Passarono un paio di settimane da quella famosa cena e per tutti i quindici giorni mi comportai da figlia modello, non che non lo fossi già, lo ero a parte l'argomento "fidanzato", ma mi concentrai a risultare ancora più volenterosa e ubbidiente del solito. Ogni mattina mi alzavo presto per aiutare mia madre a sistemare casa, andavo a fare la spesa e quando tornavo l'aiutavo in tavola. Il pomeriggio lo dedicavo in parte al riposo e allo svago e in parte ai compiti per le vacanze che nella mia vecchia scuola mi erano stati assegnati. Cercai di battibeccare il meno possibile, cosa che mi risulto abbastanza facile ma la cosa decisamente più complicata fu diminuire le mie uscite con Killian. Da quando ero stata dimessa dall'ospedale, a parte il piccolo periodo in cui avevamo perso con lui i rapporti, mi ero abituata a vederlo quotidianamente ma ora, tra i miei che mi controllavano con più insistenza e lui che aveva preso ad allenarsi, le cose erano un tantino cambiate e non riuscivamo più a vederci con la stessa frequenza di prima. Ci vedevamo nel weekend, per una passeggiata o una cena, poi subito a casa. I suoi allenamenti lo tenevano super impegnato e io anche se morivo dalla voglia di vederlo non potevo di certo reclamarlo più di quanto possibile. Furono due settimane davvero difficili, sopratutto la seconda ma poi una piccola gioia mi aiutò a non pensare tanto alla mancanza del mio lui. Cosa successe? Beh.... una cosa che non mi aspettavo di certo. Non solo i miei genitori mi avevano dato il permesso di poter rimanere a vivere a New York ma avevano anche deciso con mia gran sorpresa di restare a vivere qui anche loro. Avevano comprato la casa in cui stavamo alloggiando già da un po', amavo quella casa ed entrambi avevano chiesto il trasferimento dai loro rispettivi lavori. Pur essendo al settimo cielo però la mia prima reazione non fu affatto quella che si aspettavano. Non appena mi comunicarono la notizia non dissi nulla, rimasi ferma a riflettere su quanto detto dopodiche esternai loro le mie perplessità. Ero convinta che avessero deciso di trasferirsi anche loro solo per controllarmi, perché non si fidavano di Killian e avevano paura che io potessi mettermi in guai seri senza la loro supervisione e nonostante loro mi diedero la loro parola che non fosse così, solo in parte magari come naturale che sia, io per i primi due giorni rimasi convinta della mia teoria e offesa dal loro non fidarsi di me non gli rivolsi la parola. Solamente dopo aver smaltito la rabbia e standomene in camera mia immersa nei miei pensieri ragionai sulla situazione e vidi la cosa da un'altra prospettiva. Per cinque anni della mia vita, quelli più duri per una ragazza, i miei genitori non erano stati fisicamente presenti: si erano persi tutto del mio crescere... non hanno mai avuto la possibilità di consolarmi o abbracciarmi quando ero triste, festeggiare una vittoria ottenuta.... niente. Non per questo però sono stati cattivi genitori con me, anzi.... sono stati comunque presenti a modo loro ma nonostante la presenza erano pur sempre distanti. Il loro trasferirsi a New York in fondo non era poi così un cattivo piano, a parte il fattore Killian la loro vicinanza gli avrebbe dato modo di potermi vivere a tutti gli effetti e diventare finalmente una famiglia normale come avevano sempre desiderato. Anche a me questa cosa avrebbe giocato dei benefici però! Mi erano mancati terribilmente in tutti quegli anni, se ripenso ai pianti dovuti alla nostalgia durante il mio primo anno fuori casa ancora mi si stringe il cuore. Questo loro voler restare in fondo, pensandoci bene, non era era affatto un male anzi... avrei potuto finalmente vivermeli come avevo sempre voluto, anche se questo avrebbe portato con se anche l'aspetto "negativo" di vivere con i propri genitori: regole, coprifuoco e chi più ne ha ne metta. Nel pensare a queste cose sorrisi e pentita del mio comportamento corsi da loro a chiedere scusa e a gioire insieme per l'inizio di quella nuova avventura. Chiamai Killian subito dopo per comunicargli la lieta notizia e lui fu entusiasta della cosa, avremmo potuto goderci la nostra relazione senza preoccuparci della distanza, cosa che anche se non lo dava a vedere lo spaventava e ad essere onesti spaventava anche me. Avremmo potuto continuare a vederci tutti i giorni, avrei continuato ad andare a vederlo allenarsi e ancora più importante sarei stata accanto a lui nel vederlo realizzare il suo sogno. Tutto sembrava una favola ma prima di poter prendere con mano quella nuova piacevole realtà e vivere finalmente la nostra storia senza la pura di doverci dividere, dovevamo affrontare ancorra un altro piccolo ostacolo. Avevamo smesso di vederci per via dei suoi allenamenti e del mio protestare verso i miei genitori ma ora che la mia protesta era finita vi era un altro motivo che mi impediva di poter andare da lui: il trasloco.... i miei mi avevano appena avvisata della decisione presa è vero ma loro erano consapevoli della cosa già da un bel po e si erano già portati avanti sia in questioni burocratiche che in fatto di trasloco. Casa era stata letteralmente invasa da scatoloni su scatoloni, non si poteva camminare per quanta roba ci fosse in giro e di conseguenza ero costretta a dare una mano o prima o poi qualcuno inciampando si sarebbe rotto l'osso del collo. Ero una ragazza molto ordinata, odiavo il disordine ma dovermi mettere a sistemare mentre Killian era dall'altra parte della città mi disturbava alquanto. Non facevo altro che pensare a lui e immaginare cosa stesse facendo in quel preciso istante ma la risposta la conoscevo già da me... si stava allenando. "Potrei essere lì con lui a dargli sostegno e invece sono qui... sommersa da scatoloni" esclamavo di tanto in tanto sbuffando qua e la, non riuscivo a capacitarmi ma poi pensai ad una cosa: durante le mie preparazioni gara non ho mai voluto nessuno ad assistere ai miei allenamenti, ero fermamente convinta che portassero solamente a distrazioni inutili: perché per lui avrebbe dovuto essere diverso? Lo conoscevo bene, ero già stata in passato in palestra da lui e in quelle occasioni non aveva fatto altro che distrarsi per guardarmi o mandarmi baci da lontano. Se mi fossi presentata ai suoi allenamenti pregara lo avrei solamente distratto quindi giunsi alla conclusione che forse non era poi un male che avessi delle commissioni da sbrigare e che forse quella breve lontananza avrebbe portato, in capo sportivo, risultati soddisfacenti. Continuammo comunque a sentirci ogni giorno telefonicamente o tramite video chat ma il nostro vero incontro, in carne ed ossa, ci fu solamente il giorno della tanto attesa gara. Sapeva che sarei andata, glielo avevo promesso, ma preferii, nonostante lui me lo avesse chiesto più volte, rimanere sugli spalti fino a fine competizione onde evitare distrazioni inutili. Andare a trovarlo negli spogliatoi o vederci fuori prima dell'incontro lo avrebbe portato, vista anche la distanza di quel periodo, a dedicarsi solamente a me piuttosto che concentrarsi sull'obiettivo della giornata. Non volevo assolutamente che perdesse di vista ciò che si era prefissato, perciò rimasi al mio posto accanto alle mie amiche che mi avevano accompagnata. Mi permisi solo di mandargli un messaggio:
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Amore olimpico
RomancePrima di introdurvi questa storia voglio rassicurare tutti i miei lettori dicendo loro che a differenza di alcune storie scritte in precedenza e lasciate purtroppo incompiute, questa storia è stata già portata a termine prima di essere pubblicata. H...