Hilde sussultò e le sue guance divennero cineree per l'imbarazzo. A differenza di tutte le altre persone, la ragazza-fin da quando era una bambina- quando si vergognava, invece di arrossire, impallidiva, fino a diventare una bambola di porcellana. Questo anomalo fenomeno proveniva da tutte le generazioni della sua famiglia. Una volta sua madre le aveva raccontato di un lontano avo, un commerciante di tessuti, che era diventato pallido, a causa di una brutta figura prodotta ad un ricevimento. Le aveva anche confidato dell'imbarazzo di una bisnonna-una cortigiana di Enrico VIII- la quale, oltre a serrare le labbra, era sbiancata in volto per la vergogna. Anche Marion era impallidita per il disagio: magari per un dolce non lievitato, o per uno skecht comico improvvisato nella toeletta, magari anche per i capricci infantili della piccola Hilde, resi pubblici dagli occhi indagatori dei passanti.
Suo padre impallidiva per qualsiasi cosa, sia per l'ira che per l'imbarazzo. In realtà il defunto pater familias avrebbe passato la sua vita a vergognarsi, se non fosse stato per l'incendio.
Il ragazzo che l'aveva difesa dalla stupidità dei giovani Hitleriani si avvicinò sorridendo. La ragazzina abbassò lo sguardo. Quel sorriso caldo, puro e melanconico allo stesso tempo la saturava da ogni parte di rassicurazione e quiete, come se quel misterioso giovane fosse un misterioso principe azzurro fuggito dalla sua favola.
Le favole non esistono, Hilde! Hai tredici anni, non sei più una bambina!
La voce stridula della direttrice della casa famiglia, in quel momento, stillò nella sua mente, in fiotti oscuri e invisibili. La giovane si morse il labbro e strinse tra le mani il suo libro, fino a farlo affondare nel petto privo di seno. Le favole esistono, l'ho sempre saputo. Questa guerra è solo una favola orribile, questo Hitler è l'antagonista di questa favola e tutti i suoi collaboratori sono aiutanti malvagi. Ci sarà un lieto fine.
-Ma tu guardali.....tranquilla, non farci caso a loro. Sono degli idioti!- bofonchiò il ragazzo, raggiugendola. Hilde alzò lo sguardo e realizzò di quanto il figuro fosse alto. Era così alto che sfiorava il cielo ed eclissava il sole.
-Non mi sono accorta di loro.- si scusò ella timidamente. -Non ho sentito le loro risate- soggiunse. Il giovane la prese per mano e la trascinò per tutte le strade di Berlino.
-È naturale, ti sei immedesimata così tanto in Rodja che non hai avvertito neanche una sculacciata!- la giustificò
- Lo pensi davvero?- chiese Hilde con lentezza
-È così. Raskolnikov, con le sue fragilità, il suo narcisismo, la sua freddezza è un personaggio davvero complesso da interpretare.- incalzò il ragazzo. Restarono in silenzio per dieci minuti e continuarono a camminare sempre più velocemente.
-Ti ringrazio, ehm.....- mormorò la ragazzina
-Marcel, Marcel Mangel. Ma nell'arte sono Marcel Marceu.- la interruppe egli, presentandosi
-Mi chiamo Hilde, Hilde Fünestrasse. Non ho un nome d'arte, mi spiace.- replicò la ragazza, tenendo gli occhi bassi
-Bel nome. Non è grave, troverai il tuo nome d'arte con il tempo.- ribattè Marcel senza scomporsi
-Come ti devo chiamare? Mangel o Marceu?- lo interrogò la ragazza.
-Mangel, Marceu.....non c'è differenza.- rispose il giovane. Ad un tratto si fermarono in mezzo alla strada. Un gruppo di soldati stava attraversando la strada. Erano totalmente identici: stessi capelli biondo platino rigorosamente pettinati, stessi occhi azzurri lucenti e fieri, stessa camicia bruna stirata contrassegnata dalla svastica, il simbolo odiato e adorato da tutti. Le gambe dei giovani si muovevano a tempo, per seguire senza benché un minimo errore la voce e le parole delle canzoni del regime, ripetitive e carismatiche. Il passo d'oca echeggiava per tutta la città, facendo alzare bracci umani verso l'alto. Migliaia di voci gridavano una strana frase.
-Heil Hitler!-
-Heil Hitler!-
-Heil Hitler!-
-Heil Hitler!-
Hilde osservò perplessa l'anomalo gesto compiuto dai passanti. Chi era Hitler? Perché dicevano Heil? Che significava la svastica? Doveva capire.
-Marcel, perché la gente dice Heil Hitler?- domandò al ragazzo. Egli sospirò e roteò gli occhi di un nero intenso.
-È un segno di rispetto per il nostro Fürher. Heil in tedesco vuol dire "ciao". È un saluto, in sostanza.- spiegò
-Ma chi è questo Hitler? Perché vuole tutti questi saluti? Se li merita?- incalzò Hilde, sperando in cuor suo di non irritare il ragazzo con le sue domande incessanti.
Il giovane aggrottò le sopracciglia, impegnato a cercare una risposta adatta a quella ragazzina innocente e ignara della terribile realtà che stava opprimendo il mondo.
-Hitler è un pazzo e i pazzi vogliono sempre essere salutati, perché così dimostreranno la loro superiorità per il resto della loro vita.- disse con lentezza
-Un pazzo? Ma se è pazzo dovrebbe stare in manicomio!- ribattè Hilde
-Perchè allora fa ripetere a tutti uno strano saluto, un'invocazione alla Germania. Perché fa alzare il braccio?- aggiunse incuriosita
-È una domanda difficile a cui rispondere.- confessò Marcel
-Sai, ci sono certe cose che neanche dei tredicenni possono capire.- disse poi, guardandola con attenzione.
-Ma questo Hitler quando smette di comandare?- chiese Hilde
-Non lo so.- replicò il giovane uomo.
Dopo un lungo tragitto, raggiunsero un negozio di giocattoli. La vetrata era chiazzata da una scritta composta dalla vernice rossa. Era sbavata da tutte le parti e recitava "Muori, Giudeo!" in tedesco. Hilde avvertì un'amara sensazione di dolore e tristezza pronta a salire nella gola sottoforma di bile. Cercò di non piangere per l'indignazione, per non fare brutta figura con il nuovo amico, il quale emise un sospiro di fastidio e irritazione.
-Che cos'è un Giudeo?- domandò ella debolmente
-Un ebreo. Sono ebreo, sai?- replicò Marcel
-Ma voi ebrei non avete fatto nulla di male. Perché i nazisti sono così cattivi?- insinuò Hilde. Marcel, questa volta, restò in silenzio e aspirò un filo sottile di fumo da una sigaretta.
Hilde pianse in silenzio, per le ingiustizie nei confronti degli ebrei, per i nazisti costretti a marciare per l'eternità, per le persone che avrebbero ripetuto "Heil Hitler!" e "Germania, svegliati!" e per il Fürher, il povero pazzo dispotico.

La rosa e l'attore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora