Just need a..?

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I giorni passavano così,come meglio potevano,un giorno più vuoto dell'altro.

Tutto era insignificante,e non mi stupì quando un pomeriggio mi addormentai e risvegliandomi mi sembrava giá mattino.

Non succedeva nulla,tutto come prima.

La scuola era ricominciata,e insieme a lei anche la monotonia.

Avevo una visita dal dottore,così mi preparai e scesi in cucina dove Kate mi aspettava con le chiavi tra le dita.

«Andiamo?» disse,sembrando il più tranquilla possibile,ma sapevo che era preoccupata,come ad ogni visita.

Annuì.

Per tutto il tragitto entrambi stettimo zitte,c'era solo la musica alla radio a riempire quei silenzi.

Kate parcheggiò e spense il motore. Sospirò e poi scendemmo dalla macchina dirigendoci verso l'entrata.

La visita si svolse normalmente ed era,più o meno,tutto apposto. Il fisico si stava rimettendo pian piano. Lo sentivo anche io.

Era solo la mia mente che aveva bisogno di essere curata.

Il dottore disse solo che fumavo troppo,ed effettivamente nel giro di qualche giorno avevo fatto fuori più di due pacchetti.

Ma non che me ne importasse più di tanto,solo che Kate mi avrebbe letteralmente torturata per giorni tenendomi d'occhio,ma poi si sarebbe stufata perché sa che tanto faccio quello che voglio e fumo quanto voglio.

Tornammo a casa e mi misi a studiare un po' per il compito di biologia. Dopo meno di mezz'ora tutte quelle membrane,reticoli endoplasmatici e cellule mi fecero venire fame e voglia di spararmi un colpo diretto alla tempia. Così andai in cucina a mangiare qualcosa,nella dispensa trovai di tutto e di più,ma quella tavoletta di milka all'oreo mi chiamava dicendomi di voler solo essere mangiata. Non potevo non accontentarla.

Così ne presi un pezzetto,ma finii per mangiarla tutta.

«Adele,stasera ceniamo a casa dei White. Colleghi di tuo padre!» disse Kate buttano la carta che,puntualmente,io avevo lasciato sopra la cucina.

«Devo venire per forza?»

«Non sei costretta,ma ci farebbe piacere se venissi. Che hai di meglio da fare?»

Già,in effetti,nulla.

«Okay,vado a prepararmi!»

Mi feci un bagno rilassante e andai in camera con solo un asciugamano attorno al corpo. Legai i capelli e mi vestì. Scelsi un semplice paio di jeans con una camicia e le mie solite vans nere.

Asciugai in fretta i capelli,un filo di eyeliner e via.

Presi il giaccone e andai di sotto.

Eric e Kate mi aspettavano già davanti alla porta ed Eric picchiettava freneticamente sull'orologio.

In macchina si parlava solo di lavoro e affari,così infilai le mie amate cuffiette e appoggiai la testa al finestrino.

La musica pervase la mia mente e i miei pensieri,trascinandomi in un'altra realtà. Non ascoltavo la musica,ma i testi. Parole messe in rima così bene che sembravano poesia. Parole che ti descrivono. Parole che colpiscono,dentro,nel profondo. Trafiggono i ricordi. Li sfiorano soltanto eppure li senti così vivi,forti. Talmente tanto da permettergli di toccarti. Quasi lo senti,quel tocco.

E quasi quasi è proprio lì,in quella lacrima.

L'auto si fermò,spensi la musica e scesi seguendo Kate ed Eric verso la porta d'entrata.

Suonarono.

Ad aprire fu una signora molto bella,capelli corti e rossi. Occhi verdi e un sorriso a 32 denti stampato in faccia. Ci fece accomodare nel salotto dove erano già preparati degli spritz con delle patatine.

Mi accomodai prendendo un bicchiere.

Buttai giù il liquido rossastro e mi sentì una mano sulla spalla.

Una mano. Quella mano?

Mi girai.

L'UNICO DANNO,SONO IO.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora