Capitolo 4- SANGUE

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Quattro uomini si trovavano legati in una stanza completamente scura, non riuscivano a vedere nulla tranne che per pochi centimetri di pavimento fiocamente illuminati da uno spiraglio di luce proveniente da sotto la porta che faceva da ingresso alla stanza. Nessuno dei quattro si ricordava come fossero arrivati in quel luogo, il loro ultimo ricordo nitido era di essere stati liberati dalla prigionia alla locanda Korosu, ricordavano poi che una volta usciti si erano incamminati verso il loro nascondiglio ed erano stati fermati dall'uomo vestito di nero che aveva commissionato loro l'assassinio del ragazzino dai capelli biondi e dopo ciò: vuoto totale. Probabilmente i quattro erano stati immobilizzati dall'uomo, legati e portati in quel luogo scuro. Lentamente gli occhi dei quattro si abituarono all'oscurità e nella semiombra notarono molteplici strumenti di tortura che decoravano la stanza e armi di ogni tipo sparse qua e là; nella camera si sentiva un acre odore metallico e chiazze di sangue ricoprivano l'intonaco della parete. Terrorizzati i quattro uomini cercarono di liberarsi notando con loro sconforto che i nodi con sui erano stati legati erano annodati con estrema cura e competenza, impossibili da snodare dalla loro posizione. Improvvisamente, quasi come un rombo di tuono, si sentì una porta metallica aprirsi e richiudersi con forza: la luce proveniente dallo spiraglio sotto la porta aumentò e subito dopo si accesero lampeggiando fievolmente le lampadine all'interno della stanza. Il sangue all'interno delle vene dei quattro uomini si gelò al solo sentire i passi pesanti e ritmati che lentamente si avvicinavano alla porta. Con uno scricchiolio la porta si aprì ed entrò l'uomo vestito di nero: aveva una muscolatura abbastanza sviluppata e un portamento rigido. L'uomo si tolse il cappello a falde larghe rivelando per la prima volta il suo volto ai quattro: un volto anziano e distrutto da mille guerre passate, aveva la testa ormai con pochi capelli marrone scuro, impediti nel crescere da molteplici bruciature sul volto del vecchio. Con uno sguardo glaciale rivolto agli uomini legati al centro della stanza si tolse il cappotto, anch'esso nero, rivelando un'uniforme da militare con un distintivo assegnato ai generali sul petto. L'uomo doveva essere sulla cinquantina anche se sembrava più anziano a causa delle multiple ferite sul corpo e sul volto martoriato e il suo sguardo severo faceva trasparire odio nei confronti di tutto e tutti. Il militare estrasse dalla cintura una pistola e, rigirandosela tra le mani, iniziò a parlare con voce roca e profonda ai quattro uomini, impietriti al centro della stanza fiocamente illuminata: <<È un piacere rivedervi signori; ho potuto constatare di persona il vostro fallimento di ieri, non siete stati male in realtà, ma ovviamente non mi aspettavo nulla di meglio da Shi, Kirai e il suo allievo.>>. Pronunciò le ultime parole non nascondendo un certo disprezzo nella voce. Aggiunse poi: <<Mi avete aiutato in realtà: ho accertato il potenziale del ragazzo. Ormai però voi mi siete inutili, avete compiuto il vostro lavoro, è giunto il momento per noi di separarci.>>. Detto questo si avvicinò ai quattro uomini che tremavano alla sola presenza dell'uomo, fece come per slegare i nodi che imprigionavano i quattro sicari ma si fermò, una luce brillò nei suoi occhi e con un sinistro sorriso sul volto si voltò incamminandosi verso la porta. Gli uomini legati temevano di proferire parola per aggravare la loro posizione, il militare prima di uscire si girò di scatto e sparò ad uno a caso dei quattro uomini, lasciando gli altri bloccati nella stanza con il cadavere; in questo modo gli altri tre sarebbero morti annaspando nell'odore nauseabondo del morto e mangiati ancora vivi dai topi che pullulavano nell'edificio. Fatto ciò si chiuse la porta alle spalle e tra le risate uscì dall'edificio spegnendo le luci.

Erano passate due settimane dall'incontro con i quattro sicari e alla locanda Korosu la tensione era palpabile, Shi continuava noncurante il suo lavoro al bancone e come tramite tra assassini e procuratori di lavoro, mentre Kirai non era uscito dalla sua stanza dal fatidico avvenimento: aveva visto in prima persona la spietatezza con cui Hikari stava per uccidere l'uomo che aveva avvelenato prima che venisse fermato e ne era rimasto sconvolto. Il maestro si rifiutava di allenare Hikari per paura di non potergli impedire in futuro di macchiarsi irrimediabilmente di sangue, il ragazzo, dal canto suo, aveva continuato a curare la sua piantagione di fiori in camera e ad allenarsi da solo nella pianura situata vicino al lago fuori città grazie agli insegnamenti di Kirai.

Amore rosso sangue - Aconito e CrisantemoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora