~Capitolo 4, Preludio~

40 4 0
                                    

Soltanto quando chiesi al direttore un cambio di turni mi accorsi di quanto le cose fossero cambiate. La notte era diventata il mio nuovo giorno, sballano completamente il mio ciclo di sonno. La città aveva assunto un aspetto decisamente più tetro e cruento, ma forse le cose erano sempre state così e ad essere cambiato ero soltanto io. Nessuno capì il perché la denuncia fosse stata ritirata, né la cosa suscitò dubbi o domande, ma d'altronde nessuno aveva il tempo di preoccuparsene. I pazienti divennero inquieti e il loro umore si riversava inevitabilmente sul personale dell'ospedale.
-"E così si è fatto cambiare di turno, eh, Becker? Cosa c'è, ha bisogno di più tempo per oziare o è così traviato dai suoi impegni da non trovare la strada?".
-"Buonasera a lei, Brenner. Sagace come al solito, vedo. È una ruga quella che ha sulla fronte?".
Come colpita nel profondo del suo orgoglio, la donna abbassò lo sguardo tornandosene a stropicciare le pagine del suo giornale.
-"Anche se fosse, non mi stupirebbe. Di questi tempi giornali non fanno altro che parlare di morte. Le persone hanno paura, i pazienti si lamentano e anche solo una giornata qui dentro sembra un'eternità. Questa città si sta trasformando in un tumulo. Hanno addirittura indetto un coprifuoco!".
-"Le autorità si occuperanno di ciò che sta succedendo a questa città, ma noi dobbiamo occuparci di questo posto. I nostri pazienti contano su di noi! È già un miracolo che questo posto sia ancora aperto dopo quello che è successo la scorsa settimana. Rimanga concentrata. Animo e coraggio, forza!"
-"Un miracolo, sì...".
Accennando ad un mezzo sorriso, abbandonò il suo giornale e imboccò il corridoio dell'ala est. Diedi una rapida occhiata al quotidiano. La notte precedente erano stati rinvenuti venti morti, più del doppio di quanto potessi immaginare.
-"Roth. Che cazzo hai combinato...?".
Ripiegai il giornale e mi incamminai per le scale, contemplando il vuoto davanti a me. Pensavo. Pensavo a come le cose potevano lentamente collassare su sé stesse.
Avere il turno di notte comportava grandi benefici, specialmente per un vampiro: niente stanchezza, niente occhi indiscreti e la possibilità di potersi allontanare a proprio piacimento, ovviamente correndo i propri rischi. Mentre vagavo per i corridoi vuoti, lanciando qui e lì un occhio alle vetrate delle sale operatorie e dei pazienti, continuavo a pensare a quello che era successo la settimana precedente. Alle mie mani sporche di sangue e di quel caldo sapore metallico in bocca. Roth aveva parlato di evoluzione, catene alimentari o cose del genere. In natura non esistono animali buoni e altri cattivi, di conseguenza non c'è una morale. Ma io ero un essere umano. Avrei dovuto basarmi sulla morale, su dei principi, o non sarei stato tanto diverso da una bestia. Forse, però, quello era soltanto un modo per Roth di togliersi la responsabilità di dosso ed evitare di farsi troppi problemi nell'uccidere innocenti. Dopotutto, per lui erano soltanto "prede". Continuavo a pensare al suo invito, sempre valido, di 'incontrare qualcuno di molto importante'. Non sapevo di chi poteva trattarsi, ma conoscendo il soggetto, non poteva promettere nulla di buono. Ero così immerso nei miei pensieri che non mi ero accorto della voce che mi stava chiamando, probabilmente da un bel po'.
"Dottore, si sente bene?"
"Sì, signorina Sauer. Mi perdoni, non l'avevo sentita arrivare".
"È sicuro di sentirsi bene? È così pallido! Perché non prende un po' di sole?", chiese l'infermiera.
-"Perché sono più un nottambulo, e poi così facendo sembrerebbe una scusa per non lavorare, non crede? Ha bisogno?".
"Sì, ci sono tre pazienti che hanno bisogno della sua attenzione, immediatamente".
"Mi dispiace, ma sono di fretta. Sentiamo, cos'ha il primo?", dissi, continuando a camminare.
"Ma... Così senza nemmeno visitarlo? Allora, è un uomo sulla quarantina, un operaio. Ha febbre alta, brividi, crisi respiratorie e tosse forte".
"Polmonite. Imbottitelo di antibiotici, quelli di spettro più ampio, e ditegli che siamo in pieno inverno e che il suo sistema immunitario non può resistere per sempre. Può fare molto freddo su un'impalcatura a più di dieci metri da terra. Il secondo?".
"Accusa torpore dalla vita in giù. Le gambe sono gonfie come due zampogne e non riesce più a camminare".
-"Era magrolino? Vestito con abiti sportivi e con un paio di occhiaie?".
"Si, ma come ha fatto a...", chiese, turbata.
-"È un'abitudine che hanno in molti. Esce a fare jogging per tenersi in forma, ma a quanto pare ha bisogno di una pausa. Meno corsa, scarpe nuove e poche schifezze, a meno che non voglia farsi amputare le gambe. C'è altro? ".
"L'ultimo è arrivato questa notte, con forti crampi allo stomaco, costipazione, problemi alla vista. È anche svenuto".
"Che lavoro fa?".
"Dice di essere un operatore tecnico".
"Colpa del metano o dei gas. O si sniffa le tubature, o ha avuto a che fare con una perdita. Dategli analgesici e paracetamolo, e preferibilmente anche una maschera antigas. È tutto o c'è qualcun altro che rischia la vita stanotte?".
"È tutto. Ma dottore, non li ha neanche visitati! Non può trarre delle conclusioni così, dal nulla!"
"Parli per lei. Se qualcosa non va, possono anche farmi causa, no? È una cosa che va di moda ultimamente! A proposito di cause, ha visto il dottor Schuster oggi?".
"Se n'è andato poco fa, alla fine del suo turno, dottore.".
"Giusto, ormai è notte. Va bene. Se qualcuno mi cerca per qualcosa di urgente, cosa che non credo sia possibile, vienimi a chiamare. Oh, signorina Sauer, la prossima volta che un paziente ha un prurito al braccio o si è fatto un taglio, si rivolga alle infermiere della prima sala. Non le ho mai viste muovere un dito".
"Va bene, dottor Becker. Grazie".
E si allontanò, più confusa che mai, lasciandomi nuovamente da solo. Giunto alla fine del corridoio, mi guardai vagamente un po' intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno. Aprii la porta, lentamente. La stanza era immersa in una cupa penombra, data dalla lampada posta sul piccolo scaffale a muro. L'aria era stagnante e risuonava costante un perenne sospiro. Un pesante affannare, anche abbastanza fastidioso.
-Buonasera, Charlotte", salutai l'anziana donna, standomene sull'uscio. Seduta su un doppio strato di cuscini, quasi come un'austera matrona, la donna sollevò lo sguardo. Due occhi di ghiaccio presero a scrutarmi da lontano, con un'insolita premura. Forse non mi aveva riconosciuto.
-"Si ricorda di me? Sono il dottor Becker. Posso entrare?".
A quel punto la signora aprì la bocca, anche se di poco, lasciando percepire un tocco di stupore. Non ricordavo quanti anni aveva, forse tra i sessanta e i settanta. Ad ogni modo, non sembrava la vecchietta malata che aveva descritto Schuster. Attesi una risposta.
-"Certo dottore, certo. Entri pure!".
Varcai la soglia e richiusi la porta alle mie spalle.
-"Come andiamo oggi? Ha preso le sue medicine?".
-"Oh, io non ho bisogno di medicine, sto bene! È passata una signorina soltanto una volta da questa mattina. Che vergogna! Una signora anziana e malata come me, con così poche attenzioni. E se mi fosse successo qualcosa?", borbottò, mettendosi comoda sui cuscini.
-"Charlotte, posso comprendere il suo sdegno. È una vera vergogna che in un momento del genere non ci sia abbastanza personale per tutti i pazienti di questo ospedale... Considerando anche che alcuni di questi pazienti sono in cura da più di un anno, nonostante non manifestino più sintomi di alcuna malattia e non prendono le medicine prescritte. Hmm?".
La donna spalancò i freddi occhi, mentre le sue sopracciglia si inarcarono fino ad assomigliare alle ali di un gabbiano. Mi avvicinai, senza interrompere il contatto visivo.
-"Si dia il caso che io, a differenza di molti, posso permettermeli, certi lussi. Pago profumatamente ogni giorno passato in questo lurida baracca che chiamate ospedale".
-"Prendendosi il posto, il tempo ed il cibo destinato a qualcun altro, magari. Qualcuno che ne ha più bisogno".
-"Tutti ne hanno bisogno, dottor Becker, ma solo chi può permetterselo può averlo. È così che gira il mondo", concluse, rimettendosi a posto la dentiera ballerina. Stavo iniziando a scaldarmi. Non immaginavo che fosse una vecchia così arzilla. Respirai a fondo, trattenendo la rabbia e la sete che mi stava logorando la gola.
-"Senta. Non sono venuto qui per discutere, Charlotte, ma per farle qualche domanda".
-"Vuole sapere quanto prendo di pensione o quanti soldi ho nel mio conto in banca? Guardi che li conosco i tipi come lei. Dottori di qua, samaritani di là e poi ti prosciugano fino all'ultima goccia di sangue!".
-"Io... Mi stia a sentire. Una settimana fa è morto un uomo in questo ospedale e mi hanno detto che lei ha visto qualcosa. O meglio, qualcuno".
Solo quando sentì quelle parole, la donna cambiò espressione. Il suo ghigno acidulo si tramutò in un broncio inquieto. Tenne gli occhi fissi sulla finestra, ma non disse una parola. Lanciai uno sguardo alla finestra anch'io, allora. Attraverso quel vetro, si poteva avere una vista quasi completa di quello che era il retro dell'ospedale. Vicoli, parcheggio e quasi ogni angolo che dalla strada risultava invisibile.
-"Hai capito la vecchia... D'accordo, può vedere chi le pare quando le pare e senza destare attanzioni. Mi parli un po' di questa misteriosa figura", le dissi, avvicinandomi nuovamente a lei. In tutta risposta, la donna si voltò dall'altra parte della stanza. Aveva paura, riuscivo a sentirlo da come aveva iniziato a respirare. Senza più pazienza, ormai, mi avvicinai ancora di più e le posi una mano sulla fronte. Iniziai a parlare lentamente, soppesando e pronunciando fermamente ogni parola, con un andamento ritmico. Fare quel trucchetto con una persona anziana non fu affatto difficile. Dopo qualche secondo di resistenza, infatti, la sua mente crollò, lasciandomi libero accesso e carta bianca.
-"Devo sapere, Charlotte. Quando hai visto questa fugura?".
-"L-la prima volta è stata due settimane fa... Lì, nel vicolo più lontano...".
-"La prima volta? Quante altre volte ci sono state?".
"Tutti i giorni, da allora. E le figure aumentavano, sempre di più. Occhi rossi nel buio più nero...".
Sospirai.
-"Dimmi di più. Che cosa facevano? Che cos'hai visto?".
-"Prima si limitavano a guardare. Osservare questo posto, le abitudini delle persone, i momenti in cui tornavano a casa, quando si spegnevano le luci. Tutto. Poi, una notte, uno di loro è entrato attraverso una finestra. Ma non è entrato con la forza, no... Non possono entrare con la forza. La finestra era stata lasciata aperta".
-"E dopo? Dopo l'ultima settimana, quando si è verificata la morte del paziente, hai più visto nessuno?".
-"...".
-"Charlotte, rispondimi alla domanda".
-"Sì".
-"Scheisse. Devo parlare con Roth...".
Stavo quasi per andarmene, quando mi voltai per osservare ancora una volta il volto della donna. Ritornai da lei e dissi ancora: "Quando chiuderò quella porta, non ricorderai più nulla di questa conversazione, né di quello che hai visto nelle ultime due settimane. Lascerai sempre la luce della lampada accesa durante la notte e terrai sempre porte e finestre chiuse, tranne che di giorno. Oh e, prova ad essere più gentile con il personale, magari. Non è difficile". Schioccai le dita e la donna sembrò riprendersi da un lungo sonno. Non appena tornò in sé, spalancò un sorriso smagliante, dovuto allo smalto della dentiera, ovviamente.
-"Dottore, se ne va di già?".
-"Sì. Devo proprio scappare, Charlotte, mi spiace. Tu riposa, si vede che ne hai bisogno".
-"Oh, io non ho troppo bisogno di riposare in realtà, dottore. Lo vuole sapere un segreto?".
Annuii. La donna allungò il collo, sorgendosi dalla sua catasta di cuscini.
-"Io me ne sto qua perché altrimenti sarei tutta sola. Qui ci sono tante persone, tra pazienti, infermieri e medici. E finché avrò i soldi, che non credo finiranno per quando tirerò le cuoia, credo che continuerò a stare qui. Lo so, lo so, non dovrebbe essere possibile, ma sono vecchia, dottore. Che cosa dovrei fare? Trascorrere i miei ultimi anni da sola, in una vecchia casa come una vedova in attesa della sua ora? Preferisco aspettarla qui".
Serrai i denti, stringendo saldamente la barra di ferro ai piedi del letto. Annuii, sorridendole.
-"Capisco. È giusto che alla sua età faccia quello che vuole. E poi, detto tra noi, un po' di soldi a questo posto non farebbero male", aggiunsi, facendole un occhiolino. Charlotte rise fino a diventare rossa in viso. Non l'avevo mai vista ridere. Tamburellai un'ultima volta con le dita sul ferro e mi avviai alla porta.
-"Beh. A presto, Charlotte".
-"Mi torni a trovare presto, dottore!".

"Merda. Merdamerdamerda. MERDA!".
Il mio sorriso si appiattì e gli occhi si socchiusero da soli. La situazione era peggio di quanto potessi immaginare. Roth aveva attirato l'attenzione sull'ospedale per colpa della sua maledetta corsa all'immortalità. E non si trattava soltanto di un vampiro, già letale di suo, ma di molti di più. L'unica cosa positiva, in tutta quella situazione, era un piccolo dettaglio che mi aveva rivelato Charlotte: i vampiri non possono entrare in un luogo con la forza. Ricordai dell'ultima settimana... Roth aveva tenuto la finestra aperta, quella notte, e lo stesso era successo alla villa di Edgar Sommer. Probabilmente, stando a ciò che aveva detto la donna, se la finestra fosse stata chiusa, non sarei potuto entrare. Era già una grande cosa, ma avrei dovuto provarla personalmente. Preso dai pensieri, tirai fuori dal camice una sacchetta per la raccolta di sangue e l'azzannai. Avrebbe alleviato la sete almeno per un po'. Affrettai il passo, raggiungendo la fine del corridoio e imboccando le scale per l'uscita d'emergenza. L'ospedale era in pericolo e l'unico modo per salvarlo era parlare con quello squilibrato di Roth. Se quel 'qualcuno di importante' era il mostro che lo aveva trasformato, forse potevo provare a ragionare con lui. La situazione, ad ogni modo, continuava a piacermi sempre di meno. Riuscivo già a sentire la pressione sul collo.

Quando le cose cambiano radicalmente, la cosa migliore che alcuni riescono a fare è rimanere ad osservare impotenti. Ma quando il cambiamento finisce per mettere a rischio l'unica cosa che rimane di una vita di sacrifici, anche il più codardo degli uomini può trasformarsi nel più impavido dei guerrieri. 🗡️

~Bloodlust~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora