All'improvviso, Hilde sentì una mano accarezzarle la testa delicatamente. Il piccolo petto sussultò, fino a far voltare il capo di ella verso il viso di Marcel, disteso dal sorriso di rassicurazione sul volto diafano.
La mano scendeva lentamente e saliva con eleganza, ovviamente con semplice voglia di consolare un'anima sola come lei, un'anima sola in quel mondo di lupi marchiati da quel sole corrotto. Le lacrime scorrevano copiose sul visiono di Hilde, che si contraeva e si deformava in spasimi di disperazione e di sconforto, anche di delusione nei confronti della Germania. Credeva che fosse una città moderna, solidale e attenta ai bisogni degli stranieri, invece era un ammasso di xenofobia ingiustificata nei confronti di un gruppo di persone che non avevano mai sfiorato una persona con una pistola.
Sua madre lo diceva sempre: Berlino era un posto ambiguo. Certe volte poteva essere illuminato, altre volte ristretto in un vortice ignobile di razzismo e di ignoranza. La Germania era inaffidabile.
Le spalle sussultavano ininterromente, come se un attacco di epilessia stesse torturando la povera fanciulla.
-Sono felice che tu stia piangendo per me o per qualsiasi altro ebreo che vive qui, ma sono sicuro che tutto andrà per il meglio.- la rassicurò il ragazzo, mentre continuava ad accarezzarle il capo con fare fraterno.
-Non è vero! Nicola II finanziava i Pogrom! Sono sicura che tutto finirà con la strage di voi ebrei.- replicò Hilde in lacrime
-Ma era un'epoca diversa, ora ci sono persone che la pensano diversamente e che stanno combattendo per difendere le loro idee, seppur contro il regime nazista.- osservò egli
-Chi sono?- sussurrò la ragazzina, asciugandosi le lacrime con le dita
-Sono i combattenti della resistenza. Sono come dei cavalieri.- rispose Marcel
-Sai se ci aiuteranno?- chiese la ragazza
-Ne sono sicuro.- affermò lui
-Io non voglio stare qui! Voglio andare in un posto dove nessuno dica niente contro gli Ebrei.- protestò Hilde con fare infantile
-È impossibile. Nel mondo ci saranno un milione di seguaci di Hitler.- replicò sconsolato il ragazzo. -Comunque, so che tutto questo finirà. Fidati di me.- soggiunse
Hilde, lentamente smise di piangere e sorrise. Marcel era così gentile con lei, era il fratello maggiore che avrebbe sempre voluto avere. Non le importava nulla della sua religione, sarebbe stata al suo fianco in qualità di amica e anche sorella, se fosse stato necessario. Cominciava a voler bene a quell'artista già affermatosi in locali bui e semilluminati dalla luna. Chissà se a Marcel stava simpatica? Chissà se la considerava come una sorella o semplicemente come un'amica? Chissà se.....
No, si erano conosciuti soltanto da due ore, da cinquanta minuti e da trenta secondi, non sarebbero mai stati fratelli. Mai.
Ad un tratto echeggiò il cupo rombio di un furgone, il quale stava oltrepassando le strade. Da esso dondolavano bistecche di vitello, polletti profumati e filetti di manzo, lucenti e rossi.
Marcel sussultò nel vedere il veicolo.
-Hilde, scusami, devo andare, ho del lavoro da sbrigare in macelleria.- la avvertì sbrigativo
-Va bene. Ci rivedremo, un giorno?- chiese
-Non lo so. Ma sarà la Dea Bendata a decidere.- replicò il giovane, facendo un occhiolino alla fanciulla. Dopodiché, il giovane artista scomparve tra il rombo delle ruote sul selciato e le grida invasate dei nazisti, grida rivolte al loro signore, al loro Fürher.**********************************
Due giorni dopo il primo incontro, Hilde stava passeggiando lungo la strada della città. Era notte. La luna inargentava le strade grigie, ora sfumate da una dolce pennellata di bianco e azzurro vellutato. Le case erano intessute dal silenzio del sonno e del torpore dei cittadini, pronti a riposarsi per affrontare una nuova sfida, un nuovo pezzo della loro vita e una nuova giornata. Mentre camminava, intirizzita dal freddo notturno delle ventitré, Hilde sognava di essere in una di quelle case, alcune punteggiate da qualche finestra gialla. Sognava un tè con cui bagnare le labbra mentre guardava l'ennesimo film con Charlie Chaplin. Sognava un letto di piume su cui sfogliare pagine di Dostoevskij, di Voltaire e di Wilde, mentre rose rosse, glicini, margherite chinavano i capi variopinti nei loro vasi di vetro, mentre uno spiffero gentile penetrava nella stanza. Sognava un giorno di condividere il desinare con una famiglia, con un fratello e con una sorella. Cose che lei non aveva più da tempo immemore, da quando l'incendio aveva distrutto ogni cosa che amava. I suoi genitori,la Svezia e i suoi sogni. Cercava ancora di ricordare quei giorni di bellezza, di neve e di lietezza, ma la tristezza, talvolta cercava di trascinarlo nel baratro, di rovinarla.
Ma adesso, ora che Marcel era nella sua vita, poteva essere felice. Non sarebbe mai stato un amante, ma almeno avrebbe avuto una sorta di fratello maggiore da imitare. Avere Marcel come fratello. Le bastava soltanto questo, nient'altro.
Mentre pensava a ciò, si imbattè in una locanda illuminata da un lampione fioco. La ragazza, incuriosita, si avvicinò e con suo grande spavento vide il disegno del Furher, il volto del Bau Bau di cui tutti, in quei giorni, parlavano con devozione malata.
Il viso di Hitler era di un pallore spettrale, mai attraversato dal rossore delle guance. Occhi scuri allucinati tagliavano la carta su cui erano stampate parole in tedesco che Hilde non riusciva a leggere. Baffi squadrati coprivano le labbra sottili, chiuse ostinatamente.
Portava la stessa camicia dei soldati di prima. Una camicia marrone piena di distintivi, croci di ferro. A destra si trovava la svastica, un sole dai raggi spezzati verso il basso.
Sebbene fosse spaventata, Hilde non osava allontanarsi. Le sue gambe non cedevano, la trattenevano al suo posto, in quell'angolo in cui c'era il lampione e la locandina.
La paura e l'incanto stavano soffocando la ragazza, la quale non riusciva a prendere una decisione. Aveva provato paura ed attrazione quando, sul libro di storia, aveva visto gli occhi allucinati del monaco pazzo. Ma in quel momento la terrorizzava più un dittatore, piuttosto che un monaco che aveva cercato di sedurre la zarina.
Era ancora intenta ad osservare la locandina, quando un'ombra nera si avvicinò a lei.
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La rosa e l'attore
Historical FictionTre Boy I love is up in the gallery the boy I love is looking at me Hilde ha un sogno, un sogno che volteggia su un palcoscenico, truccato da una pesante cipria e da un leggero rossetto rosso. Un sogno che immagina scene, oggetti ed eventi reali r...