1 cap. In ritardo (come al solito...)

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Dopo mesi non ho ancora imparato ad impostare la sveglia e sono già in ritardo.
La sveglia suona alle 7:30 a.m. ed io sono ancora nel mio letto con il mio pigiama invernale a righe.
Mi alzo con fretta dal letto quasi inciampando sulla sedia della mia scrivania zeppa di pile di libri.
" Amanda sei di nuovo in ritardo! Alzati subito!" Mi incalza mia madre, quasi lo facesse apposta per scaricare la sua rabbia su di me per il fatto che ieri sera mio padre puzzava ancora d'alcool.
Mio padre ama andare al bar ogni sera a sbronzarsi con quelli che considera suoi "amici", per soffocare il rimorso del suo licenziamento e l'incapacità di aiutare la propria famiglia.
La scorsa sera entra dalla porta di casa barcollando, lasciando una scia d'odore d'alcool e subito mia madre si scaglia su di lui cominciando ad imprecare.
"Sei buono solo ad ubriacarti e creare guai! Se veramente ci tenessi ad aiutarci allora non andresti ogni santa sera in quel cazzo di bar" sentii mia madre dal piano di sotto urlare.
Io e mio fratello minore sentivamo ogni notte verso le 2 il rumore di bottiglie di vetro infrangersi sul pavimento e i pesanti passi di nostra madre sul parquet avanzare verso le scale, poi solo grida e buio.
Ci avevamo fatto l'abitudine: la puzza di whisky, qualche bottiglia sparsa sul pavimento della cucina, le urla, il frigo sempre vuoto e il poco amore rimasto dentro questa casa di merda.
Scendo le scale di fretta, dirigendomi verso la cucina senza ascoltare le prediche di mia madre.
Sarebbe meno fastidiosa una mosca che quella donna.
Apro l'anta dove vi ci sono le merendine e ne afferro una casuale, infilandola nel taschino dello zaino già pieno di pacchetti di sigarette.
Mi vesto freneticamente, sbagliando pure il verso della maglietta e sprecando ulteriore tempo nel rimetterla dal verso giusto.
"Buona giornata Amanda! Stai attenta alle lezioni!" Mi grida mia madre dalla finestra di camera sua, agitando il batti panni che si ritrova in mano, mentre corro verso la fermata dell'autobus col fiatone.
Dovrei allenarmi di più.
Inciampo su un marciapiede facendomi male al piede destro ma continuo a correre, finché non arrivo alla fermata.
C'era ancora buio e la neve che scendeva dal cielo mi ricadeva sulle ciglia, facendomi colare un po' di mascara e rendendomi il naso freddo e rosso, sembravo una renna di Natale.
Ad illuminare la fermata c'era un lampione, che funzionava ad intermittenza dando un'atmosfera inquietante.
Mi siedo sulla panchina ad aspettare il bus delle 7:45 con la pelle d'oca alle gambe e i denti che battono per il freddo.

Il bus arriva con 6 minuti di ritardo, frenando di colpo davanti alla mia fermata e provocando un rumore assordante.
C'è puzza di sudore e non ci sono posti a sedere "comincia bene la giornata vedo" dico tra me e me, ma almeno ora sono al caldo.
Mi struscio tra i passeggeri per passare avanti e farmi spazio per timbrare il biglietto.
Ho già avuto brutte esperienze con i controllori e non intendo averne altre.
Le porte automatiche si chiudono e il bus parte.
Sul bus si trovano un sacco di persone lugubri, sfacciate e tanti adolescenti come me.
L'uomo di fronte a me ha circa 70 e con occhiaie ben visibili, barba e capelli bianchi e lunghi,con un cappotto nero che lo nasconde dalla testa ai piedi ed un cappello altrettanto nero con un'aria mezza addormentata e due ragazzi che ascoltano musica Trap a tutto volume senza auricolari.
"Mio dio come gli odio i ragazzi che fanno così" biascico sottovoce.
Alzano i loro capi per guardarmi con in aria incazzata e di sfida, mentre uno inarca un sopracciglio, a quanto pare mia hanno sentita...
Li ignoro e continuo a guardare fuori dal finestrino.
Resto in piedi, aggrappata ad un palo per non perdere l'equilibrio e cadere quando l'automobilista frena di colpo.
"Oddio e ora che succede?!"
Continuo a guardare fuori dal finestrino e vedo una sagoma correre verso la nostra direzione sul marciapiede agitando una mano per farsi notare.

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