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<<Ti hanno fatto uscire prima?>>

Mattia si toglie il cappotto senza rispondermi, brutto segno.

<<E' successo qualcosa a lavoro?>>

 Il suo silenzio mi preoccupa. Si dirige in cucina, prende una cotoletta fredda dal frigo e inizia a mangiarla senza sedersi a tavola.

<<E' successo qualcosa.>> inutile chiederglielo, ormai è ovvio. 

Sempre nessuna risposta, solo la sua bocca che mastica.

<<E' così che fai adesso? Fai finta di non sentire per evitare di discutere?>>

Mi guarda e poi torna alla cotoletta che butta con tutto il piatto nella pattumiera. Si allontana, ma io lo seguo, sono determinata a capire cosa stia succedendo, senza rimandare.

<<Ieri sera>>  cambio argomento, <<mi hai sentito vero?>> , si ferma, <<hai sentito quello che ti ho detto ieri a letto.>>

Non parlo più alle sue spalle, finalmente si gira, <<Cosa volevi che ti dicessi?>>

<<Qualsiasi cosa Mattia, qualsiasi, anzi, potevi pure non dire niente, l'unica cosa che non dovevi fare era lasciarmi da sola in quel momento, cosa che hai fatto invece>>, ho le lacrime che mi minacciano di uscire da un momento all'altro, odio questa sensazione.

<<Mi dispiace>> si avvicina per accarezzarmi, spera che con questo può mettere il punto alla discussione.

Scanso la sua mano <<Cosa è successo a lavoro?>>

Sorride, quel sorriso che arriva senza senso quando stai per dare una brutta notizia <<Licenziato>>

Non so di preciso come reagire. Ma il pianto imminente mi rende irascibile e inizio a dargli addosso, e così lui addosso a me. Le parole scorrono, alcune le penso, altre no, alcune mi feriscono, altre nemmeno le capisco. Insieme alle parole volano oggetti, l'album dei ricordi è il prossimo, lo stringo tra le mani che tremano.

<<Io ci provo>> Mattia è esausto dal litigio, la sua vena sul collo è gonfia <<Ci provo a renderti felice, ma è difficile non ci riesco! Non sono capace di darti un figlio, non riesco a tenermi un lavoro, e tanto meno la casa che vorresti. Non sono capace di fare tante cose, ma ci provo, pur sapendo di essere un impedito ci provo.>>

I suoi occhi. Sono Lucidi.

<< Io ci provo, e tu che fai? Ti rispondo io: NIENTE! Non fai assolutamente niente, io mi rompo la schiena fuori di qui, il tutto per farti contenta, ma tu non sorridi mai, non lo fai mai Lis...>>

<<Non è vero che non sono felice...>> dico piano.

<<Sì invece, e a furia di vederti infelice lo sono diventato anch'io, e ho perso la voglia di provarci>>

<<Cosa vuol dire?>> avevo capito.

<<Vuol dire che non voglio più continuare così, basta>>

Maschero la tristezza da rabbia, e scaglio l'album verso la stessa finestra nella quale mi specchiavo prima e adesso.

Il rumore sordo blocca ogni altra parola superflua, i vetri frantumati si sparpagliano per tutta la sala, lo stesso vale per decine foto uscite dell'album.  Guardo Mattia, lo stesso fa lui, i suoi occhi sono ancora lucidi, i miei ora piangono, non li posso più controllare.

Vado via.

<<Lis...>>

Via, lontano da lì.

Calpesto pure un frammento di vetro, ma non mi fermo, apro la porta con violenza, oltrepasso il vialetto rischiando di inciampare sul gradino mai aggiustato e imbocco la strada verso il boschetto di quartiere. Come se non bastasse la pioggia fa da seguito ad un forte tuono. Non mi curo del fatto che sia scalza e corro. Perdo la via del sentiero e mi ritrovo a correre su pietre e foglie secche, il bosco è sempre più fitto, la mente sempre più annebbiata. Il cielo è adesso completamente annuvolato e la pioggia si rafforza. Per un attimo mi è sembrato quasi di perdere i sensi, la testa mi gira tantissimo, ma piano piano smette, ed altrettanto il bosco si apre, gli alberi si fanno meno fitti, e vedo la strada in lontananza. Sempre gradualmente la pioggia cessa di cadere, il cielo è di nuovo azzurro. 

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