Luci Blu Parte 1

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"È bellissima Maca"
Mi dice Saray senza alzare gli occhi da Rosa che si è appena addormentata fra le sue braccia.

“Grazie” sussurro commossa nel notare con quanta cura le stia accarezzando con il dorso di un dito il suo piccolo braccio.

“Ti somiglia molto sai? Ha i tuoi stessi occhi”.
Sorrido.
So che è presto per dirlo, ma tutti mi fanno notare che ogni giorno che passa mi somiglia sempre di più.

Poggio la tazza con la tisana sul tavolino in legno e mi stringo contro i cuscini del divano.
Porto la testa indietro e mi rendo conto di star finalmente bene.

Sono rientrata a casa soltanto ieri dopo aver trascorso due settimane in ospedale.
La ferita sembra essersi chiusa senza troppe complicazioni e da qualche giorno ho cominciato la fisioterapia.
Fa ancora male e ho ancora difficoltà in molti movimenti, non riesco a tenere ancora Rosa in braccio se non per pochi minuti, ma tutto sommato sto bene.

“Come mai l’hai chiamata Rosa?”
Sorrido a quella domanda e con sincerità le rispondo semplicemente “quando è nata ero distrutta, pensavo in continuazione a Zulema, volevo un nome che potesse ricordarla.
La rosa è il suo fiore preferito e mi piace come suona”.

Saray sbuffa una risata e porta la testa indietro “che c’è?”
Le chiedo stranita da tale reazione.

“Niente, niente... solo che anche Estrella si chiama così per Zulema? Non è strano che abbia ispirato i nomi di entrambe le nostre bambine?”

Ridacchio anche io adesso. È impressionante quanto riesca a lasciare il segno in ogni persona che incrocia nella sua vita.

“Perché Estrella?” Chiedo curiosa.

“Ricordi quando in ospedale ti abbiamo raccontato come sia riuscita con il messaggio in codice a farmi arrivare qui?”

Annuisco “alla Torre di Rabat”

“Esatto! Beh lei me ne raccontò quando eravamo a Cruz del sud e il come descrisse le stelle viste da lassù, mi affascinò talmente tanto che decisi in quel momento che una mia futura figlia si sarebbe chiamata così”.

Mi morsi il labbro inferiore soprappensiero continuando a sorridere incredula.

“È la persona più incredibile che si possa conoscere”.
Sentenziò Saray continuando a sorridere.

“O forse addirittura la più incredibile che esista al mondo”.
Le risposi sempre più meravigliata nel rendermene conto.

Durante i giorni in ospedale Zulema è sempre stata al mio fianco. Abbiamo vissuto insieme, eppure mai mi ero sentita così fortemente vicina a lei.
Mi ha aiutata nei momenti di sconforto e mi ha sostenuto prima e dopo ogni visita o esame.
È stata perfetta ed ho dovuto insistere più volte affinché, ogni tanto, tornasse a casa a risposare o semplicemente a farsi un bagno caldo.

Un paio di giorni dopo l’operazione ero convita che Saray sarebbe tornata in Spagna, ma lei ha deciso di restare con noi almeno fin quando non fossimo tornate a casa e ci sapesse al sicuro.
Aveva fatto già così tanto per noi e nonostante la sua esplicita volontà di restare ancora qualche tempo perché, come diceva lei, ci eravamo finalmente ritrovate e aveva nuovamente il cuore leggero nell’aver scoperto che la sua amica non é in realtà morta, sapevo che dopo aver rischiato la vita, aver visto morire Castillo e aver avuto paura per noi, l’unica cosa di cui aveva bisogno era riabbracciare la sua adorata famiglia.

E così decisi che dovevo fare qualcosa per lei.

Ne parlai con Therese e lei mi diede il numero di casa di Saray.
Senza pensarci due volte chiamai Marisol e assicurandole che davvero sono un’amica della sua ragazza, elencandole alcuni dettagli che ci aveva raccontato Saray del loro rapporto, le ho preso due biglietti per Rabat e abbiamo fatto una sorpresa a Saray.

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