Primo capitolo

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Ho insistito tanto affinché
potessi andare a scuola da sola per camminare e prendere un po'
d'aria, ma la verità è che ho
bisogno di confondermi nella
massa ed essere lasciata davanti al cancello non mi sembrava il modo giusto per farlo. È una fresca giornata di Aprile, il sole tiepido mi riscalda leggermente e vedo tutto intorno a me che riprende vita dopo il rigido inverno, i nuovi germogli colorano le strade, gli uccellini cantano e le persone che mi circondano sembrano tutte felici. Mi chiedo se da fuori si riesca a capire che sono rotta, che sono sporca, ma nessuno sembra farci caso, tutti sono concentrati sulla propria vita e forse preferisco così. Persa tra i pensieri sono già arrivata fuori scuola, provo quasi disgusto nel vedere tutte le persone addossate che chiacchierano prima di dare il via alle pesanti ore di studio, mi faccio coraggio e mi avvio verso l'entrata del classico, non mi aspettavo che l'ultimo anno di liceo sarebbe andato così, ma la vita cambia in un attimo e siamo costretti a prendere una decisione: essere trascinati dalla corrente o andarle contro e iniziare a prendere decisioni. Vengo riportata con i piedi per terra dalle voci dei miei amici.
Mi guardando comprensivi, non fanno domande ed è forse la cosa che più mi rende felice, non si avvicinano troppo e mi sostengono senza opprimermi e quasi mi scendono lacrime di gioia purtroppo il suono della campanella rovina tutto e con un ultimo sguardo ci avviamo verso la classe.
Prendo posto vicino a Ludo, amica storica, tira fuori i libri dallo zaino e mi sussurra sottovoce
<<Ci sono se vuoi parlare>>, la ringrazio e prima che possa aggiungere qualcosa entra in classe un uomo totalmente vestito di nero e mai visto prima
<<lui è il nostro nuovo prof d’italiano, ho dimenticato di avvisarti prima>> aggiunge distrattamente. Si guarda intorno in modo quasi minaccioso e appena i suoi occhi incrociano i miei non posso far altro che distogliere lo sguardo, vorrei essere invisibile, odio la sensazione di fragilità che provo costantemente, così alzo gli occhi ma lo sorprendo ancora a scrutarmi insistentemente, e per un secondo mi sembra che abbia già capito tutto…
<<Buongiorno, vedo che oggi siamo al completo, lei è la signorina Innocenti, giusto?>>,
<<S-si, sono io>>, rispondo come una perfetta idiota,
<<Perfetto, io sono Adrian King, il tuo nuovo professore d’italiano, ora possiamo iniziare>>.
Mi aspettavo di dover fare una di quelle presentazioni imbarazzanti da film ma in realtà è sembrato quasi scocciato e la lezione è iniziata come se nulla fosse. Ci aggiorna sui lavori da svolgere durante le vacanze di Pasqua e poi inizia a correggere dei compiti senza più fiatare fino alla fine della lezione. Guardo Ludo con aria interrogativa <<Abituati Cami è sempre così, appena ha finito quel che ha da dire inizia a fare altro, parla poco, ma ti assicuro che è bravo>>, sentiamo il prof schiarirsi la voce e subito la classe diventa più silenziosa di prima e resta così fino al suono della campanella quando si alza e va via liquidandoci con un arrivederci. Le altre ore passano con una dolorosa lentezza e non c’è professore che eviti di farmi domande o guardarmi con compassione, non li biasimo ma preferirei più tatto. Cerco di allontanarmi da tutto almeno con la mente e subito mi ritrovo a pensare al quel prof sgarbato che nonostante tutto sembra essersi comportato meglio degli altri con la sua indifferenza.
Riprendo vita sentendo l’ultima campanella e in questo istante mi sembra di non aver mai sentito suono più soave di questo, tuttavia aspetto che escano prima gli altri, ho sempre odiato essere schiacciata tra tutti quelli desiderosi di scappare via dalle loro classi, anche Ludovica aspetta con me qualche minuto e poi iniziamo ad incamminarci verso casa.
<<Come ti è sembrato questo primo giorno?>> mi chiede <<Non diverso dai vecchi, quindi un vero abominio infernale>> diciamo all’unisolo e scoppiamo a ridere, mi sono mancati questi momenti di leggerezza e vorrei sentirmi così per sempre. Allegra, spensierata e non sola.
Tra una chiacchiera e l’altra siamo arrivate entrambe a casa e ci salutiamo promettendoci di sentirci più tardi. Entro in casa e per mia fortuna vedo sia mamma che papà, da quando mi è successo il piccolo incidente sono stati presenti come mai avevano fatto e ogni giorno ho paura di poter essere lasciata sola come accadeva un tempo. Forse è anche per questo che ora sono iperprotettivi, ma li ho sempre rassicurati, non è stata colpa loro, ci sono cose che semplicemtne accadono e nessuno può farci niente.
<<Ciao tesoro- mi dice papà appena metto piede in cucina- hai fame? Tutto bene a scuola?>>, sembra un treno <<Con calma, non scappo papà, e comunque no per la prima e si per la seconda, ora vado a riposare, ho tanti compiti da fare>>. Corro subito di sopra e mi butto sul letto cadendo in un sonno profondo, in cui non sono mai al sicuro.

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