Il giorno dopo...

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Quando si svegliò, ci mise qualche secondo per capire dove si trovasse, nella speranza che l'accaduto del giorno precedente fosse solo un brutto sogno.
Dopo essersi alzata dal letto, fece per andare a chiamare una schiava che la potesse aiutare a prepararsi, ma lei la precedette, poiché per puro caso stava pulendo la zona e aveva visto la giovane matrona alzarsi prima del previsto.
Immediatamente, le portò il catino di bronzo per l'abluzione mattutina per poi andarsene.
Dopo averla fatta, si asciugò con un asciugamano di lino. È come se fino a quel momento si fosse sentita sporca dentro, e l'abluzione la aveva aiutata a ripulirsi di quella sporcizia, anche se non del tutto.

Subito dopo, giunse la stessa schiava in compagnia di altre due, le ornatrices per prepararla alla giornata. Era la prima di tante mattinate uguali, la prima da matrona della sua Domus, della quale si era già stancata.
Subito le due donne le arricciarono i folti capelli castani con il calamistrum, e poi glieli acconciarono secondo la moda del tempo, non ci misero molto. In questo lasso di tempo si soffermò a pensare agli obblighi della giornata.
Avrebbe dovuto fare un sacrificio ai Lari e ai Penati poco dopo la veloce colazione, nel Perystilium dell'immensa abitazione, con Maecilius che avrebbe vegliato su di lei per farle successivamente altri doni, di rito.
In seguito, avrebbero dovuto fare un banchetto con i propri parenti, il repotia. Avrebbe rivisto dei volti famigliari, per fortuna.

Quando finì di pensare a queste cose, le schiave avevano già incominciato a profumarla e a imbellettarla.
Seguì poi la vestizione dei gioielli, importantissima. Le misero un diadema sui capelli, una collana d'oro, anelli ornati di pasta vitrea, altri ornati con pietre preziose rappresentanti varie divinità, ciondoli, cavigliere... tutti monili nuovi a lei, e non erano quelli delle nozze. Non le erano mai appartenuti prima di quel giorno...
Infine, si alzò dalla sedia e le misero la tunica, lunga fino ai talloni, e poi la stola con cucito sotto un gallone in oro, la cintura, e ancora l'avvolsero in uno scialle color zafferano che le copriva le spalle scendendole fino ai piedi.
Questo, sarebbero state le sue mattine per gli anni a venire, una ritualità già stancante.

Scese a fare una colazione sbrigativa, non ebbe neanche tempo di vedere attentamente gli ambienti, che le parevano enormi se confrontati con quelli della sua vecchia abitazione. Questa domus era una vera e propria villa, dotata anche di ambienti che la sua non possedeva.
Avrebbe dovuto attendere il marito nell'immenso atrium, con al centro l'enorme impluvium. Dietro di sé, aveva il Larario, che aveva già venerato, come di consuetudine.

Ed eccolo che stava arrivando... con il suo sguardo saccente e pieno di sé, la sua camminata spavalda. In piena contrapposizione con lei.
Specialmente dopo la notte appena trascorsa, non riusciva a guardarlo, infatti, girò lo sguardo altrove.
Quando i due si trovarono l'uno di fronte all'altra, sentì quasi il corpo prepotente dell'uomo opprimere il suo. Le oscurava la vista, e anche se non erano poi così vicini, si sentiva soffocare.
Lui le sfiorò la veste con la mano, uno sguardo che lei interpretò come viscido s'insinuò attraverso i suoi occhi scuri.

La giovane girò lo sguardo dalla parte opposta, il corpo tremante. Lui le afferrò improvvisamente il braccio, tirandola leggermente verso il suo corpo.

«Quando imparerai a non evitare il mio sguardo forse potrei iniziare ad apprezzarti di più come moglie» la voce profonda, fredda. Quasi spaventosa. Forse, avrebbe imparato a guardarlo in viso, ma non quel giorno.

Subito dopo richiamò uno degli schiavi, affinché si accertasse che il tutto fosse pronto per poter andare al tempio, e per prendere le due pecore, comprate dalla famiglia di lei, per sacrificarle al tempio. Dopo averne avuto la certezza, i due uscirono dalla domus, seguiti dallo stesso schiavo.

Quando entrarono nell'edificio, con lo schiavo che seguendola portava i due ovini, la matrona si diresse verso l'altare, mentre il marito la aspettava più indietro. Lì, la attendeva un aruspice, pronto per compiere il sacrificio.
Lei, aveva una ghirlanda tra le mani, le quali si era prontamente lavata.
Sperava che i Lari e i Penati la proteggessero da lui, che non le facessero passare le pene dell'inferno, in cambio lei non avrebbe smesso di venerare il focolare domestico e si sarebbe impegnata a diventare un'ottima matrona, così come tutti desideravano.

Una volta compiuto il sacrificio e tutte le cose che ne conseguivano, i tre tornarono nella loro abitazione, dove dei doni fatti dal coniuge attendevano Decmidia.
Avrebbe tanto voluto rifiutarli, proprio perché fatti da lui, ma si trattenne... doveva essere una matrona eccellente e seppellire ogni risentimento.

Tutto il resto della mattinata fu occupata per preparazione del repotia.
Sarebbe stato l'ultimo giorno di dedicato alla celebrazione del matrimonio, e dal giorno successivo avrebbe vissuto la vita quotidiana, chissà come sarebe stata, chissà se avrebbe continuato a vedere la sua famiglia o se si sarebbe ben presto dimenticata di essa.
Non sapeva se Maecilius in un futuro sarebbe diventato un marito del quale si sarebbe innamorata, anche se le risultava difficile, ma le bastava solamente conviverci tranquillamente, e che la smettesse di essere così odioso e avere quel fare pauroso.
Forse avrebbe avuto presto dei figli, che presto avrebbero popolato quell'immenso edificio che lei trovava estremamente vuoto.
Era in dubbio su tante cose in quella breve vita, e sperava in positivo per tutte queste.

Fine.

Decmidiae nuptiae - il matrimonio nell'antica RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora