~Capitolo 3, Predatore~

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Dovevo fuggire. Trovare un riparo, un luogo dove potermi nascondere lontano dai miei inseguitori e da qualsiasi occhio indiscreto. Ma perché diamine mi stavano inseguendo? Corsi per quella che mi sembrò un'eternità, mentre le pallottole fendevano l'aria davanti ai miei occhi. Non potevo dire di conoscere quella città come le mie tasche,anche perché dopo la mia assunzione all'ospedale di St. Laurence non mi ero mai spostato più di tanto da quel quartiere. Mi persi inevitabilmente nei confusionari viottoli della parte nord della città, trovandomi alla fine di un vicolo cieco, davanti a teloni ed impalcature. Quegli uomini stavano arrivando, ed insieme a loro potevo anche sentire una terrificante serie di ringhi ed ululati. Segugi.
-"Merda. E adesso che faccio? Aspetta... Se Roth mi ha morso ed ora io sono come lui questo vuol dire che posso fare quello che fa lui. O almeno provarci". Osservai velocemente il circondario. L'edificio davanti a me era molto alto, ma ricoperto da piccole impalcature e spessi teloni. Presi la rincorsa e, scontrandomi contro la parete, mi diedi lo slancio per arrivare alla pedana, distante circa due metri da terra. Sentii un improvviso e violento spostamento d'aria, e in attimo mi ritrovai in piedi sulla pedana di metallo. Avevo fatto, senza neanche accorgermene, un enorme salto lasciandomi dietro un'inquietante nebbiolina nera.
-"La testa... Sto per vomitare...".
Quello scatto mi era costato un bel po' di energia, e la testa prese a girarmi vorticosamente per qualche secondo. Avrei voluto fermarmi ma non potevo: ero lontano dalla strada, ma non abbastanza da sfuggire al fiuto dei cani. Salii sulle impalcature fino a raggiungere il tetto, dove il vento infuriava incontrastato. Non c'era nessuno. Aguzzai le orecchie e chiusi gli occhi.
-"Dove diavolo è finito!?".
-"Non lo so, ma non può essere andato lontano! Setacciate la zona!",sentii urlare dal basso della strada.
Forse era meglio starmene lì sopra per un po'. L'edificio in costruzione confinava con un altro palazzo. Le finestre erano rotte, i balconi spalancati e le luci spente. Abbandonato, dunque, un nascondiglio perfetto. Entrai attraverso uno dei balconi spalancati, e ad accogliermi ci fu un pesantissimo odore di sangue. L'odore proveniva dalla miriade di macchie ed impronte sul pavimento, incrostate e molto scure. Mi lasciai avvolgere dalle ombre ed avanzai nella stanza buia, prestando la massima attenzione a dove mettevo i piedi. I mobili erano distrutti, così come la tappezzeria ed il pavimento. La scia di sangue conduceva ad una porta, sigillata con delle assi di legno. Nel silenzio più assoluto, potei sentire un leggero ma costante gocciolio. In mezzo a quel disastro, non riuscivo proprio a capire di cosa potesse trattarsi. Forse una perdita? Avanzai fino ad uno stretto e buio corridoio. La mia attenzione fu immediatamente catturata da una sagoma indistinta, accovacciata al pavimento. Il silenzio fu spezzato da dei disturbanti mastichii e gemiti affannosi. Una voce sibilante alle mie spalle mi fece sussultare: "Non fare un passo. Non guardarlo nemmeno. Seguimi, lentamente...". Era Roth. Uscii da dove ero entrato, seguendolo con la massima attenzione possibile, col cuore in gola. Una volta fuori, tirai un sospiro di sollievo. Chiesi, lanciando uno sguardo al balcone spalancato alle mie spalle: "Quello cos'era?".
-"Un perduto. Un vampiro che ha perso la testa. Dicono che succede spesso, sai? Alcuni si lasciano prendere la mano, bevono il sangue di altri vampiri e si trasformano in quei mostri. Si 'corrompono', anche se non so se sia giusto dirlo così".
-"Come vorrebbe dirlo?".
-"È lei il medico, qui. Veda la questione da un punto di vista... evolutivo", accennò un sorriso malizioso.
-"Mi sta dicendo di guardarla come un'opera della natura? Roth, la gente di solito non si risveglia dalla morte per andarsene in giro a sgozzare persone!".
-"Ma ha anche l'evidenza davanti agli occhi. Dottore, per quanto ne sa, può benissimo trattarsi di una semplice malattia, di un morbo incurabile, o una semplice patologia. Ma potrebbe anche essere un coraggioso passo evolutivo da parte di pochi eletti. Tutti sanno che nessun essere è in grado di adattarsi meglio dell'uomo, e guardi i risultati: dei super predatori!", esclamò, con un pugno al cielo.
-"Ma io non voglio essere un super predatore! Io sono un medico, ho una mia vita, i miei pazienti, i miei progetti da mandare avanti!", protestai inutilmente.
-"Dottore, dottore... Non sta cogliendo il punto della questione. Le sto dicendo che ci è stato dato un dono e lei continua a lamentarsi in questo modo? Ma quanto è egoista? ".
Sembrava quasi felice di essere diventato un mostro assetato di sangue. Tentai di fare chiarezza una volta per tutte.
-"Com'è successo? Com'è diventato... Quello che è adesso?".
Lui sorrise, mostrando tutti e quattro i lunghi canini scintillanti.
-"Uno come me ha parecchi contatti, e accesso a club più esclusivi della città. Ho passato anni ad arrovellarmi sui più grandi misteri di questo mondo, finché non ne ho trovato uno insormontabile: un modo per ingannare la morte. Ma lo sa come funzionano queste cose... C'è una soluzione a tutto!".
-"Quindi lei si è fatto trasformare apposta!? Ho letto la sua cartella clinica, le sarebbero rimaste poche settimane di vita per una dilatazione cardiaca. Era spacciato. E si guardi adesso, sta benissimo! Lo ha fatto per questo?". Roth mi prese la mano e la pose sul suo petto. Sentivo il suo cuore battere alla perfezione, anche se lentamente. Non una fibrillazione, non un salto, non un secondo in più. Perfetto. Lo guardai, esterrefatto. -"Ma... Ma come...?".
-"La trasformazione ha curato tutti i miei mali, affibiandomene altri in cambio. Potrebbe quasi definirsi la cura perfetta per la morte, ma comprende bene che questo non è possibile a causa dei suoi rischi. Sono consapevole di quello che sono diventato, ma non potevo morire in quel modo terrificante. Ho ancora così tante cose da fare, da imparare, da vedere. E i miei soldi... Quei maledetti idioti li stanno sperperando per ricostruire questo postaccio e trovare un posto per i poveri. TSK! I POVERI!", sbraitò, indicando l'edificio alle mie spalle. -"E la cosa più bella di questa situazione è che so benissimo che hanno denunciato l'ospedale per la mia morte, ma lo hanno fatto solo per avere altri soldi! Non gli importa in fico secco di me!", borbottò ancora. Mi si accese improvvisamente una lampadina. -"Ma se lei è ancora vivo, per modo di dire, può mostrarsi ai suoi soci e far ritirare loro le accuse contro l'ospedale!".
-"Dopo quello che ho visto? Piuttosto vorrebbero vedermi morto una seconda volta pur di ottenere un risarcimento. Lo sa, tutti vorrebbero assistere al proprio funerale per vedere quanti piangerebbero la propria morte. Lo sa cosa ho visto io, dottore? Indifferenza. Compagni sommersi di scartoffie, del tutto assenti. Una famiglia insensibile, fredda come il ghiaccio. Ed io dovrei tornare da solo? Neanche per sogno. Il mio obiettivo era prenderne uno alla volta, notte dopo notte. Ma ora che lei è qui, la sua presenza cambia tutto!".
-"In che modo?".
-"Guardaci. Siamo diversi, dottor Becker. Siamo migliori. Anche se lei potrebbe non essere d'accordo, ormai siamo uniti in questa storia. Dunque, le propongo un piccolo affare", disse, mentre un diabolico sorriso sembrò tagliare il suo volto in due.
-"Va bene, sentiamo".
-"Stanotte farò visita ad uno dei miei vecchi amici. Lei potrà parlargli per convincerlo a ritirare la denuncia, e se vuole, dopo potrà unirsi a me per cena", mormorò, sfregandosi le mani.
-"Ci sto. Verrò con lei e tenterò di parlare col suo amico, ma niente di più. Dopo questa notte, le nostre strade si separeranno, Roth".
Lui mi strinse energicamente la mano, entusiasta.
-"Ma certo ragazzo mio, ma certo! Magari lungo la strada potrò anche insegnarle qualche trucchetto, chissà!".
-"Sì... Credo di averne già imparato qualcuno".

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