3. 6. 2016
Milo.
Le strade di Londra, nell'arco di tempo compreso fra le sei e mezza e le otto, avevano la magica capacità di trasformarsi in veri e propri palcoscenici degli scenari più buffi ed improbabili cui avesse mai avuto modo di assistere.
E per quanto ventiquattro anni fossero una cifra relativamente misera, lui, in tutta la sua vita, di cose strane ne aveva viste parecchie.
Sembrava quasi che lo cercassero, che studiassero i modi migliori per essere notate: era come se, dopo essersi messe in fila, facessero a turno per sfilargli davanti e, una ad una, si divertissero a vederlo distrarsi e ad ammattire nel tentativo di trovare un filo, un nesso, una spiegazione che le rendesse coerenti e che ne motivasse l'origine.
Come in quel momento.
L'uomo seduto in auto stava fumando: aveva la radio accesa, poteva vederne lo schermo illuminato, e con la punta delle dita picchiettava la gomma scura del volante, in un gesto che, però, non aveva nulla a che fare con il ritmo della musica che persino lui riusciva a sentire.
Era nervoso, e stava cercando un modo per distrarsi, certo: ma da cosa?
Fece scorrere il proprio sguardo lungo il volto dello sconosciuto, poi su tutta la sua figura, avido di informazioni e di dettagli che, per una persona qualsiasi, sarebbero sicuramente risultati banali.
Una fede all'anulare sinistro, una macchia d'olio sul colletto della camicia stropicciata: difficoltà con la moglie.
Barba ispida, non curata ormai da giorni: probabilmente l'intero matrimonio rischiava di crollare.
Forse lui era un uomo violento, o forse lei lo aveva tradito, vista la taglia delle sue occhiaie: una ferita nell'orgoglio, che era andata a minare in modo definitivo la sua autostima già precaria.
O forse si trattava di soldi. Aveva perso il lavoro?
Non lo avrebbe mai saputo.
D'improvviso, l'uomo – che era piuttosto certo si chiamasse Roger -, con un rapido cambio di marcia fece ripartire l'auto, imitato in breve tempo anche dal resto delle vetture che si trovavano ferme al semaforo.
Sospirando, scostò il volto dal finestrino e tornò a guardare la strada che aveva di fronte.
"Ancora non riesco a capire perché tu sia venuto a prendermi" disse, senza distogliere gli occhi dalla carreggiata.
"Beh", rispose il ragazzo "Sei stato tu a chiedermelo, non ricordi?"
Le sue spalle si incurvarono, mentre cercava di rimanere impassibile, così che il suo volto non lasciasse trasparire il proprio disappunto.
"Non era quello che intendevo"
L'altro rimase in silenzio, e lui fece altrettanto.
Era sempre stato bravo, nel nascondere i propri sentimenti: eccelleva persino in quello, nel mentire; ma, d'altro canto, non era colpa sua se le persone erano sempre così prevedibili, così monotone, facilmente raggirabili. Per lui era sempre stato un gioco da ragazzi, capire ciò che la gente voleva sentirsi dire, e risputarglielo in una salsa mielata, così che lo lasciassero in pace.
In fondo, non era colpa sua se lui era diverso. Ma lui odiava esserlo, così tanto, troppo diverso. Odiava gli sguardi che gli si posavano addosso, sempre pieni di stupore e curiosità, quasi fosse una creatura fantastica, un alieno, un fenomeno da baraccone tirato fuori da qualche racconto di fantascienza ed appeso in bella mostra al centro di una vetrina, per il piacere dei passanti.
Tutto ciò che gli era sempre stato detto, era che lui era qualcosa di differente, qualcosa di più, molto di più: tutto ciò che lui avrebbe desiderato sentire, era di essere normale, comune, umano.
D'un tratto, l'auto si fermò.
Volse il proprio sguardo in direzione del ragazzo per chiedergli cosa fosse successo, ma quando incrociò i suoi occhi azzurri, le parole gli morirono in gola.
Il suo tallone d'Achille, la sua mela d'oro.
"Ti consideri tanto un uomo di scienza, un chimico freddo e distaccato, eppure a volte sai essere così assurdamente drammatico" gli disse.
Lui aggrottò le sopracciglia, ancora più confuso.
"Cazzo sei fantastico in tutto, e neanche te ne rendi conto" scuotendo la testa, il ragazzo si lasciò scappare una breve risata.
Socchiuse le labbra, senza sapere cosa dire, senza riuscire a capire: e lui detestava non capire. E forse era proprio quello, il motivo per cui si sentiva così irrimediabilmente attratto da Louis Tomlinson, il motivo per cui non poteva fare a meno di cercarlo, osservarlo, studiarlo: lui che era così ordinario, semplice, lui che era uno fra gli uomini più comuni che avesse conosciuto, rimaneva sempre l'enigma più grande col quale si fosse mai confrontato.
Era diventato la sua dose di eroina, il suo circolo vizioso, eterno, ma mai distruttivo: più falliva nei suoi tentativi di comprendere, e più desiderava sapere.
"Se continuo a rispondere alle tue telefonate e ai tuoi messaggi, Milo, non è perché hai un quoziente intellettivo di 183 o perché mi diverta ad ascoltarti parlare di fisica e di biologia marina: anzi, se devo essere sincero, trovo che in questo tu sia piuttosto banale, direi quasi ripetitivo. Se voglio stare con te, e amo stare con te, non è per il mondo assurdo che, non so come, riesci ad avere qua dentro" e così dicendo, allungò un braccio per sfiorargli con l'indice la fronte "Ma è per l'universo straordinario che ti ostini a tenere nascosto, qui dentro" la sua mano si posò, aperta, sopra al suo petto, sul suo cuore "Sei l'essere umano più puro che io abbia mai conosciuto, e se me lo permetterai, vorrei davvero tanto poterti difendere da tutto ciò che esiste di malvagio, crudele e meschino"
Lentamente, come ipnotizzato, a fiato sospeso e ancora stordito, fece salire la mano, fino a stringere fra le dita quelle di Louis.
Continuava a non capire il come ed il perché, il motivo che aveva spinto qualcuno di tanto bello da sembrare irreale ad avvicinarsi a lui, lui che invece era così diverso, anormale.
Ma non importava, non adesso, non più.
Per la prima volta in quella vita così innaturale, Milo sentì di poter essere normale, comune, umano: e come ogni altro uomo di quella Terra, per la prima volta si concesse di piangere.
Felice.
STAI LEGGENDO
Ogni tuo volto
FanfictionÈ possibile amare all'improvviso, innamorarsi di qualcuno in un attimo, senza neanche conoscerlo, soltanto perché sembra giusto? È possibile amare saggiamente, seguendo le regole della ragione, e trovare un modo per donare, ricevere e vivere in un m...