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༺ ❝ 𝐑𝐞𝐝𝐢 𝐚𝐝 𝐩𝐫𝐚𝐞𝐭𝐞𝐫𝐢𝐭𝐮𝐦❞ ༻
— Back to the past;
𝟸𝟸 𝚍𝚒𝚌𝚎𝚖𝚋𝚛𝚎 𝟷9𝟾𝟾;
𝕰ra testardo, ostentava la sua ricchezza, un viziato e un codardo, ma la stesso ragazzino che si prendeva gioco dei suoi coetanei, per tutto quello che non possedevano si interrogava sul motivo per cui non afferravano la madre per mano, eppure non riusciva mai a trovare una risposta ben precisa al suo insignificante quesito.
Adorava le torte di mele, l'odore della frutta appena raccolta e del cuoio pregiato, odiava la consistenza che il gel per capelli avesse, ma ne adorava il profumo fresco, era ammaliato dal brilluccichio dei gioielli che la madre portava ai lobi delle orecchie ma era nauseato dall'odore dell'acqua di colonia del padre, c'era qualcosa però che lo portava a espirare il profumo a pieni polmoni.
Era di qualche centimetro più alto dei ragazzini della sua età ma ciò non gli impediva di mettersi in piedi sullo sgabello nel bagno, frugava tra le mensole di legno di noce finché non trovava la boccetta dalla forma sferica. Spuzzare il contenuto sui suoi indumenti appena lavati lo faceva sentire sicuro di sé, proprio come il padre, si sentiva invincibile, come se ovunque mettesse piede potesse lasciare un'impronta con il suo prezioso nome.
Ogni volta che accadeva l'elfo domestico lo aiutava a nascondere la malefatta nonostante rischiasse di essere punito severamente, ma lui teneva così tanto al ragazzino che sarebbe morto pur di proteggerlo, non per dovere ma per volere.
Era stupito dalla velocità con cui ogni qualvolta che il contenuto fosse quasi giunto al termine veniva rimpiazzato da una boccetta nuova di zecca. Ripensandoci non c'era molto di cui essere sorpresi, il padre era un uomo esigente.
Così esigente che spesso i lineamenti spigolosi e virili dell'uomo trasparivano insoddisfazione. Le sue parole amare si conficcavano come spine invisibili nella pelle delicata del bambino, spine che a lungo andare si sarebbero tramutate in lame incandescenti che avrebbero afflitto la sua anima tanto da cospargerla da cicatrici indelebilmente latenti.
Di giorno in giorno si aspettava sempre di più, ma il padre e il figlio seguivano un ritmo diverso, si contrastavano così tanto che a volte l'uomo dubitava che nelle vene del bambino scorresse il suo stesso sangue.
A volte giurava a se stesso di non aver sentito i propri genitori discutere, si circondava di illusioni convincendosi che potessero donargli tutto il calore di cui avesse bisogno. Ogni volta era sempre la stessa storia, bastava che la madre gli lanciasse uno sguardo che durava più del solito, era come se i suoi occhi parlassero e in quei momenti gli intimavano di andare via, lui sapeva di dover salire le scale, entrare in camera e chiudere a chiave la porta della sua cameretta piuttosto spoglia.
Quella volta era diverso.
Le piccole mani fasciate dalla garza ingiallita dell'elfo afferrarono quelle del ragazzino, « Andiamo fuori signorino. » avrebbero giocato a nascondino, o meglio il ragazzino si sarebbe nascosto e l'elfetto avrebbe contato di turno in turno, proprio come avevano sempre fatto. Di solito la ricerca durava ore, il bambino era così bravo a nascondere sé stesso così come ciò che avrebbe voluto dire, a volte perché aveva troppa paura di esprimerlo, mentre altre volte credeva fosse così insignificante che non interessasse a nessuno.
Aspettavano visite, molto probabilmente si trattava delle solite noiose riunioni di lavoro del padre, ma una cosa lo fece ricredere « Mi raccomando, sii gentile. », gli intimò il padre.
Gentile con chi?
Eppure quando succedeva si assicurava sempre di augurare un disinteressato "buongiorno" agli ospiti. Prima di poter uscire in giardino dalla porta posteriore sentii un altro elfo annunciare l'arrivo di una certa famiglia.
« Aspetta, ciò vuol dire che avrò qualcuno con cui giocare. » pensò il bambino attraversando l'angolo esterno della struttura. Sicuramente sarebbe stato alla sua altezza visto che suo padre li aveva invitati nella loro dimora.
Un terzo elfo apparì girando l'angolo dell'imponente struttura.
Il volto del bambino si cosparse di un velo di delusione, non avrebbe dovuto avere aspettative così alte o forse non doveva darsi per vinto, due ragazzini si avvicinarono. Erano molto più alti di lui, cercò di intravedere oltre il corpo del ragazzo.
« Coraggio, non sarà poi così male. » disse il ragazzo alla destra voltando alle sue spalle il capo.
« Io non volevo venire qui. »
Come si permetteva a dire una cosa del genere quella ragazzina insolente?
Forse é solo spaventata, ripensò il bambino. La raccomandazione del padre risuonò nella sua mente puntuale come una campana. Cercò di essere gentile, si offrì perfino di andare a prendere i suoi giochi e condividere il bottino per quel che poteva.
Non si era presentata, lo ignorava e a malapena parlava.
Fino a quel momento.
« Perché sei qui? » azzardò il ragazzino ponendole quell'insolita domanda.
« Non lo so, e tu perché sei qui? » la voce della bambina era così flebile che poteva essere paragonato a un sussurro frammentato.
« É casa mia! » controbatté.
« Come ti chiami? » era così impegnato a comprendere come far parlare la ragazzina che aveva tralasciato la sua di presentazione, eppure si presentava sempre. Era così deciso nel pronunciare quelle parole che per lui era diventato come un mantra rassicurante.
« Mi chiamo- » la voce del ragazzino fu interrotta bruscamente da un richiamo.
« Torniamo a casa ragazzi, rivedrete il vostro amico la prossima volta. »
I tre ragazzini si avvicinarono alla rispettiva famiglia. Le fiamme di un celeste vivido avvolsero i loro corpi, poi il nulla, tranne le ultime piccole particelle di polvere volante che vagavano nell'aria, c'era solo quello. Nient'altro.
O forse no.
Un gingillo che non gli apparteneva, cosparso da piccole pietre preziose dal taglio preciso giaceva sul prato, parzialmente nascosto tra i filamenti rigogliosi d'erba. Doveva essere davvero costoso.
Lo afferrò tra le piccole mani e con una cura lo portò più in alto che potesse osservandolo alla luce del sole, un riflesso di un azzurro acceso si irradiò sul viso del bambino. Ne fu incantato sin da subito.
Forse avrebbe dovuto restituirlo, oppure no, ci sarebbe stato così bene sullo scaffale alquanto spoglio di camera sua.
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Cult of Chaos; Draco Malfoy
Fanfic❝ 𝕰ra straziante come una Cruciatus, fatale come un Avada Kedavra, ma neanche l'Obliviate più potente avrebbe scacciato via il suo ricordo.❞ Una poesia, un fermaglio e un pugnale, quale sarebbe il vincolo tra questi elementi così diversi tra loro...