Capitolo 2

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Shouta

Ho mal di testa. Come sempre quando sono in ansia. Dio quanto avrei bisogno di un bicchierino, così solo per distrarmi un momento. Ma appena lo penso, mi torna in mente quell'assurda nottata. Scossi la testa. Menomale che nessuno dell'università ci aveva notati, altrimenti sarebbe stata la fine della mia carriera in anticipo. Mi strofinai in mezzo agli occhi. Di certo non sarebbe più stata un problema, dopo averla cacciata in quel modo, non mi verrà a cercare neanche sotto tortura. Sospirai ed entrai nell'aula. Avevo un rapporto d'amore ed odio con il silenzio che si creava appena entravo in una stanza come quella: mi sentivo potente e allo stesso tempo al centro di un mirino, sotto l'occhio di uno dei cecchini più bravi del fottuto cosmo. "Buongiorno ragazzi. Io sono il professore Aizawa Shouta e da oggi affronteremo insieme la letteratura giapponese. Vi avverto subito che non amo i metodi classici, quindi ogni tanto vi affiderò delle consegne diverse. Ora farò l'appello per confermare la presenza di tutti e poi inizieremo". Sospirai ancora un volta e presi la scheda con tutti i miei nuovi alunni: erano in totale 33, non molti ma neanche pochi. Qui alla Baxter sono molto più gli studenti nella facoltà d'economia, grazie alla nomina dell'università. "Quando sentirete il vostro cognome basterà un semplice presente. Akira..." "presente" "...Aname..." "eccomi" "...Aoi..." "presente" "Ats-" tossii per nascondere la sorpresa. Non ci posso credere. Anzi no, non voglio crederci. "Scusate, l'aria condizionata. Atsushi..." "presente" e riconobbi subito la sua voce. Dannazione, non potevo neanche sperare in un'altra persona. L'universo me lo stava dicendo chiaro, quest'esperienza non l'avrei fatta tranquilla. Continuai così, con qualche flashback di lei che rideva per le mie battute saccenti "Kotaro..." "presente" lei che mi parlava di quanto stronzo fosse stato suo padre, dei viaggi che voleva ancora fare se non fosse per questa maledetta università "Tsukiyama..." "eccomi" e di quanto amasse la letteratura di ogni paese. Dannazione, così non va bene "Yaobe..." "presente". Presi un bel respiro e feci mente locale. Oggi avrei parlato di una delle primissime opere giapponesi, quella che mi ha fatto tribolare agli esami ma allo stesso tempo mi ha spinto ad andare avanti. Dovevo la mia massima concentrazione a questi studenti, così, come me, avrebbero visto che luoghi meravigliosi potesse descrivere la mente umana. Lei era solo uno dei cognomi su quella dannata lista. "Oggi cominceremo un discorso generale sulla cultura letteraria del nostro paese. I suoi traguardi, le sue cadute, ma soprattutto il perché la dobbiamo ricordare...". Passai così quell'ora. Entusiasti per ogni parola che pronunciavo, quei ragazzi stavano aprendo le loro menti alla mia, e io non potevo esserne più felice. Era questo il bello d
'insegnare: potevi anche sapere tutto, ma allo stesso tempo dovevi essere disposto ad imparare ancora, sempre di più. Perche sono le persone che ti insegnano di più. "Ora, dopo questo discorso iniziale, se non avete domande, passerei alla prima opera letteraria che abbiamo potuto chiamare romanzo: Genji monogatari, il principe splendente. È un romanzo dell'XI secolo scritto dalla dama di corte Murasaki Shikibu vissuta nel periodo Heian. L'opera presenta subito delle difficoltà. Per prima cosa, la lingua di Murasaki, chi mi sa dire in che modo il giapponese era diverso nel periodo Heian?" Un ragazzo alzò la mano ed io annuii "piu che altro era il giapponese parlato a corte. Nel periodo Heian aveva una grammatica estremamente complicata" "Esattamente. Successivamente è stato trascritto con i kana, ma perché proprio con i kana?" E a quel punto una ragazza alzò la mano "in quel periodo le donne venivano considerate quasi sfacciate se usavano il cinese. Il kana era il linguaggio più comune, perciò non problematico" "ottimo signorina. Ora, di cosa parla questo romanzo? La storia narra la vita di Genji, un figlio dell'Imperatore del Giappone, conosciuto anche come Hikaru Genji, e della sua vita sentimentale, incentrata sia sulle mogli che sulle concubine..." e così passò anche l'altra ora. Uno scambio di domande e risposte reciproco che rese la lezione più dinamica, come la definisco io. Una cosa che ho odiato dei miei studi, era il fatto che i professori non ci facessero partecipare attivamente neanche alle lezioni più semplici. "Perciò, uno dei messaggi che questo romanzo voleva trasmettere, era che la vita è veloce, e non ci rendiamo spesso conto del tempo passato, fino a quando ci ritroviamo alla fine. È meglio viverla e lanciarsi sempre che farlo passare invano. Perciò, per la prossima lezione, vorrei che mi mandaste una vostra considerazione su questo concetto, così da conoscere meglio il vostro modo di pensare. Quando scenderete, vi passerò un foglio con scritto l'indirizzo email dove comunicheremo per questi lavori da oggi in poi. Buona giornata" presi un respiro e scollegai finalmente la spina. Avevo finito. E tutti erano entusiasti. Sorrisi compiaciuto e passai ad alunno dopo alunno il suo foglio. Anche quando incrociai il suo sguardo sorrisi, però non fui più tanto sicuro della motivazione.

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