17. 5. 2016
Pascal.
Gli occhi del ragazzo saettarono velocemente da un lato all'altro della stanza, prima di posarsi nuovamente sulle pagine del libro che teneva fra le dita.
In un attimo, scomparve ogni cosa.
Le voci dei clienti, intenti in basse conversazioni delle quali era udibile solo un vago mormorio indistinto, il suono del campanello che annunciava l'ennesima apertura della porta d'ingresso, il rumore delle automobili in movimento fuori dal caffè, e quello delle macchine in funzione, aldilà del lungo bancone; persino il profumo che saliva dal cappuccino che aveva ordinato, e che aveva in seguito abbandonato sul tavolo, di fianco a sé, era svanito: adesso c'erano soltanto lui, e le luci immortali del Bonheur des dames.
"Lo sapevi che è stato bocciato all'esame di maturità?" si intromise improvvisamente una voce.
Confuso, irritato per essere stato interrotto, sollevò lo sguardo: di fronte a lui, dove fino ad un attimo prima c'era soltanto una sedia vuota, adesso si trovava un ragazzo, le mani strette intorno ad un bicchiere di plastica, uno di quelli col coperchio, da portar via, e le labbra piegate in un sorriso sincero.
I suoi occhi azzurri lo fissavano divertiti, destabilizzanti.
"Come scusa?" rispose.
"Zola" continuò il ragazzo, accennando con un dito al libro ancora aperto davanti a sé "È uno dei più grandi scrittori dell'800, e non ha neanche un diploma. Incredibile, non trovi?"
"Non credo che ci sia bisogno di una certificazione, per poter dire ciò che si prova" si limitò ad osservare.
Di attimo in attimo era tornato alla realtà, dapprima controvoglia, a malincuore, adesso sempre più interessato: come se, tutto ad un tratto, quel mondo fittizio nel quale aveva sempre amato fuggire, e perdersi, di fronte al ragazzo avesse perso il proprio fascino.
Piegando appena la testa di lato, esaminò più attentamente lo sconosciuto, stavolta spinto da una nuova, stupefatta curiosità: ne osservò le braccia nude, la cui pelle bianca era visibile a tratti, tra una macchia d'inchiostro e l'altra, ne osservò i capelli scuri, arruffati dal vento e lasciati liberi di andare in ogni dove, sulla fronte, dietro le orecchie, dentro al suo cuore.
Ne osservò ancora gli occhi, e poi ancora, gli occhi, sempre.
Avrebbe voluto non perderli mai.
"Mi chiamo Louis Tomlinson" disse il ragazzo dagli occhi di cristallo.
"Pascal" si lasciò scappare, quasi in un sospiro.
"Solo Pascal?"
Lui annuì.
"D'accordo, solo Pascal" ridacchiò l'altro, passandosi la lingua fra le labbra "Vedi... Quando prima sono entrato, con l'intenzione di prendere il mio solito caffè prima di andare al lavoro, ero ben deciso a continuare la mia triste routine quotidiana: ma poi ti ho visto, e ho sentito che eri qui seduto ad aspettarmi, e non sono riuscito a resistere al tuo invito"
Inarcò le sopracciglia.
"Ad aspettare te?" domandò.
Louis si strinse nelle spalle, e con la più grande naturalezza rispose:
"Forse sì, forse no, chissà... magari sono io che sto aspettando te, da tutta la vita"
Lui chiuse il libro, si sporse in avanti col busto e, messo il gomito sul tavolo, poggiò il mento sulla propria mano.
Rimase ancora qualche attimo in silenzio, a studiare quei lineamenti così perfetti, quei lineamenti dei quali era sempre andato alla ricerca con la punta della penna, in ogni suo studio.
"Credo di averti disegnato" disse infine.
A quelle parole, gli occhi del ragazzo si spalancarono, pieni di lieta meraviglia, e lui non poté fare a meno di sorridere, arricciando il naso, perché era stato lui, proprio lui, la causa momentanea di quella felicità.
Disse a sé stesso che lo avrebbe reso felice: ne sentì improvvisamente il desiderio, quasi il bisogno, come se, nel momento in cui in quegli occhi era comparsa una sfumatura ancora più chiara, luminosa e cristallina, lui fosse rinato con essa e, da essa, ora dipendesse la sua intera esistenza.
Il ragazzo aveva ragione.
Lo aveva aspettato, pazientemente.
Lo aveva aspettato di giorno, tra le vie della città quando, camminando, si guardava intorno alla ricerca di un qualcuno da poter rendere immortale.
Lo aveva aspettato di notte, nei propri sogni, quelli che lo facevano svegliare all'improvviso, pieno di gioia e angoscia, quelli che lo facevano rabbrividire e sudare, quelli che lo perseguitavano, lo cullavano, lo salvavano.
Lo aveva aspettato da tutta la vita, per darle un senso, a quella vita priva di forma.
Lo aveva aspettato, chiamato, bramato.
E lui era arrivato.
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Ogni tuo volto
FanfictionÈ possibile amare all'improvviso, innamorarsi di qualcuno in un attimo, senza neanche conoscerlo, soltanto perché sembra giusto? È possibile amare saggiamente, seguendo le regole della ragione, e trovare un modo per donare, ricevere e vivere in un m...