Capitolo 3 Gemelli detective

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< Allora? Ci sei?>.

< Si, si, scusa Alice è solo che..>. Quelle parole fluttuavano da circa dieci minuti nella mia testa. Mio padre che parla al telefono la notte... Non è successo soltanto ieri. Anche mia sorella lo ha visto, tempo fa. Forse per il freddo, forse perché la situazione mi era alquanto inquietante, ma so solo che una scarica di brividi mi passa per tutto il corpo.

< Julyan... So che è strano. Quando mi hai detto tutto anche io sono rimasta paralizzata. Non mi va di restare ancora qui, nel cortile della scuola>.

< Hai ragione scusa, in quale ristorante andiamo? Mozzarella Bianca?>.

< Quell'enorme ristorante che c'è nell'isolato accanto?>.

< Si, proprio quello>. Riesco pian piano a "risvegliarmi dallo stato in cui mi ritrovavo".

< Ooh, mi stai dicendo che dobbiamo mangiare di nuovo pizza? L'abbiamo mangiata ieri sera> rispondendomi seccata.

< Suvvia, sai che potrei vivere solo di pizza. E tra l'altro è economico e si mangia bene. Andiamo>.

Proprio in quel momento mi accorgo di quanta fame io abbia. Sembra che un mostro mi stia divorando l'intestino. Così ci avviamo verso  il ristorante, camminiamo per circa quindici minuti, poi svoltiamo a sinistra e subito  vediamo quell'insegna luminosa accanto al ristorante, è impossibile non notarla: Mozzarella Bianca. Se non metto qualcosa tra i denti, credo che inizierei ad avere delle allucinazioni. Un cameriere ci accoglie subito all'entrata, ci fa salire sopra, al terzo piano , visto che sotto è tutto occupato e ci porta in un tavolo per due. Quel posto è decisamente stupendo: le mura sono di un colore oro, vi sono varie colonne nella sala, due al centro un po' più grandi delle altre ma tutte di un colore rosso scuro. Infine, una parete è interamente in vetro e la vista è qualcosa di indescrivibile. Tutti i palazzi sono ricoperti di uno strato di neve bianca e di sotto, ci sono macchine che continuano a muoversi, senza fermarsi. Era un'atmosfera fantastica. Vengo interrotto dai miei pensieri da una voce, non di Alice ma di un maschio. Era il cameriere.

< Salve, posso cominciare ad ordinare? >.

< Si.> gli rispondo con una voce di una persona sperduta, tra le nuvole.

< Per me una margherita. Tu Julyan? >. Non mi ero preso nemmeno la briga di leggere il menù ma non importava.

< Eeeh si, anche io una margherita >.

< Benissimo, torno tra una mezz'oretta con le vostre pizze >.

< Grazie mille.> gli risponde Alice.

Inizio a guardarla e prima che cali tra di noi un silenzio imbarazzante le dico < Allora, quindi riguardo a...>.

< Zitto. Parlo prima io. Riguardo a papà, si. Vediamo... Quanto conosciamo papà? Tranquillo non c'è bisogno che mi rispondi, lo conosciamo poco, questa è la risposta. Ed è assurdo che c'è nè accorgiamo realmente soltanto adesso. Cosa sappiamo su di lui? Il suo nome è Rick Johnson, è un medico e... E basta. Ma davvero? Sappiamo solo questo di nostro padre? >. E' raro vedere mia sorella così arrabbiata, così in tensione. Mi verrebbe da ridere, vederla così infuriata mi fa impazzire ma visto il discorso... Non potrei ridere nemmeno con il solletico.

< Hai ragione. Chi è davvero nostro padre? Forse ci stiamo facendo semplicemente dei film mentali ma un uomo che ci nasconde così tante cose del suo passato, un padre che ci nasconde così tante cose, che padre è?

< Già. E quella donna? Quando palava al telefono, parlava con una donna, ricordi? E, se fosse nostra madre? Se fosse una specie d'amante di papà? E se fosse una sorella di papà, e quindi abbiamo una zia che nemmeno conosciamo? E stasera quando lo rivedremo cosa gli diremo? E se poi come faremo stasera quando rivedremo papà? Cosa gli diremo? Cosa...>.

< Scusate, ecco a voi le pizze>.

Per un attimo diventai cieco. Sarei potuto impazzire, la pizza era arrivata! Sembrava non vedessi cibo da mesi, morivo di fame e non sapevo nemmeno da dove iniziare, così, con la fortuna che era già tagliata prendo subito una fetta e l'addento. E' come se la mia bocca stesse ricevendo così tanti sapori da poter esplodere. Era buonissima o forse, era la fame a renderla così buona. Comunque, decido di riprendere il discorso e rispondere ad Alice.
< Stasera faremo finta di niente. Come se non sia successo nulla. Come se io ieri  notte non sono sceso in cucina e non abbia visto nessuno. Faremo proprio finta di nulla>.
< Si faremo così. Hey, ti vedo affamato, sembra che non hai mai visto una pizza in vita tua>. Si nota così tanto che ho fame? Forse si.
< Eheheh cosa te lo fa pensare? >.
< Il fatto che l'hai quasi finita>.
E cominciano a ridere. Come ieri sera in cameretta. È un momento dove tutti i pensieri più brutti scompaiono.
< Alice>.
< Julyan? Cosa c'è?>.
< Stavo pensando ad una cosa. La camera di papà. Il suo ufficio. Non ci siamo mai entrati. Credo che questo sia il momento di farlo, di investigare su papà. Magari troviamo qualcosa tra i cassetti o nel suo computer, chi lo sa>.
< Julyan sei un maledettissimo genio>.
< Ovvio, io sono sempre stato un genio> le rispondo con una smorfia compiaciuta.
< Non ti vantare adesso. Comunque finiamo di mangiare, sono le tre, se riusciamo ad arrivare per le quattro a casa, avremo un intero pomeriggio per poter investigare sulle cose di papà>.
< Come dei detective? > le chiedo io.
< Come dei detective> mi risponde lei con un tono deciso.

                                                                                        ***
Verso le quattro e un quarto arriviamo davanti la porta di casa, entriamo e, ovviamente non c'è nessuno. È il momento perfetto per controllare se troviamo qualcosa di importante. Poso il giubbotto, mi tolgo le scarpe e accendo i riscaldamenti. Fa davvero freddo.
< Julyan, iniziamo dalla camera da letto?>.
< Direi di si> così  saliamo le scale che ci portano al primo piano ed entriamo in camera di papà: un letto matrimoniale nella parete difronte alla porta d'entrata, un armadio alla destra, una scrivania con qualche libro alla sinistra. In effetti, non ci sono molte cose su cui cercare in quella stanza. Così io controllo la scrivania mentre Alice controlla l'armadio. Dopo circa 15 minuti le chiedo
< Trovato qualcosa?>.
< Se delle mutande potrebbero essere interessanti, allora si, ho trovato qualcosa>.
< Che spiritosa. Direi di andare nell'ufficio, che ne dici?>.
< Si, andiamo>.
Entriamo nell'ufficio. Non siamo mai entrati in quel posto, forse perchè non nè abbiamo mai sentito il bisogno, o forse perchè volevamo rispettare la privacy di papà, sta di fatto che non era molto grande: una scrivania al centro con sopra un computer portatile di ultima generazione, la parete sinistra con quattro scaffali pieni di libri, quaderni e carpette, la parete destra con un quadro moderno e... E basta. Anche questa stanza è molto spoglia. Alice accende il computer quindi io mi avvicino a gli scaffali e inizio a controllari. Libri del corpo umano, cartelle di qualche paziente, libri che parlano di malattie e molti fogli inutili. Mi rassegno, sto per dire ad Alice che è tutto tempo perso quando lei mi chiama.

< Julyan, vieni a vedere>. Mi avvicino a lei, e guardo il display del computer.

<  Guarda, tutte queste cartelle, sono senza nomi e...hanno delle password. Sono bloccate con delle password >.

< Diamine, e adesso come...> la mia voce viene bloccata da un rumore. Era la porta dell'entrata di casa.

< Ragazzi, sono tornato>.

Soul Secret - Il Segreto dell'EntitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora