0.1 Il primo giorno

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Non sono mai stato un ragazzo di tante parole.
La gente parla, parla tanto, parla di tutto e di niente, spesso per giudicare come se a loro fosse concesso da una chissà quale identità divina.
Io la trovo patetica.
Giudicare chi, cosa?
A che fine? Per guadagnarci cosa?
Niente se non qualche attimo di attenzione.
Patetica.
Fa qualcosa per migliorare la propria vita?
Assolutamente no.
Rompe soltanto i coglioni, infangando il nome di altre persone .
Io sto zitto e medito.
Medito tanto, medito a lungo e sapete cosa?
Ci guadagno.
E anche tanto.

Strizzo gli occhi, sfregando il dorso della mano tra il naso e l'occhio destro, intontito.
Non avrei dovuto bere così tanto la scorsa sera, mi fa male la testa.
« Mh».
Apro gli occhi, trovando una chioma scura appoggiata al mio petto ed un braccio a circondarmi la vita.
Oh, giusto.
La ragazza con la quale sono andato a letto ieri sera sta dormendo beatamente, spalmata su di me.
Non mi lamento, è stato piuttosto divertente passare la notte con lei.
Sposto con cautela il suo braccio, liberandomi dalla sua presa per andare a fare una doccia.
Una doccia ghiacciata.
Odio il freddo, ma senza la doccia fredda non riesco a svegliarmi completamente la mattina.
Ieri sera abbiamo fatto un casino assurdo, mi sorprendo del fatto che la security non sia venuta a farci una lavata di testa.
Meglio così , mi stavo divertendo troppo per iniziare a litigare.
Il mio riflesso allo specchio non sembra tradirmi: mi sento come se fossi appena sceso dal Rolling Stone ma fuori sembro essere fresco come una rosa.
Ridacchio, facendomi la barba e lavandomi i denti.
Torno in camera, trovando la mora ad osservarmi con un sorriso sulle labbra.
« Ben svegliata.»
Dico, lanciandole una veloce occhiata.
Avevo buon gusto senza dubbio.
Apro l'armadio , facendo scorrere la porta a scomparsa.
« Mh. Buongiorno a te.»
Biascica con voce fioca.
Agguanto un boxer blu e dei jeans, facendo cadere a terra l'asciugamano che tenevo in vita.
Non mi vergognavo, non avrebbe avuto senso.
Fino a poche ore fa, eravamo avvinghiati l'uno all'altro, nudi.
Sarei stato ipocrita a coprirmi davanti a...non so il suo nome.
« Se vuoi, puoi farti una doccia e scendere a fare colazione prima di andare via.»
La informo, infilando gli indumenti scelti.
« Da sola? Pensavo che l'avremmo fatta insieme.»
Mormora, passando le mani smaltate di rosso sulla mia schiena, disegnando cerchi immaginari.
« Non posso, ho un impegno.»
Taglio corto, prendendo una camicia bianca dalla stampella.
« Ed é più importante di me?»
Mormora, percorrendo una scia dalle scapole al cavallo dei pantaloni.
Socchiudo gli occhi, prendendo un respiro profondo.
Mi ero decisamente divertito.
Mi giro, ritrovandola completamente nuda davanti ai miei occhi, con uno sguardo "innocente" ad adornarle il volto.
Audace.
Passo la lingua sul labbro inferiore, sorridendole.
« Scusami, bella, ma davvero non ho tempo per questo. »
Ribatto, continuando a fissarla negli occhi mentre il mio indice parte ad accarezzarla dalla mandibola, passando per il seno fino ad arrivare alla sua essenza, dove si ferma, annullando il contatto.
Gli occhi chiusi, la bocca socchiusa, il respiro pesante.
Adoro essere bramato, non posso farci niente.
Mi infilo velocemente la camicia, camminando fino alla scarpiera, dalla parte opposta della stanza.
Prendo un paio di scarpe bianche con dei calzini dello stesso colore.
Lancio un'ultima occhiata allo specchio attaccato al muro, cogliendo la ragazza ancora lì, ferma ed immobile.
« Ciao.»
Saluto, uscendo definitivamente dalla stanza.
La cosa bella di essere il capo della confraternita era quella di accaparrarsi la stanza più grande.
Nella mia, era rimasta una camera in più.
Indovinate chi la utilizzava? Esatto, io.
Non avrei di certo permesso a tutte le ragazze che mi portavo a letto di sbirciare tra le mie cose.
Odiavo i ficcanaso.
Percorro velocemente il corridoio dalle mura di legno, fino ad arrivare alla porta rossa. La mia stanza.
Sfilo la catenina d'oro dal collo, impugnando la chiave a doppia mappa.
Una volta nella stanza, mi dirigo verso la scrivania, prendendo lo zaino di tela che avevo preparato la sera prima.
Odiavo non avere le cose pronte a quando mi servivano.
Fisso l'intera parete di libri e espiro.
Le lezioni erano appena cominciate.
Esco dalla stanza, rinchiudendo bene la porta alle mie spalle.
Scendo le scale a due a due, ritrovandomi un salotto sudicio, pieno di bicchieri rossi con briciole in ogni dove e Brett disteso a pancia in su sul divano, con un rivolo di saliva che fuoriesce dalla bocca.
Il solito alcolizzato.
Prendo una nocciolina da una scodella trovata su un mobile, per lanciargliela dritta in fronte.
Il rosso salta irrequieto, tossicchiando.
« Ma che cazzo...»
« Buongiorno Pisolo, dormito bene?»
Chiedo, fissandolo divertito.
Lui ringhia, massaggiandosi la parte colpita.
« Stavo meglio cinque secondi fa.»
« Vi conviene pulire questo casino prima di sera.»
Proclamo, entrando nella cucina, dove Duke sta facendo colazione.
« Bella.»
Esordisce, con un cenno della testa.
Duke Evans era seduto su uno sgabello rosso, a petto nudo, occupato a divorare delle uova strapazzate.
« Buongiorno anche a te.»
Saluto, prendendo un piatto dalla dispensa per riempirlo con uova e bacon.
« Come mai già in piedi?»
Chiede, con sguardo confuso.
« Oggi inizio il tirocinio. Tu?»
Spiego, versando del caffè in una tazza blu.
« Ah, il tirocinio. Io volevo andare a correre. »
Confessa, passando una mano nei capelli castani.
« Non hai corso abbastanza stanotte con quella ragazza ?»
Lo stuzzico, ricavando un dito medio.
Ridacchio.
« Quella è peggio di te. Non appena finito si è rivestita ed è tornata di sotto a ballare!»
Proclama sconvolto, sgranando gli occhi grigi.
Il suo accento britannico mi faceva ridere.
Ancora non mi era chiaro come mai dall'Inghilterra avesse deciso di trasferirsi a Chicago.
Duke era il mio braccio destro e a contrario mio, a lui importava di tutti. O quasi.
Diciamo che tra i due io ero lo stronzo e lui il bravo ragazzo.
« A proposito di ragazze, su di sopra c'è una mia "amica". Te ne occupi tu?»
Chiedo retoricamente, finendo in fretta la mia colazione.Sicuramente se ne sarebbe occupato lui.
« Ancora?»
Chiede sgomento.
Alzo le spalle ed ingurgito l'ultimo boccone, prima di dargli una pacca sulla spalla ed uscire dalla casata degli Alfa.

« Allora, lei è Devon Linus Adams, il tirocinante in oncologia, giusto?»
Chiede l'infermiera, una certa Margot. È una signora sulle sessantina.
Ha due fondi di bottiglia al posto degli occhiali ed una acconciatura che andava di moda negli anni ottanta. Forse.
« Esattamente.»
Confermo, con un sorriso di cortesia.
« Benissimo. Il dottor Green la aspetta nel suo ufficio. Secondo piano, prima porta a destra.»
Proclama, facendomi annuire.
« Perfetto, la ringrazio.»
Sorride di rimando.
« Buona permanenza.»
L'ascensore mi porta al secondo piano ed una volta davanti all'ufficio, busso con decisione, finché un "Avanti", non mi permette di aprire la porta che mi separa da quello che sarebbe stato il mio mentore.

Nathan Green era un uomo sulla quarantina, dai capelli neri e gli occhi azzurri.
Era uno dei migliori oncologi del paese.
« Buongiorno signor Green.»
Proclamo, ricevendo in risposta un sorriso ed una stretta di mano.
Non capisco perché la gente debba sorridere così tanto.
« Ciao Devon, accomodati pure, sono subito da te.»
Dice, digitando velocemente sulla tastiera del computer.
Faccio come mi viene detto, accomodandomi sulla sedia di tessuto.
Odio queste sedie, sono noiose.
« Allora, Devon, elettrizzato per il primo giorno?»
Chiede allegro, dedicandomi tutta la sua attenzione.
Mi stampo un bel sorriso in viso.
« Sinceramente, non vedo l'ora di incominciare.»
« Benissimo! Vieni con me, ti mostro il tuo ufficio ed il piano di cui ti dovrai occupare.»
Confessa, uscendo dall'ufficio e facendomi strada lungo il corridoio dalle mura bianche.
L'odore di disinfettante non mi faceva né caldo né freddo ormai.
« Questo è il tuo ufficio con la tua scrivania, i tuoi mobili, il camice. Poi qua c'è un piccolo bagno e di qua una piccola branda per riposarti quando  avrai i turni più pesanti.»
Annuisco, toccando il camice immacolato.
« Farai bene ad indossarlo subito, perché ci sono già i primi pazienti ad attenderti per la visita settimanale.»
Confessa, passandomi uno stetoscopio.
« Contiamo molto su di te Devon, il tuo aiuto sarà prezioso.»
Continua fiducioso.
« Farò tutto ciò che è in mio potere, dottor Green.»
Sorride, stringendomi la mano nuovamente.
« Ne sono certo. I primi pazienti aspettano di essere chiamati, la pausa pranzo é alle 12:30. Ti auguro un buon primo giorno, Devon.»
« La ringrazio, dottor Green.»
Si dirige verso la porta.
« Chiamami Nathan!»
Esordisce , prima di lasciarmi da solo, nel mio ufficio.
Che il mio primo giorno abbia inizio.

Buondì girasoli 🌻
Allora, ecco qui il primo capitolo come promesso.
Cosa ne pensate? Rispecchia l'idea iniziale che vi eravate fatti del nostro Devon?
Preferite le grandi o le piccole città?
Un bacione ❣️

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