Capitolo 1

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June

Lunedì iniziano i corsi d'economia. Potrei dire che finalmente sono riuscita a iscrivermi all'università, che potrò rendere fiero mio padre seguendo le sue orme, ma non mi sento così fiera di me stessa al momento. Sto aspettando il taxi che mi porterà alla cena con i miei genitori, al loro ristorante preferito. Sarà una cena per festeggiare finalmente il mio ritorno sulla retta via, come dice lui, e per parlare un po', essendo che con i loro impegni, non ci vediamo più come prima. Oh è arrivato il taxi "al Genuine Bistrot, per favore". Fin da piccola sono sempre stata abituata a vedere poco i miei genitori: conferenze, riunioni, viaggi di lavoro. Diciamo che sono cresciuta molto di più con la Tata. Peggiorò tutto appena raggiunsi l'età giusta per cavarmela da sola, come mi hanno sempre detto, ovvero i 18 anni.
Arrivata al ristorante chiesi del tavolo a nome Atsushi e li aspettai. Dopo neanche 10 minuti eccoli entrare, serviti e adulati come sempre. "Mamma, Papà, che piacere rivedervi. Com'è andato il volo?" "Caraa, tutto alla meraviglia. Tu come stai?" Stavo per cominciare un percorso che non volevo, i miei genitori non lo capivano e il mio ragazzo mi aveva lasciato 3 mesi fa per un'altra, ma "tutto bene. Sediamoci. Papà come va con l'azienda?" "Tutto magnificamente. I profitti sono sempre alti. I miei dipendenti sono sempre i migliori, ma credo che appena finirai gli studi li supererai tutti no?" Mi disse sorridendo. Lui era così, voleva sempre il meglio, da me e da tutti quelli che lo circondavano. Sorrisi, quasi grata per quella fiducia inaspettata "dopo tutto il tempo che hai passato dietro quei tuoi hobby, era proprio ora decidessi per il tuo futuro" eccolo, mi sembrava strano. I miei hobby, come li chiamava lui, erano la scrittura e il voler viaggiare. Annuii arresa "l'ho fatto per voi. Volevate da tanto tempo che seguissi le tue orme no?" In realtà mi avevano messo alle strette. Dovevo scegliere cosa fare, e ovviamente qualcosa che li avesse soddisfatti "Vedrai, ti troverai bene in quell'università. È li che sono diventato così. Poi ovviamente tutti conoscono il nostro cognome, quindi non avrai nessun problema per l'età" ecco un altro problema che mi attribuiva. Ho 25 anni. Per lui avevo fatto passare troppo tempo. Avrei dovuto scegliere almeno 2 anni prima, invece che passarli a viaggiare. Non eravamo insieme da neanche 20 minuti che già cominciavano a starmi stretti. Scossi la testa mentre sceglievano cosa mangiare. Erano pur sempre i miei genitori, me li sarei goduti senza rimuginare su nient'altro. Ordinammo un vino d'annata, e tre secondi a base di carne. Stava andando tutto bene, loro commentavano il cibo o parlavano dei loro viaggi e io annuivo o commentavo ma sempre mantenendomi, fino a quando, mio padre andando in bagno, incontrò un suo vecchio amico, diventato professore nell'università che avrei iniziato a frequentare lunedì, che l'aveva informato ci fosse una cena con tutti i dirigenti prima dell'inizio del semestre "cara, io e tua madre siamo stati invitati al loro tavolo. Non ho accennato a te perché non ti ho voluto mettere in difficoltà e farti sembrare una raccomandata, spero capirai. Mangia tranquilla qui e metti tutto sul nostro conto. Ci sentiamo lunedì per sapere com è andata la prima lezione. Buona serata" e rimasi lì, come una fessa, ignorata dal mio stesso sangue per una dannatissima riunione. Bevvi tutto d'un sorso il mio bicchiere di vino e all'istante sentii i miei occhi pizzicare. Dannazione. Dannazione. Dannazione. Non mi meritavo un trattamento del genere. Non l'avevo mai meritato, eppure ogni volta era sempre la stessa storia. "Metti tutto sul nostro conto. Certo, come se i vostri fottutissimi soldi valessero il vostro affetto. Vi faccio vedere io come passerò la serata" agganciai la borsetta e mi diressi al bar "sera, mi dia qualcosa di forte e metta tutto sul conto del signor Atsushi" "lei è?" "Sua figlia. Vuole anche vedere la carta d'identità?" Risposi acida come poche volte. Il barista annuì abbassando il capo. Odiavo quest'influenza che aveva il mio cognome. La odiavo con tutta me stessa. "Sicura di voler la cosa più forte di questo posto? Non so quanto possa reggerla con quest'umore" mi voltai, furiosa verso la voce che mi aveva parlato e mi ritrovai di fronte un uomo dall'aria più matura della sua età, quasi misterioso. Aveva un codino che manteneva a malapena quei ciuffi ribelli che lottavano per ritornare al loro posto "e dovrei ascoltare il parere di una persona che non si è neanche presentata e che neanche conosco?" Conclusi in modo strafottente "Aizawa Shouta, ma non credo le interessi molto signorina Atsushi?" "Atsushi June. Ah, non so neanche perché le sto ancora parlando" "chi lo sa, forse è il nostro umore simile a parlare" sorrisi amara "oh, lei non sa minimamente cosa mi passa per la testa" dissi girandomi nella sua direzione. Lui stava buttando giù tutto d'un sorso un bicchierino di un liquido dorato, forse whisky. Quasi m'incantai. Era l'alcool dannazione "se il cognome non mi trae in inganno, lei è la figlia dell'uomo laggiù, che tutti i miei nuovi colleghi osannnano" "lei fa parte della Baxter university? Mi sta prendendo in giro?" "Sono stato assunto da neanche un mese. Lunedì inizia il mio primo semestre" ero sconvolta. Non potevo aver dato di matto di fronte ad un mio professore "e perché non è lì ad osannare mio padre come tutti i nuovi arrivati?" Lui bevve un altro sorso e sorridendo "ad essere sincero, io vedo solo un ricco spocchioso, che adora esser idolatrato, che ha costruito si, una grande società, ma ancor più un castello di fumo sul suo cognome. Niente di più e niente di meno" quello che stavo bevendo mi andò completamente di traverso e cominciai a tossire come una matta, ma più pensavo alle sue parole più mi venne da ridere e alla fine lo feci. Risi di cuore, perché diamine se aveva ragione "il fatto che abbia espresso quest'opinione, di fronte a sua figlia, rende il tutto ancora più assurdo lo sa signor Aizawa?" "Ti prego chiamami Shouta. Tutta questa professionalità lasciala a loro. Un altro giro?" "Oh si, e offro io. Gli faccio vedere io a quello spocchioso se conviene lasciare il conto aperto in mano a sua figlia"
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Il Mattino dopo, con un'emicrania che mi stava già uccidendo, e un totale vuoto di memoria mi svegliai in una stanza a me sconosciuta. "E io qua, come ci sono arrivata?" mormorai confusa. In un momento ebbi qualche flashback: i miei che mi lasciavano al tavolo, io al bar, Shouta. Merda. Merda. Merda. Non era possibile. Se fosse stato uno dei miei professori, mi sarei giocata tutto così, non ci potevo credere. Alzai il lenzuolo per accertarmi che non mancasse nulla ed ero completamente vestita. "Ti sei svegliata finalmente" avvampai per la vergogna "Cosa? Quando? Noi?" E allora lui rise "no tranquilla. Anche se per un'ora credo tu ci abbia provato, quindi non ti sarebbe dispiaciuto" avvampai ancora di più e balbettando "chi ti credi di essere per p-pensarlo? Divento s-solo esuberante. Tutto là" "mhmh. Facciamo che ci credo ok? E poi io non gioco con le ragazzine, mi dispiace" e si diresse in bagno "Cosa?! A chi hai dato della ragazzina screanzato??!!" Mi alzai stando attenta a dove mettevo i piedi, anche perché il mal di testa stava diventando sempre peggio e raccolsi tutte le mie cose. Avvicinandomi alla porta trovai delle aspirine e dei soldi per il taxi "dannazione"
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Una cosa che non avevo detto ai miei era che oltre al corso d'economia, avevo chiesto al direttore, usando questo dannato cognome, di poter frequentare anche quello di letteratura giapponese. Certo sarebbe stato molto più difficile, ma dovevo questa piccola gioia a me stessa con tutto quello che avrei dovuto affrontare da oggi in poi. Perciò quel giorno, dopo 2 ore d'economia e una di marketing, mi introfulai nell'aula di letteratura. Ero una delle prime, perciò neanche il professore era arrivato. Preparai tutto l'occorrente per i miei appunti e misi in ordine quelli di marketing finché l'aula non si riempì. Mi accorsi dell'entrata del professore quando l'aula si zittì completamente "buongiorno ragazzi. Io sono il professore Aizawa Shouta e da oggi affronteremo insieme la letteratura giapponese" non era possibile. Avevo le allucinazioni diamine. Mi girai verso una ragazza che si era seduta accanto a me e a costo di farmi prendere per pazza le chiesi il nome del professore "l'ha appena detto, Shouta Aizawa. Dicono che è giovane nel campo ma si è fatto una bella nomina" ok, oltre al danno anche la beffa.

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