Introduzione

19 3 0
                                    

PROLOGO

C'è stato un momento, un momento in cui il cielo non era azzurro, ne tantomeno tinto di blu notte. È stato un momento in cui il cielo era color arancio e le nuvole erano solo un grosso cumulo di gas, un momento in cui il mondo per lei era silenzioso... ma nella sua testa c'era il caos totale. Dicono che chi resta in silenzio troppo a lungo non abbia nulla da dire, lei non parlava mai eppure aveva fin troppo da dire.
Quella mattina si era recata a fare la spesa al super market dietro casa, come era solita fare ogni giorno prima di andare all' Università. Entrava nel piccolo negozio con la sua solita borsa grigia, sulla quale aveva sparso spille colorate e ridicole, mostrando alla vecchia commessa il suo portafoglio. La signora Dutter la conosceva bene, riconosceva le sue simpatiche ciocche castane prima ancora che la ragazza mettesse piede nel suo supermercato, la salutava sempre con gentilezza e le sorrideva notando i suoi gesti infantili ed ingenui. Ogni mattina le preparava il panino con salame e mozzarella, era da quando lo aveva assaggiato che la bruna non poteva farne a meno.
Mi sono sempre divertito a guardare Shiori, è sempre stata allegra e disponibile.
Ricordo quando un giorno d'estate, mentre aspettava che la madre tornasse dalla sua "missione" dal parrucchiere, se ne stava stesa sul prato di un parco lì vicino, guardando le nuvole formare qualsiasi cosa le dicesse la sua fantasia. È sempre stata una bambina dentro, non è mai importato quanti anni avesse, era sempre pronta a sognare, proiettata con la mente in un mondo tutto suo, colorato e spensierato, dove non c'era posto per una singola goccia di pioggia.
Quella mattina, però, Shiori permise alla pioggia di entrare nel suo piccolo spazio personale e si scatenò una vera e propria tempesta.
I suoi occhi erano fissi sull'edificio in fiamme, mentre miliardi di ricordi riaffioravano come flashback davanti a lei. Le mura, che poche ore prima erano di un verde pastello, erano coperte di striature nere, aggressive, che sembravano divorare l'intera struttura, come stava facendo il fuoco ardente.
Si udivano le sirene della polizia, quelle dei camion dei pompieri, quelle dell'ambulanza, poi non si udì più nulla.
L'ultima cosa che vide furono i medici che portavano una barella dentro l'ambulanza, urlandosi qualcosa di incomprensibile, per lei era semplicemente un boccheggio, una parola muta... o forse era lei sorda.
Il tempo le parve rallentare all'improvviso, le immagini erano sfocate, tutto attorno a lei sembrava lontano ed irreale ma dentro si sentiva bruciare insieme ai mattoni che formavano la sua camera.
Tutti gli sguardi si posero poi sull'unica figura ancora in piedi davanti all'ingresso, dal quale uscivano nubi nere e odore di bruciato, tanto forte da far venire la nausea. Shiori era come immobile, pietrificata, come se ancora sperasse di essere in un brutto sogno, magari uno di quelli che faceva quando era ancora una bambina, svegliandosi e correndo fra le braccia della mamma, pronunciando in modo tenero <posso dormire con te?>, ma non lo avrebbe più potuto fare. Passarono secondi, forse minuti, nel silenzio anche quelli sembrano lunghe ore, ma era ancora lì.
Le sue gambe sembravano essersi calcificate e poi... poi qualcosa la smosse. Senza neanche dar voce ai suoi pensieri, a patto che ne abbia avuti, corse tra le fiamme, salendo le scale di fretta mentre si teneva la mano davanti al viso. Girava il capo a destra e a sinistra, cercando la porta di casa sua. Con un calcio buttò a terra la lastra di legno infuocata che la dividevano dal suo appartamento. La temperatura era troppo alta, iniziava a non sopportarla, sentendosi una vera stupida ad essersi buttata lì dentro, senza neanche avere la certezza che qualcuno l'avrebbe salvata qualora ve ne fosse stato il bisogno. Corse a perdifiato lungo il corridoio, entrando nella sua stanza e trovando qualsiasi cosa a lei cara distrutta. C'era solo un oggetto, sul pavimento, che era come illeso: la collana d'argento che le aveva regalato la madre.
Se non riusciva a sentire, adesso, non riusciva neanche a vedere. Il suo corpo si fece improvvisamente molle, le sue gambe cedettero e semplicemente decise di abbandonarsi al suolo.
Le avevo sfiorato i capelli, le avevo accarezzato il volto. Per la prima volta sentivo di non voler portare più nessuno fra le mie braccia, ma lei... lei ce l'avevo accanto, inerme, come se non ci fosse stata altra via di uscita. Non l'avrei mai detto prima ma a quella ragazza volli farle un dono. Aspettai, guardando il suo mondo bruciare e sgretolarsi, desiderando di poter rimettere tutto a posto, ma ciò che distrugge non può riparare, anche se ora penso di dovermi ricredere anche su questo.

Erano le 02:24 quando Helen ebbe notizie di sua figlia. Se ne stava seduta sulla scomoda sedia della sala d'attesa, pregando nonostante non fosse mai stata un'ottima credente. In certe occasioni non sai su cosa fare affidamento, è per questo che anche i peccatori si fermano a chiedere perdono e pietà, sperando che ci sia davvero qualcuno ad ascoltarli. Helen venne catapultata in una realtà davvero crudele, una realtà della quale Shiori faceva parte inconsciamente.

The AbyssDove le storie prendono vita. Scoprilo ora