Male banale

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Hai sempre avuto questa capacità innata di leggermi attraverso lo sguardo. Potrebbe apparire banale, leggere uno sguardo, due occhi qualunque, captare un'emozione, una sensazione. La gente ormai legge di tutto: libri, quotidiani, liriche crude scritte di getto sui muri di un'anonima stazione ferroviaria. Tu, invece, leggi parole mai dette circoscritte nelle mie iridi scure come la pece, estrai stralci di dolore dalle tenebre senza mai tirarti indietro. Leggermi non è banale. Tu non sei banale. Il male è banale. Si insidia rapido, corre a nascondersi quando un inquisitore del tuo calibro gli è dinnanzi. Ama farti dubitare della sua stessa esistenza, il male, farti credere che sia solo una sciocca invenzione di un uomo folle che non ha più nulla da perdere. Ti dilania dentro, il male, dove nessuno può assistere al tuo triste smembramento mentre fingi una risata. E' questa la sua peggiore condanna. Ed io non ti biasimo per non essere riuscito a leggere tra le mie parole tremanti di cinque notti fa il mio logorio interno, il mio male banale.
Mi ha chiesto di sposarlo.
Il mio contratto qui scade questa notte. Domani sarò da te.
Non ti biasimo se hai percorso il gate a perdifiato pur di non perdere il primo aereo che ti avrebbe riportato qui con l'assurda convinzione che fossi davvero felice. Non ti biasimo se hai utilizzato l'unico biglietto di ritorno per vedermi con qualcun'altro accanto.
La vibrazione del cellulare mi fa quasi sobbalzare, fisso l'orologio della caffetteria che segna le dieci in punto del mattino. Siamo insieme da solo un'ora dopo il tuo atterraggio, non hai voluto neanche rincasare prima di gettarti a capofitto nella ricerca di questo spasmodico abito, il solito testardo. Pare importi più a te che a me, è buffo. Afferro di scatto il cellulare mentre la voce metallica dall'altra parte giunge greve lasciandomi quasi incapace di rispondere.
-Finisci il tuo caffè-
-E' un ordine?-
-Lo sai. Devi tornare a casa-
Lo so. Vorrebbe che finisca di consumare la mia bevanda e corra via da te, dalle tue braccia. Vorrebbe mi gettassi tra le sue nello stesso modo. Adesso lo vedi, il male?

Problemi?
Oh...no, no. Il vestito è una sorpresa, non sa che sono qui...Si era semplicemente preoccupato non trovandomi in casa

E' così apprensivo. Non te l'ho detto. Si chiama Esteban ed ha origini ispaniche. Si preoccupa persino quando scendo le scale di casa. Teme che da un momento all'altro possano farmi cadere e recarmi dolore, così quattro mesi fa ha deciso di precederle spingendomi via, ché si sa, lo fa per il mio bene, prevenire è meglio che curare. La scorsa settimana era preoccupato che il nuovo mestolo da cucina non funzionasse a dovere, così lo ha testato su di me lanciandomelo contro, perché si sa, si fida solo di me e della mia attendibilità di campione prova.

Vuoi che ti riaccompagni?

Assolutamente no. Questa è la nostra giornata, ricordi?

E ti stringo le mani. Mi ci aggrappo con tutte le mie forze nella speranza che tu possa strapparmi al mio male banale ora che cominci finalmente a vederlo. Le tue iridi adamantine si posano su di esso, sono certa che il loro bagliore prima o poi riuscirà ad estirparlo definitivamente.

E' un...Livido, quello?

Sì, beh...Sono scivolata lungo le scale. Erano bagnate e non avevo prestato molta attenzione...
Ne sei sicura?
Sì, io...Perché non dovrei...
Dico. Sei davvero sicura di sposarlo?



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