~Capitolo 2, La sete~

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Un minuscolo bagliore. Una scintilla rossastra brillava nell'oscurità senza fondo, attraente come un faro per una falena. Che cosa potevo fare se non aggrapparmi a quell'unica ancora di salvezza? Allungai la mano su quella scintilla e di colpo tornai a respirare. Era... Un miracolo. In quel momento mi sentii più vivo che mai. Ripresi a respirare con tale foga che ricaddi a terra sulle mie stesse gambe. Leonard Roth era davanti a me, ebbro di sangue, con la bava alla bocca e gli occhi spiritati. Mi rialzai, appoggiandomi contro la parete, mezzo stordito.
-"Che cosa mi hai fatto!?".
Roth indietreggiò, completamente sconvolto. Si pulì la bocca con la manica della giacca e con uno scatto fulmineo si catapultò fuori dalla finestra, lasciandosi dietro una scia nerastra. Fumo?
- "Ma che diavolo!? Questo deve essere un sogno. No, un incubo!".
Non sapevo esattamente cosa mi era appena successo. L'unica cosa che riuscii a fare era guardarmi intorno, spaesato. Mi sentivo spaventato, agitato, ma allo stesso tempo cresceva in me un'insolita curiosità. Mi avvicinai alla finestra e feci un atto di coraggio. -"Se questo è un incubo, allora tanto vale andare fino in fondo. La paura è solo nella mia mente". Percepii l'aria gelida lacerarmi il volto, ma non provai nulla, non il minimo cenno di brividi. Salii sul davanzale e mi lasciai andare, senza guardare di sotto. L'impatto con l'asfalto non fu affatto piacevole, ma pur sempre meno doloroso di quanto mi aspettassi. Fortunatamente, a quell'ora della notte il quartiere era sempre completamente vuoto, e nessuno poteva avermi visto fare quella follia. Chiusi gli occhi ed ascoltai. L'aria era umida e pesante ed un lontananza riecheggiavano allegre urla ed innumerevoli clacson. Poi, qualcos'altro. Un rumore aritmico: il suono di passi sull'asfalto bagnato. L'uomo stava scappando a nord, verso i quartieri più ricchi della città. Iniziai a correre nella stessa direzione, seguendo un sinistro, macabro alone nerastro. Vedevo il paesaggio urbano scorrerre a gran velocità con la coda dei miei occhi, ma in quel momento non importava quanto stessi andando lontano. Non importava quanto andassi veloce, né dove mi stessi spingendo. Importava soltanto raggiungerlo. Era notte fonda, e le strade erano completamente deserte. Tra me e me pensavo a cosa fare una volta raggiunto il mio assalitore. Perché mi aveva morso? Ero forse morto? Ogni ombra di pensiero fu spazzata via dai rintocchi della grande cattedrale. In quel preciso istante la mia mente si bloccò. Un aroma pungente catturò completamente la mia attenzione, distogliendola dall'inseguimento Mi fermai di colpo, proprio davanti al grande portone. Sulle scalinate di marmo, seduta sul pavimento bagnato, c'era una fanciulla. Si teneva la gamba, dolorante. Nel vedere il rivolo scarlatto fuoriuscire dalla piccola ferita, un brividò corse lungo la mia schiena.
-"Ha bisogno di aiuto, signorina?".
-"Cielo, mi ha fatto prendere un colpo, spuntando così all'improvviso!".
Incontrare uno sconosciuto nel cuore della notte in una strada deserta ha il suo impatto, certo, ma è senza dubbio un'esperienza che molti eviterebbero volentieri.
-"Mi perdoni, non volevo spaventarla. Si è fatta del male?".
-"Maledetto tempaccio! Sono scivolata sugli scalini e ho preso una brutta botta alla gamba. Non l'ho mai vista da queste parti. Lei è il signor...?".
-Dottore. Sono il dottor Becker, lavoro all'ospedale di St. Laurence, a qualche isolato da qui. Mi faccia controllare questa brutta ferita...".
Mi chinai sulle sue coscie. Gambe snelle e affusolate, pelle candida e morbida. Il suo delicato profumo di viole veniva stroncato da quel pungente odore metallico. Cominciai ad avere difficoltà nel respirare. Deglutii a fatica. La vista si annebbiò, lentamente. Incrociai il mio sguardo con quello della giovane donna dai capelli corvini. I lineamenti delicati e gli occhi ancora accesi e saturi le davano un aspetto molto giovanile. Forse non aveva più di vent'anni. Fu lì che la sentii... La sete. I crampi mi stavano distruggendo lo stomaco e la gola bruciava come se avessi ingoiato carboni ardenti. Mi avvicinai a lei, serrando i denti. Il suo respiro si bloccò per un istante, come quello di una preda braccata da una bestia. Avvicinai la mia bocca al suo collo. Snello, pallido, pulsante. Il suo cuore batteva all'impazzata, ed il sangue che scorreva nelle sue arterie risuonava ad ogni battito come il tocco di una campana.
-"La sua... La sua gamba ha bisogno di una medicazione. Si diriga all'ospedale seguendo la strada: lì troverà qualcuno che potrà assisterla", sussurrai, tremante.
-"È sicuro di sentirsi bene? È così pallido, e i suoi occhi...", si interruppe bruscamente, mentre mi alzavo da terra. La aiutai a rimettersi in piedi.
-"Mentre parliamo la ferita rischia di infettarsi e lei perde più sangue. Dica che la mando io e l'infermiera Brenner terrà certamente un occhio di riguardo. A presto, mia cara".
E, senza nemmeno darle il tempo di rispondere, mi allontanai svanendo nelle ombre. Quell'odore... Lo sentivo ancora, vivido nella mia mente. Dovevo riuscire ad avere del sangue, tutto per me. Quell'idea mi stava facendo letteralmente impazzire. Per un istante avevo desiderato di morderla, o addirittura ucciderla. Dovevo calmarmi e tornare lucido.
*Clap *Clap *Clap
Una figura emerse dalle tenebre, applaudendo. L'uomo che avrei dovuto raggiungere, Roth, mi fissava con due occhi brillanti ed un ghigno malizioso.
-"Il buon samaritano e la donzella in difficoltà. Una scena davvero incantevole, ma mancava quel tocco di rosso in più".
-"Lei... Mi ha morso! Perché?".
-"Per lo stesso motivo per cui lei desiderava mordere quella giovane donna indifesa. Per il desiderio di sangue. Ohh, non mi guardi in quel modo: lo so che lo ha pensato. Devo ammetterlo, dottore, lei è stata una preda facile, ma non mi sarei mai aspettato di vederla tornare nel mondo dei vivi", disse, mentre camminava in tondo.
-"Di cosa sta parlando!? Io dovrei essere morto, e ora che ci penso, anche lei! Questo è un incubo... È soltanto un brutto incubo".
-"Temo che questo sia tutto fuorché un incubo, dottore. Sa chi è, o meglio, cos'è diventato? ".
" Io... Non ne sono più così sicuro. "
-"Occhi vitrei, pelle livida, sete di sangue... Lei è un vampiro, al cento per cento. Quindi, tecnicamente ha ragione, lei è morto. Deve credermi, io volevo soltanto un po' di sangue, tutto qui. Non avrei mai immaginato di arrivare ad ucciderla, e che addirittura sarebbe diventato come me!".
-"Quindi è colpa sua! Adesso lei sistema le cose. Lei mi ha trasformato in un mostro e lei mi farà tornare come prima!".
Lo afferrai per il colletto della giacca, cominciando a scuoterlo con violenza. Lui sorrise, mostrando i canini rossastri.
-"Sistemare le cose, dice? Non è possibile. Lei è destinato a vagare su questa terra fino alla fine del mondo o finché non le piantano un paletto nel petto e la appendono su una croce in attesa che sorga il sole. Avanti, si faccia una risata! Non è contento? Un medico che diventa un vampiro... Pensa a quante persone, quante malattie potrà curare, fino alla fine dei tempi! Oh, giusto, dimenticavo solo un piccolo particolare: per sopravvivere deve nutrirsi di sangue, e intendo sangue umano, ovviamente. Ha lasciato andare quella ragazza resistendo ai suoi impulsi, devo rendergliene atto, ma non potrà resistere per sempre. Prima o poi dovrà uccidere, dottore, e ho la sensazione che accadrà molto presto.", concluse digrignando i denti.
Osservai i palmi delle mie mani. Gelidi, pallidi, tremanti.
-"Se proprio devo uccidere qualcuno... Il primo sarà lei!". Mi lanciai verso quella figura scheletrica, traboccante rabbia e frustrazione, ma mi ritrovai ad afferrare soltanto l'aria gelata. Roth era svanito nel nulla, lasciandosi dietro una scia scura simile a del fumo. In lontananza, il rombo di un motore ruggiva senza sosta, spezzando la quiete notturna. La voce di Roth risuonò, dall'alto.
-"Sembra che abbiamo compagnia. Ci rincontreremo quando le acque si saranno calmate, e quando lei avrà metabolizzato. Nel frattempo, cerchi di non farsi ammazzare una seconda volta, buon dottore...".
I fari di un furgone illuminarono il vicolo, accecandomi completamente. Scesero due uomini, dal retro del veicolo, urlando e sbraitando come pazzi. Erano armati.
-"Eccolo, ne abbiamo trovato uno! Non fatelo scappare, fate fuoco!"
-"Aspettate, io sono un medico, non...".
Un fischio mi lacerò i timpani. Sentii un colpo in pieno petto, poco lontano dal cuore. Il proiettile mi attraversò da parte a parte, mentre un secondo bossolo perforò la spalla. Stavo copiosamente perdendo sangue, ed il dolore era straziante ma... Ero ancora vivo. Dovevo rimanere lucido. In quel momento, ragionare non sarebbe servito assolutamente a nulla.

Il dottore trovò la sua strada quella notte, in un mondo nuovo ed oscuro, nascosto agli occhi di tutti. Mentre fuggiva, perdendosi nei vicoli di quella città che mai gli era sembrata tanto grande, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto far fronte alla sua nuova natura... E alle sue nuove esigenze. Avrebbe dovuto assecondare il suo istinto o rimanere fedele al giuramento di Ippocrate? La notte era ancora giovane, l'alba ancora lontana e la sete terribilmente insistente. 🩸

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