Cap. 1 Un sogno interrotto...

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Mi trovo per il corridoio della scuola a camminare lentamente; non c'è nessuno, solo una sagoma all'uscita mi fa cenno di raggiungerla.

E' di sicuro un ragazzo, ha una corporatura solida e robusta, sto per raggiungerlo quando...

DRIIIIIIIIIIIIIIN DRIIIIIIIIIIIN DRIIIIIIIIIIIIN

Uffah! E' suonata la sveglia e il mio sogno? Noo, dovevo vedere chi era quel tipo così affascinante. Con un pugno butto la sveglia a terra che smette di suonare e cerco di riaddormentarmi.

-Isabel! Dove sei finita? Sei ancora a letto? Dai muoviti devi ancora fare colazione e poi se non ti sbrighi perderai l'autobus!!- Questa è mia mamma che per l'ennesima volta mi butta giù dal letto con le solite parole. -Solo altri cinque minuti mamma!- rispondo con quella voce che hanno tutti appena si svegliano.

Non ho nessuna voglia di lasciare il mio beneamato letto, la mia camera, l'unico luogo veramente mio perché chiunque osi entrare...
Mi do cinque minuti per pensare alla giornata che sta per iniziare poi mi alzo e vado a fare colazione così mia madre la smette di sbraitare e gesticolare inutilmente. Guardo la tavola, fette biscottate, un barattolo di nutella, una mela e una tazza di caffè.

-Beh- penso tra me e me -Ci sono sempre le stesse cose che mi prepara il mio patrigno: Gerard - che io chiamo affettuosamente Ger.

Mi mancano i pancakes e la cioccolata calda con la panna sopra che preparava mio padre ogni mattina, quando entravo in cucina e mi diceva: -Ecco la mia piccola principessa, come ha riposato questa notte milady?-.

Era l'unica nota positiva della mia vita, ma ci ha lasciati circa otto anni fa, ora che ci penso oggi sono proprio otto anni.

La giornata era triste come tutte le giornate invernali, mio papà non mi aveva salutato e a colazione c'erano solo una tazzina di cappuccino piena per metà e due pancakes sformati e mezzi crudi che aveva cucinato mia madre in fretta e furia; è negata nel cucinare.

Mio padre era dovuto correre in ospedale per un emergenza. -Hanno bisogno di me devo andare...- diceva uscendo. Stava tornando a casa quando è successo; era in macchina con una collega che non conoscevamo ne io ne mia madre (sapevo solo che avevano un figlio più o meno della mia età) e ad un certo punto è sbucata all'improvviso un auto dalla curva in cui doveva infilarsi mio padre e SBAM un colpo improvviso, e poi ci fu tutto silenzio attorno. Circa alle sei di tardo pomeriggio ha telefonato a mia madre l'ospedale dove avevano portato con urgenza il sig. Cross (mio papà); la dottoressa diceva che era una cosa grave e dovevamo andare subito lì, da lui. Ho passato le ultime ore con lui a chiedere cosa aveva, lui mi guardava a stento e non diceva niente ma si notavano le lacrime che scendevano dai suoi occhi azzurri come il cielo in piena estate; le ultime parole che riuscì a dire furono rivolte a mia madre: - Tesoro, ricorda, io ci sarò sempre, nei vostri cuori e negli occhi della nostra piccola creatura-.

Ho maledetto questo giorno miliardi di volte ma non è servito a nulla. Da quel sabato non è entrata una sola briciola di umorismo e felicità. Neppure il sarcasmo erotico di mio nonno Sam e mia nonna Margareth riesce a spegnere il volto pieno di infelicità e stanchezza di mia madre.

Odio ogni tipo di sabato: da quello pieno di gioia e attività a quello triste come quando esci di casa per passeggiare ed è tutto deserto, tutto silenzio...

Tu sei il mio miracoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora