dei fiori che c'era in lei sarebbe ritornata non appena messi gli occhi su Hoseok impegnato a spargere salvia bruciata ovunque.

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