Definizione.

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Definizione.

Quali condotte sono comprese sotto il termine "autolesionismo"? Riprendendo la definizione di Armando Favazza, l'autolesionismo è "un comportamento ripetitivo, solitamente non letale per severità né intento, diretto volontariamente a ledere parti del proprio corpo, come avviene in attività quali tagliarsi o bruciarsi" (1989, p. 137). Dunque, non possono essere considerate autolesionistiche in senso stretto le condotte che determinano solo indirettamente danni fisici (abbuffate, anoressia, assunzione di sostanze, etc.). Mentre possono essere considerate autolesionistiche le condotte che portano comunque a un ferimento volontario, anche se non inquadrabile all'interno di un chiaro contesto di patologia. Entrando maggiormente nello specifico, Favazza (1996) suddivide essenzialmente le condotte autolesive in due grandi gruppi: autolesionismo "deviante" e autolesionismo "culturalmente approvato".

Due tipi di autolesionismo.

Del primo tipo (per intenderci, quello che si ritrova nel nuovo DSM-5 sotto il nome di "Non-Suicidal Self-Injury", NSSI) fanno parte tutte quelle condotte ascrivibili a precisi disturbi psichiatrici e che l'autore suddivide a sua volta in tre sottogruppi:

-un autolesionismo "maggiore" che comprende gesti poco frequenti ma molto gravi (come l'enucleazione di un occhio, l'evirazione, l'auto-amputazione di un orecchio) e che si manifestano spesso nel contesto di intossicazioni acute da sostanze o di esperienze psicotiche.

-un autolesionismo "stereotipato" che comprende azioni ripetitive e occasionalmente ritmiche (come battere la testa, percuotersi, mordersi, graffiarsi la bocca o gli occhi, strapparsi i capelli, lesionare la pelle, etc.) che si riscontrano in genere in soggetti con ritardo mentale (specie se istituzionalizzati), psicotici in fase acuta, sindromi autistiche o altre sindromi di carattere neurologico (come la sindrome di Tourette, quella di Cornelia de Lange o quella di Lesch-Nyhan).

- un autolesionismo "superficiale/moderato", che comprende forme autolesive lievi suddivisibili, a loro volta, in tre tipologie: condotte compulsive (come la tricotillomania, il mangiarsi le unghie fino alla carne viva, lo strapparsi e scorticarsi la pelle), condotte episodiche e condotte ripetitive (come tagliare, incidere e bruciare la pelle, conficcarsi aghi, rompersi le ossa, interferire con la guarigione delle ferite, etc.). Tra queste le condotte più comuni sono tagliarsi e bruciarsi, presenti in numerose patologie: nei disturbi di personalità (soprattutto borderline), nel disturbo post-traumatico da stress, nei disturbi dissociativi e nei disturbi dell'alimentazione. Tali atti sono in genere occasionali, ma possono diventare ripetitivi quando il soggetto li assume come modello di condotta per far fronte a determinate situazioni emotive o per rispondere a bisogni di identificazione con il gruppo di appartenenza. In questi casi il gesto autolesivo può configurarsi come un tratto stabile del modo di essere attorno a cui si sviluppa l'intera identità (si parla allora di cutters o burners) o come una vera e propria "sindrome di autoferimento intenzionale", che inizia in adolescenza e si protrae per dieci o quindici anni, alternando periodi caratterizzati da gesti autolesivi a periodi di quiete e ad altri comportamenti impulsivi (disordini alimentari, abusi di sostanze, cleptomania).

Del secondo tipo di autolesionismo, invece, quello "culturalmente approvato", fanno parte "rituali" e "pratiche" autolesionistiche accettate da un gruppo. I "rituali" sono attività portate avanti per generazioni, che riflettono tradizioni e credenze della particolare società che li perpetua; molte di queste cerimonie hanno l'obiettivo di prevenire o scongiurare fenomeni che potrebbero destabilizzare la comunità (come catastrofi, rabbia degli dei, degli spiriti o degli avi, conflitti fra tribù, scontri uomo/donna, perdita dell'identità di gruppo). Le "pratiche", invece, sono forme di modificazione o manipolazione corporea approvate dalla società di appartenenza (come tatuaggi, piercing, incisioni sulla pelle, impianti sotto pelle, scritture direttamente nella carne con ferri arroventati, etc.). Sono tutte condotte molto in voga nella società moderna: basti pensare ai ragazzi "Emo" che, sulla scia di una cultura post-punk/gotica, ricorrono a condotte autolesionistiche quasi fossero, queste, un rito da assolvere obbligatoriamente per affermare la propria identità e la propria appartenenza al gruppo, oppure ancora a quelle persone che si sottopongono a numerosi interventi di chirurgia estetica senza essere mai soddisfatte dei risultati, o persino a quegli artisti contemporanei (come Marina Abramovic, Gina Pane, Stelarc o Orlan) il cui lavoro è tutto incentrato sull'attacco al proprio corpo, un attacco violento, brutale, ma soprattutto reale, per quanto prodotto di un vero e proprio progetto artistico e di una strategia comunicativa pensata nei dettagli.

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