Flap. Flap. Flap.
Talvolta Eddie si svegliava ancora con quel rumore nelle orecchie.
Sedeva al tavolo della colazione, imburrava una fetta di pane, leggeva le notizie sportive sul giornale, e i suoi occhi cadevano sempre sulle foto di qualche campionato di tennis, con la solita rete al centro di un campo rettangolare e la palla che andava da parte a parte.
E il rumore si intensificava.
Flap flap flap flap.
Eddie non aveva mai potuto giocare a tennis, a causa del suo asma - come non aveva potuto fare tante altre cose, tra cui seguire i suoi compagni in guerra.
Ma almeno, alle partite di tennis, gli era concesso fare da spettatore.
La famiglia di Paul aveva una bella casa coloniale, tutta bianca, con un portico che affacciava sul giardino, e nel giardino c'era un gazebo, anch'esso in legno chiaro, di betulla, da cui si vedeva bene il campo da tennis.
Eddie sedeva lì, tra i cuscini ricamati, e sorseggiava limonata con la signora Bowel mentre i suoi amici giocavano.
Flap, flap, faceva la pallina, rimbalzando sulle racchette.
Jack si arrabbiava non poco quando perdeva, ma era Paul il più competitivo di tutti - la sua era una passione e la sfida, più che contro gli amici, era verso se stesso.
Aveva avuto un cane da bambino, un bobtail di nome Paddy, tutto pelo ed energia. Paul si divertiva a lanciargli una palla da tennis che aveva trovato per caso nell'erba, l'aveva fatto fino al giorno della morte di Paddy.
Per riparare alla tristezza del figlio, il signor Bowel aveva comprato due racchette e aveva insegnato a Paul a giocare con la palla di Paddy - un modo di tenere ancora vivo nel cuore il ricordo del cane, come si faceva ogni volta che una creatura abbandonava il mondo.
Il passatempo si era evoluto e in Paul si era fatto sempre più vivo il desiderio di imparare a giocare come un vero professionista.
Si era iscritto a dei corsi, aveva assistito ad una sfilza di partite, trascinandovi gli amici, e ogni domenica ne organizzava una nel suo giardino.
Eddie non ne capiva molto, ma rispetto agli altri cinque componenti del gruppo, Paul spiccava in bravura, e forse avrebbe potuto essere una promessa per il mondo dello sport. Forse un giorno Eddie avrebbe potuto leggere il suo nome sui giornali tra quelli dei campioni.
Non c'erano più state molte occasioni per Paul di giocare da quando era entrato nell'accademia militare, ma aveva portato con sè la pallina di Paddy, quasi fosse un portafortuna, e Jack scriveva spesso a Eddie lunghe lettere in cui si lamentava di come Paul stesse sempre a farla rimbalzare contro la parete del dormitorio, disturbandogli il riposo.
A Eddie mancava quel rumore. Avrebbe voluto poterlo riascoltare - che il fantasma di Paul si manifestasse nella sua camera per giocare a pallamuro come nulla fosse.
Insieme al corpo di Paul, erano ritornati indietro anche i suoi effetti personali, e la bara era stata sepolta assieme alla pallina di Paddy, perché i signori Bowel erano convinti che il figlio avrebbe voluto così.
Pochi giorni dopo i funerali, i due coniugi avevano abbandonato la casetta coloniale e si erano ritirati in campagna, a trascorrere gli ultimi tristi anni in solitudine.
A Eddie capitava di passare ancora davanti alla vecchia casa dei Bowel, se prendeva la strada lunga per andare a comperare il giornale anziché quella breve. Era desolata, le piante si erano arrampicate sulla facciata, aggrovigliandosi attorno alle colonne del poritco, protendendosi verso le finestre con le dita nodose. L'erba incolta aveva riempito il campo da tennis e in alcuni punti la pavimentazione di terra battuta aveva iniziato a creparsi.
Quando Eddie guardava quella villa cadente gli sembrava sempre di aver davanti il proprio cuore - diroccato, infreddolito, spaccato.
Per questo spesso gli mancava il coraggio di prendere la strada lunga. Ma quel giorno l'aveva percorsa al ritorno, con il giornale appena acquistato sotto al braccio, e aveva letto le notizie sportive appoggiato al cancello in ferro battuto della villa, tutto arrugginito e con il numero civico che penzolava da un lato.
E di nuovo aveva sentito quel suono - flap, flap, flap - che tanto gli ricordava i battiti che gli mancavano nel petto.
Forse fu per quello che la sera si recò al Foxhole di umore tetro, meno disposto del solito a sorbire le chiacchiere del Re.
Richie frequentava la sua compagnia di amici da due settimane, ormai. Erano trascorsi dieci giorni dal loro battibecco all'Olive, durante i quali si erano incontrati altre quattro volte.
In nessuna di quelle occasioni Richie si era più accanito contro il ragazzino, sembrava aver messo da parte il suo repertorio di battute scomode, gli rivolgeva la parola con cortesia.
Ma Eddie vedeva il divertimento nel modo in cui lo guardava, con quella luce fissa negli occhi neri, sprezzante, tagliente. No, non era solo una luce - era il bagliore che si riflette sul bordo di una lama.
E il ragazzino ne era trafitto ogni volta, anche se Richie chiedeva solo "Ciao, Edward, come stai?", con quella sua voce tutto miele, che adoperava per conquistare le donne.
Probabilmente aveva carpito il suo segreto - era stato sciocco da parte sua dimostrare tanta stizza di fronte ai suoi scherzi - e adesso tentava di farlo cadere ai suoi piedi. Per poterlo schernire, sfruttare o semplicemente spezzargli il cuore, questo Eddie non poteva affermarlo con certezza. Ma Richie sbagliava di grosso, se era convinto che non avesse compreso il suo gioco - peggio ancora, se credeva che Eddie non stesse giocando.
Il Re stava ballando con una ragazza in quel momento, e il ragazzino lo fissava dalla sua poltrona di velluto, con le braccia incrociate al petto.
Aveva addosso una giacca scura, probabilmente cucita su misura data la sua altezza: e infatti gli calzava a pennello, mettendo in risalto le spalle larghe e i fianchi stretti.
Eddie non faticava a comprendere il perché dell'attenzione di tante giovani nei suoi confronti. Era indubbiamente pieno di fascino, al punto che i difetti - il naso un po' troppo grande e aguzzo, l'eccessiva magrezza - passavano inosservati. Anzi, lo rendevano addirittura particolare, così diverso dalla tipica bellezza americana.
Paul aveva quel genere di lineamenti, si ritrovò a pensare Eddie mentre sorseggiava piano il suo bee's knees. Mandibola volitiva, capelli biondissimi, occhi di un blu sbalorditivo.
Anche per lui le ragazze facevano i salti mortali. Chissà se Paul si era divertito a conquistarle insieme a Richie - chissà quanti dei suoi amici avevano passato le serate libere all'accademia a folleggiare con il Re.
Era dovuta a quello la loro gratitudine nei suoi confronti? Al fatto che li avesse aiutati a perdere la verginità?
A Eddie andò il cocktail per traverso. Il sapore del miele e del limone era forte, dolciastro, ma non abbastanza da coprire la punta secca e acida del gin, che gli pizzicò la gola.
Non era abituato a bere alcolici, e da un po' le coppie attorno a lui avevano smesso di volteggiare di propria volontà e avevano iniziato a farlo assieme all'intera stanza.
Spinse un po' più in là il bicchiere ormai semivuoto e accolse con un sorriso Vincent, che tornava a sedersi dopo aver dimenato un po' le anche sul jazz.
-Vuoi ballare, Eddie?- Gli chiese.-C'è un'amica di Richie, molto carina, che potrebbe accettare un invito.-
-No, grazie.- Rispose rapidamente il ragazzino. Per la prima volta, non era la sua timidezza a fermarlo, quanto più il fatto che non era sicuro di riuscire a stare ben saldo sulle gambe.-Vado un istante in bagno.- Aggiunse, sollevandosi.
Camminò con disinvoltura per un paio di metri, poi, proprio mentre superava Vincent, le ginocchia cedettero, e fu costretto ad aggrapparsi allo schienale della sua sedia.
L'amico gli avvolse rapidamente un braccio attorno alla vita.-Stai bene?- Gli chiese, in apprensione.
Eddie si voltò lentamente, cercando di offrirgli il sorriso più rassicurante che poté.
Vincent si preoccupava spesso che potesse avere un attacco d'asma da un momento all'altro, il ragazzino aveva colto non poche volte il suo sguardo su di sè non appena emetteva un respiro più sofferto degli altri.
Gli occhi di Vince, marroni, caldi, si riempivano fin troppo facilmente di terrore, e Eddie si chiedeva spesso se non avesse osservato uno dei loro amici morenti allo stesso modo. Se non avesse tenuto Sam o Jack o Paul tra le braccia nei loro ultimi istanti di vita con le iridi cariche di bontà e lacrime.
-È solo l'alcol.- Rispose, assestadogli una piccola pacca sulla spalla.
Vince lo lasciò andare con titubanza.-Vuoi che venga con te?-
Eddie ridacchiò.-Penso di potermi abbassare i pantaloni da solo.-
-Sai che non...-
-Lo so.- Il ragazzino strinse la presa sulla sua spalla un'ultima volta e si allontanò.
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Myrtle Avenue ✴ Reddie
RomanceBrooklyn, NYC, 1921. Eddie Kaspbrak e Richie Tozier sono solo due ragazzi della Generazione Perduta che si incontrano in un bar.