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La piu' alta forma di
inteliggenza umana è la
capicità di osservare
senza giudicare

( Jiddu Krishnamurti)

Quel pomeriggio pioveva forte. Le nuvole incombevano sul cielo già dalle prime luci del mattino.

Aveva cominciato a piovere a ora di pranzo, e da li in poi, lo scroscio di acqua proveniente dal cielo si era fatto via via piu' potente.

Stavo camminado sulla stradina asfaltata che collegava il bosco da Evinswood, il piccolo paesino sperduto a sud di Stamford, Connecticut.

Il mio passo era lento, pur sentendo le ossa gelarsi dal freddo. Nella mano destra stringevo l'ombrello, tenendolo ad una giusta altezza affinchè non mi bagnassi, e un brivido mi percorse la schiena quando un tuono risuonò nell'aria.

Quì in Connecticut non piove quasi mai, e non sono abituata a tutto a questo freddo. Il paese in cui vivo è situtato a poche miglia da Stamford, dove spero di poter andare un giorno per evadere dalla monotonia che comporta vivere a Evinswood.

Oggi è domenica, perciò questa mattina non sono andata a scuola. Bensì, ho preferito usare il mio tempo per cucinare una torta di mele, che sono sicura papà divorerà appena tornerà a casa.

Anche se piove, non sono proprio riuscita a resistere all'impulso di andare in biblioteca a riportare un libro, e con la scusa fermarmi li a leggere.

La biblioteca di Evinswood è abbasta grande per essere situtata in un piccolo paesino come il nostro. Al suo interno ha molti libri di vario genere, e trovo sempre qualcosa di nuovo da leggere.

Passo li quasi tutti i miei pomeriggi, adoro perdermi tra gli scaffali, sentire l'odore dei libri, o sedermi al mio solito posto vicino alla grande vetrata con una tazza di caffe' e caramello in una mano, e un buon libro nell'altra. Disolito studio lì, oppure nel bosco dietro casa, seduta sulla mia quercia.

Da bambina passavo quasi tutti i pomeriggi a giocare nel bosco, mi piaceva perdermi tra l'erba alta e le grosse querce. Su una di queste, quella più grossa che avevo trovato avevo inciso la mia iniziale. Disolito si incide a canto a quella di qualcuno, magari di un amico, ma io non ne ho mai avuti, perciò mi ero limitata a scrivere solo la mia.

Li sopra poi, dopo mesi passati a convicere papà, avevo costruito una casetta, o per meglio dire, papà l'aveva costruita.

Durante l'estate della seconda elementare, papà aveva passato il tempo libero a costruirla, finendola così in due mesi.

Ero super soddisfatta, e anche se non avevo nessuno con cui condividere quel piccolo angolo di paradiso, l'ho sempre trattato come fosse oro.

È il mio posto felice, e non riesco a farne a meno.

Percorro il vialetto di ghiaia prima di trovarmi davanti alla libreria. L'esterno dell'edificio e di un Bordeaux così scuro da sembrare quasi nero, adornato da delle lampade vintage e una panchina di legno. Quando apro la porta un tintinnio risuona nell'aria, avvertendo chi è nella biblioteca del mio arrivo.

Mi afretto a entrare e chiudo l'ombrello, ancora tutto gocciolante, riponendolo poi nel porta ombrelli blu accanto alla porta.

Dentro c'è un bel tepore, merito dei condizionatori che sparano aria calda a pompa, e mi beo di questo calore per un po', sentendo il gelo provato fuori scivolarmi sulla pelle.

Dato il mio scarso colorito avrò sicuramente il naso arrossato, così come probabilmente anche le guance, e semberò un peperoncino.

«Salve cara»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 28, 2021 ⏰

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