Prologo - le catene del corpo sono il lasseiz-faire dei pensieri cupi.

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Prologo
le catene del corpo sono il lasseiz-faire dei pensieri cupi.

Chiuso in una cella, day one.
Il mondo era sprazzi di vita e oscurità.
A volte si presentavano insieme, tormentando la sua mente, altre si dividevano in momenti distinti, che gli recavano agonia e frustrazione in egual modo. Lo confondevano, perché non sapeva mai in quale dei due casi era davvero sveglio, o se lo era e basta. 
Per lo meno, Eren sapeva dove si trovava. Sentiva il bacio freddo delle catene attorno ai polsi, così come il pungente dolore delle ferite che continuavano ad aprirsi quando dibatteva le braccia contro il palo a cui era costretto.
La stretta del panno sulla bocca era così forte che temeva gli avrebbe squarciato la faccia in due. Non avvertiva più la schiena, le gambe erano diventate insensibili, ripiegate sotto di lui nei vani tentativi di trovare una posizione che potesse definire comoda.
Poi si chiedeva se uno come lui, che di certo non meritava considerazioni di favore da altri, potesse provare cose come riserbo ed esitazione verso se stesso. Sarebbe stato un lusso, o ciò che era rimasto giusto il necessario da renderlo ancora umano?
In quei frangenti, in cui in mezzo al dolore corporeo che lo manteneva piacevolmente stordito si faceva strada la consapevolezza di possedere una coscienza, e che questa avesse ancora una voce, si chiedeva se dovesse dimenticarsi di se stesso quando tutti non facevano altro che ricordargli che esisteva, e cosa la sua vita implicasse.
L'ultima speranza di un'umanità condannata dal suo folle desiderio di vittoria. Essere pronti a tutto, per esaudirlo, avrebbe dovuto renderla un po' meno umana, ma avevano trovato in lui il loro capro espiatorio. Il non-umano fra umani.
Era stato folle anche lui ad aver sperato?
Erano folli quelli che erano morti credendoci?
Tutti quelli che lui aveva ucciso e... tutti quelli che lui aveva salvato.

-Eren!-
L'impatto dei piedi sul terreno è devastante. Gli ostacoli lungo la corsa vengono schiacciati sotto il peso mostruoso del corpo del gigante che sono.
Cadaveri ovunque.
Ne sento l'odore, sangue, pelle, organi, fluidi vitali, ma non so se ne ho causato la morte accidentalmente, o se erano parte di quel paesaggio da prima che arrivassi.
Qualcosa dentro di me ne gode.
-Eren, fermati!-
Il pensiero cosciente di aver innescato la trasformazione giunge distorto. Posso puntare solo al mio obbiettivo. 
Sono davanti al gigante che stavo braccando, ora. E per raggiunger
lo, stacco il braccio dell'anormale con un colpo secco, per poi scagliarmici contro, uccidendolo con un morso perfetto sulla nuca.
La pelle del mostro schiocca sotto le mie fauci, e una sensazione viscida, densa, potente scoppia nella mia bocca, giocando con la mia sfera sensoriale. Vorrei assaporarlo ancora un po'...
Posso sentire il brivido d'eccitazione di quella vittoria fin dentro le ossa.
Ricordo. Il mio obbiettivo. Eccolo, avvolto dalle dita initirizzite del gigante. Il mondo, che era stato tinto di rosso e piacere mortale, si fa sfuocato e nitido all'improvviso.
Raccolgo il suo corpo nella presa delle mie mani enormi e macchiate di un sangue estraneo, perverso. Torno indietro.

Aprì gli occhi.
Dunque, quel giorno era riuscito a svegliarsi.
Non c'era luce in quelle prigioni sotterranee, nel castello che faceva da Quartier Generale per lo più inutilizzato in mezzo al bosco. Era abbastanza convinto che quella stanza fosse fredda come la morte, che il pavimento fosse sporco di polvere e sangue il proprio? era per quello che lui non era ancora venuto laggiù, da lui, vista la sua mania per l'igiene?, le pareti sudice, i vestiti luridi e strappati. Non era nemmeno sicuro di cose respirasse, ormai.
Credevano che il buio potesse educarlo o che la solitudine uccidesse il suo spirito?
Volevano tirare fuori il mostro che dormiva sopito in lui per dimostrare che il vero relativo e quello assoluto, che faceva loro più comodo, fossero la medesima cosa.
Che lui era un mostro in forma umana, nel sottile confine che separava le due entità; a chi il suo corpo offriva rifugio, in ogni ora del giorno.
Non capivano, non l'avrebbero fatto nemmeno se lui stesso avesse compreso la natura di quel confine.
Dove finiva il mostro e iniziava Eren?
C'era fine almeno per uno dei due, poi?

-Non toccatelo!-
-Fermo, Levi!-
-E' vivo! Il Caporale è vivo!-
-Certo che sono vivo, idiota. Eren!-

Il ricordo era distorto, come tutto il resto, ma la voce di Levi era un macigno nella sua mente.
In questo, Eren collassava con un sorriso.

Now it's my turn e.e
Saaalve (?)
Sono nuova qui su wattpad, ma ho già pubblicato su efp -questa mini-long, in realtà, è stata già pubblicata lì e ho pensato di portarla anche su questo mio nuovo account :£
Sono una grandissima amante di anime e manga, e da quando ho conosciuto Shingeki no Kyojin non c'è stato altro. Quale merrraviglia.
Sono diventata fin da subito una fervente anima in pena dedita alla causa degli Ereri, e siccome stavano letteralmente consumando il mio cervello in ogni ora di veglia, ho partorito questo.
E' solo una piccola introduzione, e sappiate che sono una monologhi-interiori-dipendente (cioè, anche volendo evitarli mentre scrivo, non so perché, i miei capitoli ne sono sempre pieni), introspettiva per natura, perciò pay attention and keep reading
Questa mini-long di cinque capitoli è una arancione, o almeno, nella mia piccola mente perversa c'era questa nebbia rossiccia e taaanto calore mentre scrivevo e impazzivo e fantasticavo su questi due, ma mi sono limitata più al color arancia buttando giù le idee. Mi auguro che piaccia a qualcuno (?) e che quel/i qualcuno magari lasci(no) un commentino (??), e siccome il resto della storia è già bella che scritta, posterò in un baleno u.u
Ecco, VISTO? L'angolo autrice è venuto quasi più lungo del prologo!

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