Una situazione tipicamnete adolescenziale

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Per quanto possa essere stato grande il mio sforzo nell'associare il silenzio a momenti di felicità pura - il mio corpo disteso su granelli di sabbia finissima o un'immersione spettacolare in acque calde - per molto tempo ogni parte di me ha continuato imperterrita ad aggrapparsi a silenzi dolorosi.

Il silenzio non è tanto l'assenza di rumori in una stanza, ma la mancanza di pensieri positivi: sono quelli a produrre un piacevole rumore e un considerevole scompiglio in una persona; quelli a dare una scossa vitale al corpo; quelli a farti sorridere anche quando sei stanco, arrabbiato o deluso; ma se mancano quelli, rischi di cadere in un pericoloso, buio e irrevocabile silenzio solitario.

Il silenzio più doloroso è quello che ti travolge improvvisamente tra una cattiva notizia e l'elaborazione dell'informazione ricevuta, il ritrovarsi impreparato in una situazione non programmata e sicuramente non desiderata.

Per un lungo periodo della mia vita, sicuramente troppo lungo, regolarmente sono stata sopraffatta da questo straziante silenzio, che quasi mi soffocava, facendomi all'improvviso ritrovare naufraga.

Ho trascorso innumerevoli ore in attesa su sedie di plastica scomode per poi ricevere altrettante errate diagnosi; conosco perfettamente quale di queste numerose visite mediche sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma credo che non sia rilevante la goccia, quanto l'insieme di avvenimenti che hanno effettivamente riempito il vaso.

In un primo momento, che posso quantificare in un anno o due, impegnandoti al di là delle tue possibilità, riesci ad aggrapparti alla speranza per il terzo; ma poi cosa succede quando il quarto anno ricevi l'ennesima brutta notizia? La speranza si consuma, il silenzio cade dentro ed intorno a te.

Ricordo un ultimo giorno dell'anno trascorso in una sala d'aspetto di uno studio medico, lo stesso che è stato il palcoscenico per l'entrata in scena del mio silenzio; non so se la causa scatenante siano stati i mancati miglioramenti della mia salute o piuttosto le decine di medici che, invece di confessare la loro incapacità di aiutarmi, hanno deciso di etichettare la mia situazione come: "finta, puramente psicologica, tipicamente adolescenziale".

Frasi come queste hanno tormentato i miei sogni e messo alla prova il mio coraggio. Ho temuto di diventare veramente pazza, a furia di sentirmelo ripetere, ma non lo sono oggi e non lo ero allora.

Ancora oggi continuo a chiedermi come un adulto, che ovviamente ha già vissuto la propria gioventù, possa anche solo immaginare che una adolescente voglia volontariamente perdere i cosiddetti "anni più belli della vita".

Quando il 30 dicembre 2019 un ultimo medico affermò con estrema convinzione: "Io posso aiutarti", non gli credetti. Come avrei potuto, dopo decine di suoi colleghi che mi avevano riportato le stesse frasi da copione accompagnate da terapie che ora racconto agli amici per rendere vivace la serata?

Pazzesco come, proprio quando decisi di farmi avvolgere dal silenzio, arrivò la svolta.

Ed ancora più incredibile fu l'inizio del mio viaggio in una nuova vita, che da un anno a questa parte ho iniziato a costruire; nuove esperienze toccate solo da silenzi buoni, leggeri e giovani.

Non ho una data segnata sul calendario che indica l'inizio di questa nuova parte della mia vita: i primi mesi stentavo a crederci, mi sembravano surreali, attendevo una ricaduta ma, con grande gioia, posso dire che non è mai arrivata.

Giorno dopo giorno ho iniziato a scoprire le mie nuove capacità e, un po' come fece Peter Parker con i suoi poteri, sto apprendendo come sfruttarle al meglio. Incontro ancora giorni difficili nel mio percorso, ma finalmente posso considerarli una minima percentuale rispetto alle giornate "buone".

Porto sempre con me il ricordo di una calda settimana d'agosto, quando ho avuto la possibilità di vivere le vita che ho sempre desiderato, ma che non avevo mai avuto il coraggio di sognare perché troppo lontana dalle mie possibilità; in quei brevissimi sette giorni io ho capito il vero significato di felicità. Non ritengo giusto dire che negli scorsi anni io non avessi avuto dei momenti felici ma, anche nella giornata che ho ritenuto per molto tempo la più bella della mia vita, io sono stata male e incapace di vivere appieno quell'esperienza.

Sono indubbiamente fiera di me stessa per tutto quello che ho fatto e che ancora oggi sto facendo per mantenere il mio stato attuale, ma per sempre io dovrò convivere con il tormento che colpisce tutti prima o poi: il tempo andato perduto. Mi sono scivolate dalle mani troppe occasioni che non sono riuscita a vivere; alcune molto banali e altre più importanti. Quindi ora più che mai apprezzo le piccole cose che le giornate mi offrono e il valore immenso che affidiamo al nostro tempo.

Il silenzio per troppo tempo ha affondato le radici dentro di me, ma ora io ho infiniti motivi per fare rumore e per sorridere: non ho intenzione di sprecare la mia occasione di vivere una vera situazione tipicamente adolescenziale.

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