La porta

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Guardo l'orologio: 1:46
È tardi, ma dovrei ancora riuscire a trovare un taxi.
È una notte limpida, riesco a vedere la costellazione di Andromeda sopra la mia testa. La luce dei fari di una macchina mi fanno abbassare lo sguardo e noto che un taxi mi si è fermato proprio davanti. Strano, non lo avevo ancora chiamato.
Salgo poggiando la mia valigia vicino a me, ho paura che nel portabagagli mi si potrebbe rompere il computer da lavoro.
L'autista non mi rivolge parola, ma capisco dal suo modo di tenere il cambio che è pronto a partire.

"Lituain road, sulla sesta, numero 66"

Gli dico leggendo la prenotazione del mio hotel dal telefono. L'uomo annuisce e imbocca la prima strada sulla destra, procedendo in modo tranquillo e senza accelerare troppo. Cerco di fare un po' di conversazione, la strada per arrivare non è lunga, ma essendo un giornalista in una nuova città, adoro raccogliere informazioni anche dai lavoratori locali.
Il tassista continua a non rivolgermi parola, si limita a guardarmi dallo specchietto retrovisore con uno sguardo che, dopo un po', mi fece chiudere bocca senza pretendere risposta.

Arriviamo sulla via principale e noto che l'ambiente non è come mi aspettavo: le case erano tutte uguali, di un giallo scolorito. I lampioni erano opachi, qualsiasi cosa nelle zone d'ombra lasciava di se solo il contorno; noto un uomo con un cappotto verde mentre guarda a terra senza muoversi. Si tiene apoggiato con una gamba ad un muro pieno di graffiti, tutti indistinguibili tra loro, ma dall'aspetto non molto rassicurante.

Cerco di non pensarci e finalmente l'uomo alla guida mi rivolge la parola:

"Da qui si va a piedi"

Non si gira nemmeno a guardarmi, ma solo dalla sua voce mi viene la pelle d'oca. Pago il dovuto e scendo con la valigia per poi guardare il taxi allontanarsi lentamente e girare in un vicolo buio a fari spenti. Una sensazione di disagio mi fa allontanare senza farmi domande, verso il numero 66 della strada affianco, verso quello che dovrebbe essere il mio hotel. Non so neanche perché ho accettato un lavoro in questa parte della città, di solito mi tengo lontano dalla periferia.
Mentre penso a testa bassa la mia coda dell'occhio cattura una figura: un uomo molto vecchio sta seduto sul ciglio della strada, quasi completamente svestito, mentre con degli occhiali da sole guarda il cielo nero. Mi avvicino.

"Mi scusi, ma non ha freddo?"

Lui si volta verso di me, abbassa gli occhiali e mi sorride. I denti non sembrano quelli di un anziano, sono perfettamente bianchi e dritti, come se non li avesse mai usati.

"Ma come giovanotto, non vedi che bel sole che c'è oggi? Dai siediti con me e senti come si sta bene"

Voglio fargli un'altra domanda, ma la mascella mi si serra di colpo, neanche la mia voce vuole avvicinarsi a lui.
Giro sul posto e riprendo a camminare. Mi convinco per tutto il tragitto che era solo un vecchio pazzo e che probabilmente ha avuto qualche trauma e per questo non sta molto bene.

Arrivo al mio hotel. È l'unico palazzo diverso dagli altri: alto 6 piani, mura bianche e ben pitturate, lo stucco è liscio alla vista, le finestre sono tutte accese dandogli grande luminosità e la porta d'ingresso è sorvegliata da un ragazzo magrissimo che mi sorride. Entro ignorando il ragazzo; non sono maleducato, ma sono ancora scosso per il pazzo della strada.
Alla reception non trovo nessuno, ma un foglio appoggiato sul bancone con il mio nome sopra:

"Al signor Finnigans, ci scusiamo per la scarsa ospitalità, ma siamo a corto di personale. La sua stanza è la numero 6 al sesto piano.
Un saluto.
La direzione."

Dietro vedo una chiave. È nuovissima, ancora luccica. Mi giro per chiedere al giovane portiere dove fossero le scale, ma non lo vedo più. La porta principale è chiusa e non ho sentito alcun rumore.
Comincio a pensare che sia solo la stanchezza a farmi stare così, perciò prendo di nuovo la valigia e mi guardo intorno cercando delle scale o un ascensore. Sento un *ding* proveniente da dietro e vedo che un ascensore si è aperto a pochi mentri da me. Entro quasi correndo, premendo con fretta il numero 6. La porta si chiude e inizio a salire. La mia testa è vuota, troppe domande, ho bisogno di riposare.
Il *ding* precede l'apertura delle porte al mio piano e subito esco. Mi trovo in un corridoio lunghissimo: alla mia sinistra vedo tutte porte in fila, mentre alla mia destra solo moquette rossa. Le pareti sono spoglie, solo tre luci sul soffitto e nessuno in vista.
Vado verso la prima porta: nessun numero sopra, solo una porta bianca. Continuo con la seconda: nessun numero.
Continuo finché non arrivo alla sesta porta, anche questa senza numero. A rigor di logica però dovrebbe essere questa la mia...
Prendo la chiave che ho trovato di sotto e la giro nella serratura. La porta si apre con una leggerezza incredibile, deve essere stata montata da poco.
Entro e la chiudo alle mie spalle, poggio la valigia sul letto e mi guardo intorno: una stanza praticamente vuota: letto, comodino, armadio e porta del bagno tutti bianchi e senza alcun accessorio o oggetto sopra, solo la mia valigia dà colore e presenza.
Vado verso la porta del bagno per aprirla quando sento una porta aprirsi di colpo dal corridoio. Mi giro di scatto: sento delle grida, poi una seconda porta si apre e sento dei pianti, la terza seguita da risate incontrollate, la quarta libera un pianto di un bambino, la quinta invece dei versi inumani e alquanto stordenti.
Vedo davanti a me la porta della mia stanza aprirsi e tutti quei rumori mi attraversano di colpo.
Mi lancio verso la porta e la chiudo il più velocemente possibile.
Mi tappo le orecchie, mi gira la testa. Troppe cose in una notte sola. Dal movimento brusco mi cade il telefono dalla tasca e noto l'orario: le 3:00 in punto. Continuo a guardare l'orologio e scattano le 3:01. Tutti i rumori cessano. Tolgo le mane dalle orecchie e deglutisco la saliva accumulata in bocca.
Fisso la mia porta...dovrei uscire, ma sento un rumore insolito provenire dall'esterno e il mio corpo diventa pietra:

Passi ovattati, ma pesanti, lenti.

La prima porta si chiude sbattendo violentemente.

Altri passi.

Si chiude la seconda, ancora più forte.

Ho il cuore in gola, non capisco che cosa stia succedendo.

Sbatte la terza.

I passi si fanno vicini.

Si chiude anche la quarta.

Inizio ad avere freddo, i passi sono vicinissimi.

Dalla forza con la quale viene chiusa, la quinta fa tremare le pareti

I passi cessano.

Silenzio assoluto. Il mio respiro si ferma, fisso la mia porta:

È chiusa.

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