Capitolo 1: La missione

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Come una tigre, la sua preda era a portata di balzo. Ma non era ancora tutto pronto: gli artigli andavano estratti, le fauci preparate all’affondo delle zanne, le orecchie ben tese e altrettanto le zampe, per assecondare la spinta che lo avrebbe fatto scagliare contro il proprio nemico. E così fece. Ripassò tutto ciò che gli era stato insegnato e rivisse nella propria mente, per quello che fu un battito di ciglia, ogni allenamento passato per adattarsi alle condizioni del terreno per assecondar il più possibile la caccia…

Uno sguardo fermo rivolto al cielo. Un respiro profondo, prima che le dita scivolassero sul pugnale, estraendolo e impugnandolo saldamente. Una lama giovane ma forte, dal’impugnatura di legno scuro e abbastanza rigido, seppur flessibile abbastanza da non scricchiolare nel momento della maggior tensione del palmo sulla presa. La mancina, intanto, scostò un ramo che avrebbe potuto intralciarlo. E poi tutto fu così rapido che la luce stessa fece fatica ad illuminare gli eventi: con un repentino balzo sbucò fuori dal proprio nascondiglio e, prima che il nemico potesse anche solo comprendere cosa gli stesse accadendo, gli infilò il pugnale nella gola... un unico, singolo gemito uscì dalla gola dell’orco, quell’essere dalla pelle color del fango e con occhi simili a gemme di sangue. Ma prima che potesse urlare con le ultime forze rimastegli, la mancina estrasse un secondo pugnale che sibilò tra la pesante armatura di pelle dell’orco e gli si conficcò nel cuore, stroncandogli ogni forma di forza che ancora poteva avere per avvertire gli altri suoi alleati dell’attacco.

Come spesso gli era stato ripetuto, però, ben sapeva che non era ancora finita. Scartò agilmente di lato  e si acquattò al fianco della creatura ormai morta.

 Da sempre aveva imparato ad odiare gli orchi, ma ancora non aveva imparato ad abituarsi a quel loro fetido odore che li avvolgeva sia in vita che in morte. Ma alcun altro sentimento venne smosso nel suo corpo, se non il ribrezzo. Freddo e ferale. E come una bestia, si lasciò scivolare per terra. Insensibile della morte che aveva procurato, ed impassibile dinnanzi alla morte che ancora osservava. Si voltò invece dall’altra parte, e gettò lo sguardo oltre il foro nella parete di roccia.

Quella montagna, che si stagliava oltre la Foresta Antica dove le leggende narrano l’incontro degli Antichi con i Draghi, era una delle poche ancora non completamente libera dalla piaga degli orchi. E ora, in quell’anfratto celato all’interno della roccia, Amlach ne aveva la certezza. All’interno di una piccola sala, infatti, un piccolo manipoli di orchi rumoreggiava, fra insulti, versi inumani e profondi grugniti. Ma per lui, per ora, la missione era conclusa. Era ancora troppo basso nel suo rango per permettersi di affrontare da solo tutti quegli esseri. E, chissà, forse anche molti bravi maestri avrebbero potuto soccombere se solo, alleati con gli orchi, vi fossero stati in questo luogo gli uomini dell’est. Al solo pensiero un brivido percorse la schiena di Amlach. Il ricordo di come gli umani delle terre splendenti, tanto conosciuti e apprezzati per le città incastonate nella roccia, avessero potuto tradirli per unirsi agli orchi ancora gli faceva salire un insano desiderio di vendetta. Dalla loro parte, invece, si erano schierati i nani, che dalle profondità della terra si preparavano da tempo alla lotta contro le creature di fango.

Riscossosi dai propri pensieri, il giovane cercò di ritrovare la calma dovuta per potare a termine la missione. Ciò che doveva fare era mantenere quell’avamposto, ed essere pronto ad intervenire nel caso i maestri avessero ritenuto opportuno un attacco alle fila nemiche, nulla di più. Ma il ragazzo già sapeva che non sarebbe stata né eccitante quanto nemmeno divertente quell’attesa. Senza troppa fretta, dunque, estrasse da un borsello un piccolo rotolo di pergamena, che srotolato iniziò a leggere in previsione dell’esame che avrebbe dovuto affrontare nei giorni seguenti.

“Ogni neonato possiede una o più particolari capacità, alcune più forti e utili come il potere del primo ministro del Gran consiglio di manipolare i corpi, altre poco utili come far cambiare il colore agli oggetti. Grazie alla luce della Luna filtrata attraverso una foglia d’eucalipto intinta nell’acqua cristallina delle Cascate Rugiada, ai bambini viene stimolata una particolare ghiandola in grado di far risvegliare i poteri e le capacità sopite. Questo passaggio viene definito il “Battesimo della Luna”. I poteri però, prima di mostrarsi, dovranno maturare e si mostreranno solo quando, in una particolare occasione, l’individuo ne avrà bisogno. In alcuni casi potrebbero anche non mostrarsi mai. Non si conosce al contrario il processo del “Battesimo di fuoco”, che solo a poche persone è concesso ricevere.”

Figli della Luna - Il Bacio del FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora