4 cap. Bus 17

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Credo sia stata la giornata più lunga e stressante della mia vita: il tempo passava troppo lentamente e sembrava quasi che più guardavo le lancette del mio orologio e più rallentassero.
Erano oramai l'una del pomeriggio e dovevo tornare a casa a mangiare.
Rischio quasi di inciampare tra la folla di studenti nel corridoio ma non succede e finisco per perdere solo qualche libro per strada.
Quando esco a fatica dalla scuola mi ritrovo davanti ai miei occhi una miriade di auto e studenti che vi ci salgono sopra, mentre altri semplicemente salgono sui propri motorini con le proprie fidanzate.
"Dio, ci metterò un'eternità a tornare a casa" ero stufa della scuola e volevo solo tornare a casa ad ascoltare musica e disegnare in santa pace ma d'altronde, siamo oramai a metà maggio e la scuola sta per finire e non avrò più questo problema di traffico.
Guardo Sara e Marco salire insieme in sella sul proprio motorino; stavano davvero bene insieme e almeno loro erano una coppia normale, una coppia che non si lasciava dopo neanche una settimana e non facevano una botta e via come tutti i miei coetanei.
"Ti daremmo volentieri un passaggio ma siamo già al completo, scusa" fa un mezzo sorrisetto di imbarazzo e di dispiacere, per poi accendere il motore e sgommare altrove.
Era palese che non fosse dispiaciuto e che preferisse portare la sua ragazza al posto mio, la sua migliore amica, ma dopo tutto tutti avevano capito che Marco fosse uno stronzo con gli altri ma questo non mi irrita più di un tanto.
Sapevo già a che ora e che bus prendere, quindi cominciai ad avviarmi verso la fermata.
La musica a palla nelle orecchie mi distraeva da qualsiasi pensiero, sia negativi che positivi; era come rinchiudersi in una camera vuota ma allo stesso tempo piena di emozioni che solo tu puoi comprendere a fondo.
Arrivo alla fermata del bus nel momento esatto in cui si ferma e mi spalanca le porte in faccia.
Salgo e timbro il biglietto come al solito.
Timbro sempre il biglietto per paura da quando mi beccarono i controllori senza.
Mi guardo attorno con l'aria di una che stia per addormentarsi in piedi, ma la gente non sembra badare alla mia presenza.
Questo finché non noto lo stesso ragazzo con cui avevo parlato in bus quella stessa mattina.
Al contrario suo, non sembra avermi notato e continua guardarsi le punte dei piedi con aria pensierosa e preoccupata.
Non ci tenevo ad andare da lui quindi resto al mio posto a farmi gli affari miei, anche se non riesco a non sentirmi a disagio sapendo che vi è lui su quest'autobus.

Finalmente arrivo davanti alla mia fermata e scendo dal bus.
Nessuno scende oltre a me e il ragazzo pensieroso: Ecco che mi sale l'ansia, sembrava uno stalker, ma magri (anzi sicuramente) abitava nei miei dintorni.
Un brutto scherzo del destino.
Camminiamo uno di fianco all'altro silenziosamente e a debita distanza, senza neanche guardarci.
Quando stavo per rivolgergli la parola (perché si ero troppo imbarazzata), lui svolta dalla curva e mi ritrovo a camminare da sola come un'ebete.
Forse meglio così...
Arrivo a casa e subito mi fiondo in camera mia. Non voglio parlare con nessuno.
Fumo qualche sigaretta e ascolto un po' di musica, mi fa stare solo bene e poi è sabato.

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