Mi chiamo Wildat Agennesi Loto, prima ero un uomo, ora sono un re.
Attualmente i miei possedimenti si limitano ad una piccola isola sperduta nel mare a Ovest delle terre di Nova Inferni, tuttavia progetto di conquistare un gruppo di scogli situato a un quinto di lega dal mio regno.
Ma non vorrei annoiarvi troppo con le mie ambiziose mire espansionistiche, immagino vogliate sapere qualcosa in più su di me.
Ebbene, partiamo dall'inizio: fin dal primo istante in cui venni al mondo la mia esistenza è stata patetica.
Mio padre proveniva da una prestigiosa famiglia, tuttavia lui e mio nonno sperperarono tutto il patrimonio con il gioco d'azzardo e così due generazioni vanificarono gli sforzi delle precedenti dieci.
Mia madre invece era bellissima... O almeno così veniva rappresentata nei quadri che la ritraevano prima di sposarsi. Lei era l'ultima di otto figlie di una ricca famiglia che la diede in sposa solo per ottenere il titolo nobiliare di mio padre.
I miei genitori non sono mai andati molto d'accordo: da quanto ne so, mio padre violentava mia madre e io venni concepito durante una di queste occasioni.
Il giorno della mia nascita, mia madre ebbe il più grande rimpianto della sua vita: quello di non essere morta durante il parto.
Nella sua visione dei fatti il principale responsabile di tale sventura ero io, poiché ero nato vivo: per lei sono sempre stato un aborto mancato.
Quando iniziai ad andare a scuola la situazione non migliorò: ero pallido, di salute cagionevole e per via del mio carattere schivo ero quasi sempre ignorato; divenni subito un emarginato, un reietto.
Però non ero da solo: spesso mi ritrovavo a parlare con oggetti; quadri, soprammobili, delle volte anche sassi, loro mi ascoltavano senza mai rispondere, ma a me andava bene, d'altronde avevo molto da raccontare.
Nel corso della mia infanzia e adolescenza venni umiliato, schernito e offeso così tante volte che alla fine accettai tutte queste mortificazioni come parte della mia vita: ero solo un piccolo errore in attesa di essere cancellato, un qualcosa che non sarebbe mai dovuto esistere.
Ricordo ancora il giorno in cui mi arruolai: non che avessi alcuna esperienza in combattimento o volessi far carriera, semplicemente desideravo morire lontano da casa: diventare un cadavere senza nome in una terra straniera, almeno così avrei guadagnato un po' di dignità.
Tuttavia la nave che doveva portarmi verso il mio nefasto destino fu colta da una tempesta e naufragò su un'isola.
Io e i miei compagni fummo catturati dai nativi del luogo: un comunità di Cultisti, i folli adepti di religioni antiche e sacrileghe, poiché praticavano sacrifici umani e altre ignominie a cui confronto necrofilia e cannibalismo sembrano innocui passatempi.
E infatti, dopo averci radunati nella piazza del loro villaggio, mostrarono tutta la loro efferatezza: prendevano una persona alla volta e la torturavano davanti agli occhi di tutti gli altri fino alla morte; ho visto uomini essere evirati e poi obbligati a magiare le proprie viscere, donne scuoiate vive a cui venivano inseriti aghi roventi nel ventre, ad una giovane recluta hanno strappato via i denti, poi le unghie ed infine i nervi; ho assistito a queste e a ad altre e peggiori atrocità con l'animo sereno: a differenza dei miei compagni non avevo alcuna speranza di uscire vivo da quella situazione e poi ero abituato a soffrire.
Lentamente le persone attorno a me morivano tra orrende sofferenze: alla fine rimasi soltanto io; ero a già pronto al supplizio, ma invece di torturarmi i Cultisti mi offrirono una collana realizzata con i cuori dei miei commilitoni e mi incoronarono come loro re.
Da quanto ho capito mi credono un messia, un'incarnazione terrena del loro Dio.
Nella pratica vuol dire che posso fare tutto quello che voglio: posso violentare una donna, sgozzare il marito, massacrare i figli a bastonate e uscirne impunito.
Non che l'abbia mai fatto: i bambini preferisco lapidarli.
Da quando sono su quest'isola è diventato normale per me compiere atti comunemente definiti disumani: non lo faccio per assecondare un senso di vendetta verso le ingiustizie che la vita mi ha riservato, né per punire l'assassinio dei miei compagni, ma perché mi piace.
Alcuni potrebbero definirmi un deviato, un pervertito, ma sono soltanto ipocriti, la verità è che a tutti gli umani piace la violenza poiché rappresenta il massimo grado di libertà che si può esprimere, l'annullamento delle leggi innaturali ai quali siamo stati soggiogati millenni or sono: in principio l'uomo, nel suo stato più ferino, non aveva limiti e poteva esercitare la violenza, ma poi ha rinunciato a tale diritto e cosa ne ha avuto in cambio? La civiltà.
Oggi spezzerò queste catene, oggi i Cultisti compieranno il rito per liberare la divinità intrappolata nella prigione di ossa e sangue che è il mio corpo.
Tutto è pronto: mi tolgo i vestiti, ultimo residuo della finta umanità che mi rimane, e avanzo sopra un sentiero di viscere e membra fino all'altare costruito con busti e teste mozzate, mi lavo con il sangue e attendo.
Un gruppo di Cultisti armati mi circonda: le spade e le asce affondano nella mia carne, le mazze frantumano le ossa, una lancia mi perfora il petto e arriva al cuore.
Sento la mia coscienza dissiparsi, spargersi tra i resti umani e poi improvvisamente farsi più vivida: è come nascere per una seconda volta.
Quando apro gli occhi vedo una folla inginocchiata davanti a me: le persone sembrano più piccole, o forse sono io ad essere più grande.
Il rituale è completo: adesso potrò girare per il mondo e ammazzare chiunque voglia senza paura di venir ucciso e le anime che prenderò seguiranno la mia corsa e godranno delle mie violenze fino a quando soltanto io rimarrò e allora tutti potranno correre, ammazzare ed essere liberi, per l'eternità.
Mi chiamo Wildat Agennesi Loto, prima ero un re, ora sono un Dio.
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Storie di Oneira
Short StoryRaccolta di racconti brevi ambientati nel mondo delle lande di Oneira. Da soldati semplici a spietate assassine, passando per pittori un po' particolari, i protagonisti delle varie storie sono molto diversi tra loro, tuttavia ogni personaggio dovrà...