"That place is probably Mi Casa
With you I'mma feel rich
That place is no other than Mi Casa
Turn it on, your switch"🎶 Home, BTS
«Assicurati di aver chiuso l'auto!»Alzai gli occhi al cielo, dopo aver ricontrollato per la milionesima volta.
«È chiusa, omma!»
Presi la borsa, avviandomi verso la villa.
Ci ero stata tante volte, negli ultimi anni, ma mai per restare.
Avevo sempre guardato a quel luogo come a uno di vacanza, dove passare il tempo d'estate o quando mio padre doveva tornare a Seoul, ma il suo trasferimento aveva imposto anche il nostro.
Non che mi dispiacesse.
Mi ero sempre sentita più coreana che italiana e, nonostante tutte le bellezze che l'Europa potesse offrirmi, le cose a cui tenevo davvero erano in Asia. A partire dalla persona che lì, sul vialetto, mi stava venendo in contro con un sorrisone spalmato sul viso.
«Ti trovo bene, sai?» Min-so avanzò verso di me lentamente, un passo dopo l'altro, mentre io abbandonai il borsone ai miei piedi e la raggiunsi, stringendola forte.
«Mi sei mancata terribilmente» le rivelai, mentre lei ricambiava l'abbraccio con altrettanta forza.
Quelle braccia così piccole che sapevano così tanto di casa.
Due anni.
Erano passati due anni dall'ultima volta che avevo messo piede sul terreno coreano, che avevo respirato la stessa aria di Min-so. Ed era così bella quell'aria, fredda nonostante il sole d'inverno e calda da coccolarti d'estate.
Lo ricordavo bene, quel giorno di due anni prima, quando il mondo aveva annunciato una pandemia globale e i governi avevano inziato a introdurre lentamente lockdown su lockdown per mantenere le cose sotto controllo.
Ma non si può controllare una cosa che è già sfuggita di mano.
Due anni erano passati.
Due anni di solitudine.
Due anni di amicizie troppo lontane da abbracciare.
Due anni di clausura.
Due anni in cui avevamo dimenticato cosa fosse un bar, un ristorante, per non parlare di discoteche o stadi.
Due anni in cui avevamo dovuto vivere con la retromarcia, un passo avanti e tre indietro.In quei due anni si era fermata la vita di un sacco di persone e di altrettante si era rallentata in maniera esponenziale.
Quello che era successo era un disastro economico e sociale in ogni dove.
Ne eravamo usciti, ma con falle dappertutto che nessuno capiva come poter ricostruire.
Due anni in cui non avevo messo piede a Seoul, due anni che non rivedevo casa, due anni che non abbracciavo Min-so e... due anni, anzi, tre, che non vedevo lui.
Sapevo che stava bene, sapevo che era cambiato. Non aveva i social che si utilizzano molto in Europa, così mentre io spendevo il tempo soprattutto su Instagram, lui si aggirava su Twitter con dei profili in incognito, per non essere scoperto dalle sue fan.
Ogni tanto mi mandava qualche foto. Il cambiamento era evidente.
Aveva le spalle più larghe, il fisico diverso, più asciutto e tonico, si era lasciato crescere un po' di più i capelli e devo dire che quel look era soltanto un punto in più.
Eppure quando lui svoltò l'angolo, con il cappuccio tirato fin sopra la testa, mi resi conto che nessuna foto avrebbe mai potuto rendergli giustizia.
Perché lui era così. Bello anche da spettinato, anche con un felpone più grande di lui. Era una cosa che gli avevo sempre invidiato, la bellezza.
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Break the silence - and fly like a butterfly
RomanceDAL 24 MARZO SU AMAZON E KINDLE UNLIMITED Park Mirea è per metà italiana e per metà coreana. Vive in Italia da quando è nata, ma è stata spesso a Seoul a causa del lavoro del padre. È proprio lì che da bambina ha conosciuto Jeon Jonghyun, il bambino...