Non provavo il minimo sonno, silenzio assordante, buio pesto sulla mia finestra ed io steso sul pavimento pensando a cosa ne sarebbe stato della mia vita, o meglio, non-vita di un perenne ventenne con una psicologica condizione senza speranza.
Perché mai perenne? Ricordo precisamente le 21:45 di ieri sera, quando il sangue circolava ancora nel mio corpo e lo dico con sicurezza poiché la mia qualità di salute m'impone dal assumere una prescrizione di farmaci a determinate ore del giorno, per non cadere fra le braccia di una grave depressione. In quel serale momento assieme ai miei familiari, ci stavamo dirigendo verso l'uscita dell'area commerciale mentre ognuno di noi teneva le mani occupate da queste buste infinite piene di alimentari, vestiti e nel mio caso libri, poiché era ed è l'unica cosa di cui ho necessità.
Raggiunta quindi l'uscita, l'area commerciale ci saluta alle nostre spalle con la musica di quattro musicisti da strada di genere Jazz la cui disarmonia mi disturbava i timpani. Qui, eravamo intenti dal raggiungere l'auto situata dall'altro lato della strada verso i parcheggi riservati alla clientela ed è proprio qui, che la mala storia cominciò la sua narrazione. Io assieme a mia sorella ero posto più avanti rispetto ai nostri genitori e proprio per questo lei, lontana dalle figure autoritarie, poteva dedicarsi ai suoi soliti giochi di gusto personale: prendersi burla di me in una maniera che solo lei reputava priva di negatività.
Quando però in quel che per lei era divertente, con un'innocente spinta di forza mal calibrata da parte di ella, io finì a terra insieme al delicato suono della risata da lei lanciata nel vento ma, in quest'aria di felicità, la materia fisica prese il sopravvento prendendomi letteralmente in pieno: un'automobile, la cui direzione era l'uscita dal parcheggio con velocità questionabile mi travolse, passando sopra il mio fragile e poco ben nutrito corpo distruggendomi la cassa toracica e schiacciandomi i polmoni, riducendomi di conseguenza ad una situazione irrecuperabile.
In quella scena folle e spaventosa, il terrore cresceva nel corpo disumano dei miei familiari; puro shock da parte dell'autista e sguardi allarmati e curiosi da parte del resto degli umani che circolavano nella zona, il tutto mentre io ormai ero avvolto da non altro che una pozza nera e bianchi tintinnii nei timpani. Sentivo il sangue pulsare sempre più forte nelle mie vene e respiri soffocati passare fra le mie labbra ora sporche di vita, la vista si fece offuscata raggiungendo un buiore che mi spense, poi, definitivamente.
Ciò che avvenne nei secondi dopo l'incidente mi fu raccontato da mia madre il giorno successivo al mio risveglio quando nuovamente ricco di "salute", mi fece comprendere come mio padre realizzò ben prima il momento dell'impatto, date le sue avanzate capacità coordinative, ma ovviamente non poté permettersi di agire dal evitare la tragedia dato il pubblico che ci circondava nel luogo.
L'uomo calvo e vestito di tutto punto, colui che travolse e calpestò il mio corpo con la sua Jeep Wrangler 4p, balzò fuori dall'auto non appena si rese conto dell'accaduto e in preda ad una crisi respiratoria causata dal panico, si avvicinò di qualche passo alla mia magra massa corporea stesa quasi inanime sulla strada cementata ora imbrattata di liquido nero, proprio come il muso della sua Jeep, cominciando col digitare il numero del autoveicolo di soccorso con un'evidente difficoltà date le mani estremamente irrequiete. In questo caotico momento la mia figura paterna corse con disumana velocità in mio aiuto, con l'intento di sollevarmi da terra e allontanarmi dalla scena intanto che, come il resto della mia famiglia, riscontrava un arduo tentativo dal evitare la vista e il profumo del mio sangue. Mia madre che focalizzò ora la presenza e l'azione da parte dell'uomo tremulo con il cellulare alla mano, le andò incontro nel tentativo di fermarlo dal suo contributo d'aiuto informandolo con rapidità, falsamente, di come suo marito fosse un medico.
La mia cara mamma riuscì a mantenere la calma, sapeva in ogni caso che non tutto era perduto.
Or appunto, detta la menzogna rassicurante, il mio salvatore corse con un me logoro ed in frantumi tra le sue braccia, imbrattate dal succo che alimenta la macchina umana, verso la nostra automobile parcheggiata a qualche passo distante dal luogo, dileguandosi poi dalla vista pubblica tra i finestrini oscurati dei sedili posteriori della Maserati. In successione, colmi di adrenalina e paura, le restanti due: madre e sorella, si affrettarono con le mani colme degli acquisti recuperati di gettare incuranti il tutto nel largo bagagliaio sul retro, sfrecciando poi sui sedili posteriori nascondendosi così dalle attenzioni che gli occhi innocenti posavano sulle loro figure apparentemente umane.
In quel soqquadro di atti ed emozioni, cosa stava accadendo al mio corpo macellato retto su un filo fra vita e morte?
Immersi nella sicurezza dei vetri neri dell'auto la cui fruibilità vi è essenzialmente nelle ore di luce per evitare la radiazione solare sul derma, mio padre colmo di paura e autocontrollo, penetrava la mia vena giugulare esterna con i suoi aguzzi canini mettendo in atto la sua forma di ematofagia comportandosi come un ectoparassita nei miei confronti. Lo scopo era di ripulirmi dal restante sangue che ancora circolava nel mio sistema vitale così che il veleno idrofilo rilasciato dalle microscopiche segature che circondano i quattro canini, avrebbero conseguito un'infezione esogena acuta la quale, caratterizzata da microrganismi, questi entreranno in uno stato d'incubazione in cui s'insediano e si moltiplicano fino al raggiungimento di uno stato cronico. Il tutto causerà una situazione di sepsi in breve tempo, colpendo il DNA e compromettendo la funzione di molti organi vitali escludendo e/o modificando il cervello, i sistemi sensoriali e gli organi riproduttivi.
Questo morbo eterno che volontariamente mi è stato somministrato da mio padre per adempiere il mio salvataggio, non è altro che un gene molto primitivo risalente a un momento che nessuno realmente conosce. Le antiche leggende dicono che sia ciò che un individuo ottenne dalla vendita della sua anima attraverso un patto col diavolo, altre storie invece che ciò sia una maledizione imposta dalla magia delle streghe; ma in realtà, credo che non sia altro che una mera condizione patologica nata da un chissà quale intruglio di microrganismi tra, probabilmente, pipistrelli e insetti.
Nessuno quindi ne conosce la vera origine ma, chi può dirlo, presumo la verità sia nascosta nella mente di qualche antico mostro che ancora respira nel buio della terra o in qualche muffo tomo nascosto chissà dove, che attende esclusivamente di essere letto al mondo.
Concludendo, ora sono qui, sul letto della mia camera, nella tarda notte seguente all'accaduto a rigettare questa storia in un diario di sfogo psicologico per il mio distacco dall'essenza umana con un nuovo corpo, freddo, bianco, senza provare il minimo sonno assieme ad un silenzio assordante, aspettando che l'alba bussi alla mia finestra, presentandomi l'infinito che mi attende.
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Oblio d'essenza
Vampiro"Nel mio buio più totale, la luce si fa forza dal mostrarsi nel mentre che io, mostro e non altro, racconto la mia maledizione di antica radice. Questa è la messa per esteso di cosa accade in una mente giovane e analitica, che affronta una dannazion...