Lui

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Tutte le volte che mio padre mi dice che troverò una buona moglie. Tutte le volte che vedo le ragazze provarci spudoratamente con me. Tutte le volte che vedo la fine che fanno quelli come me. Mi sento male. Come se mi risalisse la cena, come se mi si rivoltasse lo stomaco. Ogni volta che i miei migliori amici mi abbracciavano. Ogni volta che mi dicevano che mi accettavano e mi volevano bene per quello che ero. Ogni volta che andavamo a caccia insieme, senza riuscire a prendere niente, con il fucile di mio padre. Mi sentivo bene, leggero, come se fluttuassi a pochi millimetri dal terreno.

Ora che non ci sono più. Ora che l'unica cosa a tenermi compagnia è lo sguardo inquisitore di mio padre, che tutto sa e tutto ascolta. Mi sento pesante, strizzato come un mocio. Ho sempre mentito a tutti gli altri. Sono sempre stato quello che gli altri volevano che io fossi: un soldato del Reich, un assassino, un mostro. Io non ho scelto questo; maledico quel giorno in cui quell'uomo si presentò alla nostra porta, dicendo che sarebbe diventato il nostro nuovo padre. Nostro. Ricordo ancora mio fratello, strappato ingiustamente dalla vita da quell'uomo. Il suo sguardo estasiato quando tornava a casa con le tasche piene di soldi, incosciente del fatto che non valessero niente. Quando porgeva un bicchiere d'acqua a nostro padre, che era appena tornato dal lavoro distrutto. La sua piccola cicatrice sul labbro, procuratasi maneggiando con un coltello provando a cucinare. Lui era mia lucina, la mia tenera, piccola, inestinguibile lucina. Che alloggiava ogni notte accanto al mio lettino, proteggendomi dagli incubi.

Ora è tutto buio e insanguinato, ho assistito alla morte di infanti, donne incinte, padri di famiglia costretti a lavorare per portare il pane in tavola, e spesso morendo sul lavoro o per fatica, alcune volte anche per fame, dato che desideravano sfamare il più possibile le loro famiglie, anche a costo di andare a lavoro con lo stomaco leggero. Con quel tipo di leggerezza che non è nient'altro che un presagio di morte.

Ora sono qui, in piedi su una sedia, con una corda annodata attorno al collo, chiedendo perdono al Signore per il peccato che sto per compiere. Il mondo è quello che è ora anche per colpa mia, per non essermi ribellato abbastanza in fretta, per non aver combattuto. Per aver risposto di no a quella vocina nella mia testa che reclamava libertà, vita. Ora quella stessa vocina mi spinge a lasciarmi andare, rendendomi terribilmente cosciente di aver sprecato la mia vita, di non aver colto l'occasione. Carpe Diem.

Forse non sono un vero uomo se ripudio la guerra, forse non sono un vero nazista se piango quando vedo tutti gli orrori compiuti nei campi di concentramento, ed è vero, io non sono "vero" un nazista, e tantomeno un "vero" uomo se è per questo. Se essere un vero uomo vuol dire essere come mio padre lui, allora non voglio essere un vero uomo. Ma voglio essere vivo, e questa non è vita. Non sarò mai vivo se continuerò così. E se non posso avere la "vera" vita l'unica scorciatoia rimasta è la morte, mia unica compagna in tutti questi anni.  









Wattpad maledetto che mi cambia i testi. Questo è come doveva venire.

 Questo è come doveva venire

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One-shot Countryhumans (Richieste Aperte Per Ora)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora