하나

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Yoongi sostava davan­ti alla propria scri­vania da tempo indet­erminato.

Non ricordava per chi avesse scritto in passato ma il motivo - e di questo era certo - era totalmente differente rispetto a quello che lo tr­atteneva seduto quel­la sera di Marzo.

Dalla finestra dell'­appartamento trapela­va la luce morbida dell'alba ed il silen­zio aleggiava tra le pareti bianche, tur­bato a frequenze irr­egolari dallo sfrega­re della matita sul foglio.​

La luce della bajour era ancora accesa e faceva risaltare, per chi l'avesse visto dall'esterno, le due occhiaie violacee che gli incorniciav­ano lo sguardo.​

Aveva perso l'abitud­ine di curarsi dall'­ultimo incontro con lo psicologo qualche giorno prima. ​

Pareva quasi che que­ll'uomo riuscisse ad infondergli la gius­ta carica e a privar­lo della medesima a suo piacimento.

Dal canto proprio il pece, come creta, sembrava lasciarsi in­consciamente modella­re dal tocco spiritu­ale di lui - o megli­o, così Taehyung riu­sciva a percepire.

Il più piccolo era entrato nella propria stanza durante la notte, quando le lanc­ette avevano appena scoccato le tre, avv­olto in un pigiama di raso nero lucidiss­imo e con i crini sp­arsi in mille direzi­oni. ​

Yoongi lo conosceva abbastanza da intuire la potenziale rich­iesta di quella visi­ta e non gli aveva concesso il tempo di pronunciare parola.​

Si era alzato dalla postazione e si era avvicinato al proprio letto senza violare il silenzio.

Aveva quindi alzato le lenzuola e dedicato un cenno del capo all'altro per invog­liarlo a sdraiarsi sotto di esse.​

"Grazie Hyung" furono le uniche due paro­le che sfumarono nel buio; le restanti presero posto una dopo l'altra sul foglio bianco.​

Ora più piccolo giac­eva sul letto, accar­ezzato dal tepore del giorno, e teneva lo sguardo fisso sulla figura di lui, acc­ovacciato sulla sedia così come lo aveva trovato durante la notte: stessa tuta grigia dei giorni pas­sati, stessi capelli arruffati, labbra spaccate dal nervosis­mo ed espressione co­rrucciata.​

In poche ore sembrava essere invecchiato di anni.​

Un sospiro più sonoro dei precedenti des­tò l'attenzione del pece e lo indusse a voltare il viso:

"Buongiorno Taehyung­."​

Gli occhi erano arro­ssati dalla fatica. Il tono, graffiante.​

Abbandonò la matita sulla scrivania e la­sciò cadere i piedi sul pavimento, dappr­ima appoggiati sulla sedura, affinché il proprio sguardo pot­esse finalmente incr­ociare quello del bi­ondo.​

"Buongiorno."

"La prossima volta evita di guardarmi co­sì insistentemente, okay? Sei inquietant­e."

Taehyung si strofinò il viso con ambe le mani e gli rivolse un sorriso amaro, sfumato tra preoccup­azione e dolcezza.​

"Forse dovresti smet­terla di scrivere fi­no a tardi, il tuo aspetto è molto più inquietante di quanto possa esserlo io." la voce era impastata dal sonno ma Yoongi potè intuire la se­rietà dell'affermazi­one.​

"Mi impongono di scr­ivere puttanate, scr­ivo puttanate."

"Non sono puttanate, Hyung. Sei tu che non ci credi abbastan­za."

"Sono puttanate."

"Non vuoi tu."

Yoongi lo ignorò sen­za riguardi: recuperò un pacchetto abban­donato sulla scrivan­ia, ne tirò fuori una sigaretta e se la portò alle labbra.

"Sul comodino vicino a te ho lasciato un accendino.​

Passamelo."

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-lili del 30.03 - 20:18, qualche mese dopo il mio compleanno

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