Fuori, la primavera

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Sono rifiorita così. In una giornata d'inizio Settembre davanti ad un caffè fumante e i tuoi occhi scrutanti. Quando ti ho intravisto tra quella miriade di viaggiatori appena giunti in aeroporto, quanto avessi atteso non m'importava più. Ho annaspato l'odore della tua pelle a pieni polmoni pregando mentalmente che non avrebbe abbandonato le mie narici nel giro di poche settimane, zaino in spalla come un ospite di passaggio. Mi sono sentita come il fiore di loto sul mio braccio destro: sbocciata. Ne ho accarezzato ogni petalo inchiostrato a ricordarmi che in fondo sono sempre stata lì, avevo solo bisogno di un incentivo. In psicologia la chiamano spinta motivazionale. Tu sei stato questo, senza neanche saperlo. Sei stato primavera nel mezzo di Settembre. E perdonami se ancora una volta le parole mi hanno tradita. Perdonami se la mia gola non ha prodotto alcun suono. Se persino la lingua tremava così tanto da non riuscire ad articolare una risposta logica. La verità è che no, non sono sicura di voler sposare qualcuno. Ché un anello al dito sarà soltanto un'ulteriore gabbia dorata entro cui circoscrivermi. La verità è che ho perduto il controllo. Basta poco per finire in situazioni più grandi di noi stessi. Chiudi gli occhi e l'attimo seguente ci sei dentro sino al collo, delle mani possenti ti stringono sino ad attendere che esali il tuo ultimo respiro. Credevo che sarei potuta fuggire in qualunque momento, che pochi mesi non ti vincolano così tanto ad un'altra esistenza. E ad altre ancora. Qualche volta penso alla dolce Amaia e a quello che io e suo figlio ci stiamo facendo a vicenda. Penso a Gloria e a cosa direbbe se vedesse me e suo fratello farci a pezzi a vicenda, probabilmente non desidererebbe ancora dei nipotini da noi. Dovevano essere solo pochi mesi. E invece mi perseguita già l'eco della marcia nuziale. Rifiorisco così, oggi, ad un metro da te, ad una settimana di distanza da quel quesito irrisolto al bar mentre mi accompagni a scegliere le ghirlande più adatte al banchetto.

Questi fiori d'arancio mi fanno rabbrividire
Sei sempre stata più tipa da rose, tu. Rosse

Se scegliessi rose rosse per un matrimonio sembrerebbe quasi un funerale. E forse lo sarà davvero, chi lo sa. Il funerale della mia libertà
Tu sarai sempre libera. Sarai sempre quel qualcosa di non etichettabile, quel mix di tutto ciò che ami e che ti piace fare
E se avessi permesso a qualcuno d'intaccare questo qualcosa?
Allora dovresti riprendertelo. Non puoi rinunciare ad essere te, in questa vita. E neanche in tutte quelle che verranno
Supponiamo che esistano altre vite parallele, allora. In una di queste, c'è sicuramente un'Alice libera da ogni vincolo e questo mi basta
Ma non sei tu, quella Alice

E faccio spallucce. Non perché non abbia altro da dire, semplicemente perché tutto quello che avrei ancora da dire forse lo hai compreso già. Afferro un mazzo di rose. Nove, come gli anni in cui ci conosciamo. Nove. Qualcosa ha nove anni.

Prendiamo queste. Per oggi la ricerca può finire qui, non ci saranno fiori al mio matrimonio
Sono esattamente nove
Per questo le prendiamo. Io e te. Al mio matrimonio fiori non ce ne saranno, te l'ho detto

Non ce ne saranno perché la vera primavera resti tu e non avrebbe senso far sbocciare fiori in un altro giardino dove è perennemente autunno.

Ah, Diego?
Sì?
Giorni fa ho scritto una lettera a Lidia ma non ho ricevuto risposta
Hai provato a cercarla in casa? Magari non abita più lì
Non credo sia il caso
Finché respiri...E' sempre il caso
Ci penserò

Una volta rincasata l'odore di Tacos preparati da Esteban e metano proveniente dai fornelli della cucina mi avvolge. In Italia, il gas naturale che alimenta le nostre abitazioni è composto da metano per una percentuale compresa all'incirca fra l'83 e il 99%, la restante parte è composta in prevalenza dagli idrocarburi etano, propano e butano. E' forse l'unica nozione di chimica che io abbia mai appreso negli anni grazie a te. L'odore dei Tacos svanisce, metano e i suoi idrocarburi permangono, aleggiano nell'aria rendendola nefasta. Qualcosa mi dice che non dovrebbe essere così.

- Con chi sei uscita? -

- Con Diego. Dovevamo scegliere i fiori per il banchetto -

- Il nostro banchetto? -

Ha il volto corrugato, un sopracciglio più inarcato rispetto all'altro. C'è ira nel suo sguardo.

- Sì. Mi hai detto tu stesso di non voler occuparti di fiori, sono cose da donna...-

- Però ci sei andata con un uomo. Davvero non capisci...-

Forse non capisco davvero. Non capisco perché stia desiderando tanto il tuo posto. Non capisco perché io stessa sia finita in questo posto. Non capisco perché la sua mascella sia serrata e le sue mani stiano per manomettere nuovamente i fornelli nonostante il cibo sia stato già cotto. Poi, come colta da un fulgore capisco. Lui ama tutto ciò. Ama avermi in pugno anche senza sfiorarmi, ama vedere come ogni decisione penda strettamente dalle sue labbra. Anche quella di continuare ad esistere. Capisco che la mia esistenza non può cessare per il volere di qualcun'altro, per un insano pensiero egoista. Che sto respirando e che non è ancora troppo tardi per riprendermi qualcosa, per riprendere me stessa - me lo hai detto tu - per avvicinarmi alla porta d'ingresso mentre lui è distratto in cucina. A volte anche un millisecondo in più può redimerti.

- Devo andare, Esteban. Puoi tenere tutto, tutto ciò che vedi in questo appartamento, se mai dovesse rimanerne qualcosa -

Percorro le scale a perdifiato, per un attimo non mi dispiacerebbe rotolarci una seconda volta se servisse ad accelerare i tempi. Afferro il cellulare solo dopo aver oltrepassato il portone perché ho bisogno di dirtelo, Diego, che adesso fuori è davvero primavera. 

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