LO SCRIGNO DELL'ODIO

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Il pallido bagliore delle stelle illuminava le bianche case di Erisi, la città senza mura; ma questa non era la sua unica peculiarità : nella città infatti non vi erano prigioni e nemmeno armerie, poiché erano passati secoli dall'ultima guerra, e per le strade, anche nelle ore più buie, non giravano gruppi di banditi.

Nella pacifica Erisi non vi era posto per la malvagità e tutti i suoi abitanti vivevano in armonia. O almeno così si presentava ai visitatori: le persone sono ipocrite, è cosa risaputa, e per tale motivo è sufficiente una piccola scintilla per innescare la fiamma dell'odio. 

Il sole era da poco sorto e in una taverna vicino alla piazza Hans il falegname stava facendo colazione.  "Buongiorno Hans" lo chiamò una voce: si trattava di Nicta, l'orefice.

"Buongiorno a te, Nicta". 

"Allora tutto bene? Come sta tua moglie?".

"È provata per la gravidanza, ma molto felice e anche io lo sono: tra pochi giorni diventerò padre".

"Condivido la tua gioia: d'altronde siamo sempre stati amici e gli amici si supportano a vicenda, per questo voglio farti un dono".

Detto questo l'orefice porse ad Hans un piccolo scrigno: era di ebano, con i contorni d'argento e alcune gemme preziose incastonate sulla superficie. 

"Perdona l'anticipo: volevo regalartelo il giorno della nascita di tuo figlio ma sai che ho poca memoria e non me ne volevo scordare".

"Nicta tu.. Non dovevi, ti sarà costato moltissimo" singhiozzò il falegname con le lacrime agli occhi. 

"Tu sei il mio più caro amico: per te, è il minimo che io possa fare".

I due amici si abbracciarono, poi Nicta si congedò "Mi raccomando: aprilo solo quando sarai diventato padre" disse prima di uscire.

Hans finì la colazione e tornò a casa con un grande sorriso sulle labbra; iniziò a lavorare nella sua bottega, ma dopo un paio di ore non riuscì più a trattenersi: la curiosità lo stava divorando.

Prese lo scrigno e lo appoggiò sul tavolo: era davvero di ottima fattura e se il contenitore era così prezioso, il regalo doveva essere spettacolare. 

Con mani tremanti aprì il piccolo forziere: un fumo nero, unito ad un pungente odore di cadaveri in putrefazione, si sparse per tutta la stanza ; ma ciò che più terrorizzò Hans fu quello che sentí: una voce tetra, proveniente da un abisso sconfinato gli risuonò nelle orecchie, sussurrando:

"L'ultima persona ad aver aperto questo scrigno e destinata a morire entro la fine del mese lunare".

Per qualche secondo il falegname perse i sensi; non c'erano dubbi: su quell'oggetto gravava un nefasto anatema.

Presto la disperazione si tramutò in rabbia, la scintilla dell'odio si accese nell'animo di Hans; ma quale amicizia? Nicta lo aveva sfruttato, lo aveva sacrificato e proprio ora che stava per diventare padre! Gliel'avrebbe fatta pagare, ma ora c'era un problema più importante da risolvere: aveva solo otto giorni prima della fine del mese lunare e per allora doveva trovare una persona a cui consegnare lo scrigno. 

"Buongiorno Hans" disse Fevor il macellaio. 

"Buongiorno a te Fevor, oggi ti trovo davvero bene" replicò il falegname.

"Potresti darmi della carne di vitello?". 

"Certamente, desideri altro?". 

"Avrei... Un favore particolare da chiederti". Hans mostrò a Fevor il suo scrigno "Qui dentro custodisco il mio più prezioso tesoro: devo assentarmi per un viaggio d'affari e non posso portarlo con me... Potresti custodirlo tu?". 

Fevor accettò subito la richiesta: non per gentilezza né per curiosità, ma per cupidigia; egli infatti non avrebbe esitato a spendere immediatamente le ricchezze ricevute in qualche bordello, ma amara fu la sua delusione quando aprì il piccolo forziere.

Anche lui fu preso da terrore e si preoccupò di trovare una persona a cui trasmettere la maledizione: una in particolare gli venne in mente. 

"Mia principessa" disse Fevor con voce dolce. 

"Cosa c'è?" ribatté acidamente sua moglie Dalia. 

"Amore mio, permettimi di farti un dono" riprese Fevor inginocchiandosi e porgendo alla sua vittima lo scrigno istoriato di gemme.

"E questo per cosa sarebbe?" domandò con sospetto Dalia. 

"Per... Il nostro anniversario". 

"Ma è tra quattro mesi". 

" Te l'ho fatto in anticipo perché... Perché... Ti amo troppo e non sono riuscito a trattenermi... Mi raccomando, non aprirlo prima del giorno speciale".

Quella stessa sera Dalia aprí lo scrigno: voleva accertarsi che il dono fosse di suo gradimento; quando però scoprì la verità, non ne fu molto scossa: con tutti gli amanti che aveva, non sarebbe stato difficile trovare una nuova vittima. 

E così lo scrigno passò di mano in mano: Dalia lo consegnò ad Uval, il fabbro ; questi, una volta accortosi dell'inganno, lo diede a sua cugina Ariela la sarta che successivamente lo lasciò a Chefran, il panettiere e il ciclo si ripeté per molte volte fino a quando tutti gli abitanti vennero a conoscenza dello scrigno maledetto. 

Era la sera dell'ultimo giorno del mese lunare e nella taverna della città di Erisi regnava il silenzio più assoluto: ogni persona teneva lo sguardo basso, tutti aspettavano la stessa cosa.

All'improvviso si sentì sbattere una porta: nella taverna entrò Hans il falegname, si diresse verso il tavolo dove sedeva Nicta l'orefice e gettò davanti a lui lo scrigno.

"Riprenditelo" fu l'unica parola che esclamò . 

"Ma come Hans? Questo è il regalo che ti avevo fatto, il simbolo della nostra amicizia e tu lo rifiuti? Non l'avrai aperto prima del dovuto, nevvero?". 

"Tu.. Me lo hai consegnato... Pur sapendo cosa comportava...". 

"Non essere ipocrita: anche tu hai agito allo stesso modo !" urlò Nicta "Lo hai consegnato a Fevor, sono venuto a saperlo: non crederti migliore di me! L'unica differenza tra noi due è che tu sei stato così stolto da cadere di nuovo nello stesso inganno!". 

"Ti sbagli: qualcuno... Ha obbligato mia moglie ad aprirlo con la forza... E io non posso permettere che muoia: tu prenderai il suo posto".

Finita la frase, Hans tirò fuori dalla manica un lungo chiodo e lo conficcò nell'occhio di Nicta; usò tuttavia troppa forza e la punta sfondò il cranio, arrivando fino al cervello e uccidendo l'orefice.

Hans estrasse il chiodo insanguinato dalla testa di quello che un tempo era stato il suo migliore amico e si voltò verso gli altri clienti.

Il massacro iniziò nella taverna e dopo poco tempo si ampliò nelle strade: fiumi di gente vi si riversarono e poiché nella città non vi erano armi, le persone trovarono metodi e strumenti alquanto ingegnosi per ammazzarsi a vicenda.

La situazione si aggravò ulteriormente quando lo scrigno, improvvisamente, svanì: vi fu molta confusione su chi fosse l'ultimo ad averlo aperto e gli scontri si inasprirono; la mezzanotte era già passata da alcune ore quando scoppiò un incendio:  come l'odio si era diffuso tra gli animi, così le fiamme divamparono avvolgendo la pacifica Erisi. 

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