Charles non conosceva il silenzio, non aveva mai avuto modo di scoprirlo, né aveva mai immaginato che potesse essere tanto frustrante.
Eppure la solitudine, il senso di inadeguatezza e di impotenza riuscivano ad essere così pressanti da rendere doloroso anche l'agognata solitudine.Quelle barriere che con fatica aveva imparato ad issare per isolare il mondo... Da solo, nella stanza del camino spento, la stessa in cui tante volte avevano giocato a scacchi, ad abbandonarsi ad uno sconforto che tentava di celare disperatamente agli altri. Perché aveva perso il suo migliore amico, perché non era riuscito a fare per lui la cosa giusta. Aveva fallito.
In quello sconforto si era rifugiato nel suo studio, lontano dagli occhi dei suoi amici, lontano dai suoi studenti.
Poche erano le regole da seguire nella Scuola per giovani dotati e ancora meno erano quelle da non infrangere in nessuna occasione, ma “non traumatizzare gli studenti” era la prima della lista. La più importante. Non era in condizione di vederli e cosa peggiore, non trovava nemmeno la motivazione per risollevarsi.Quando la porta si aprì, senza bussare, Charles nemmeno alzò lo sguardo, sentendo già la presenza della sua sorella adottiva, che mandava già segnali di furia e frustrazione da lontano.
-Raven... Non ti aspettavo.- mormorò il professore, per nulla in realtà sorpreso.
La mutante sotto le sue spoglie da giovane donna, dai capelli biondi e lo sguardo di ghiaccio, non fece nemmeno un sorriso di scherno, per quelle parole.
Charles probabilmente l'aveva sentita dal piano di sotto, ma lei era lì per altro. Era lì perché doveva reagire.
-Hank mi ha detto che sono giorni che non esci da questa stanza, Charles.- iniziò subito lei, incrociando le braccia al petto.- Per quanto tempo ancora fuggirai e ti nasconderai dentro questa casa?-La domanda non toccò il professore, almeno in apparenza, stentava l'indifferenza.
-Non mi sto nascondendo, voglio stare da solo.-
-Non puoi lasciare tutti fuori e rinchiuderti.- sentenziò. -Da quanto tempo è che stai tra queste quattro mura?- continuò imperterrita
-Hank dovrebbe smetterla di raccontare cosa faccio o non faccio. Specie se devo subirmi una paternale da te.- fu la naturale reazione dell’uomo, che era stanco, arrabbiato e cercava di ignorare il motivo per cui la ragazza che considerava al pari di una sorella, a cui era stato accanto per così tanti anni da averne perso il conto, fosse venuta lì. A volte aveva la sensazione di non conoscerla affatto, e non gli serviva sapere cosa ci fosse nella sua testa.
-Dimenticavo che sei sempre tu quello che può fare il genitore tra noi due.- sottolineò Raven con amarezza e rabbia repressa.-Ma tu non mi ascolterai mai.-“Sei tu che non ascolti e non puoi capire.” Charles unisce le mani e spinge la punta degli indici contro la fronte, segno di pura esasperazione, ma Raven era incollerita.
Il silenzio è una risposta troppo pesante.
-Me ne vado.- la mutaforma girò i tacchi, dopo aver pronunciato quelle quattro parole, fredde, e spalancò la porta per andarsene.-Chiudi la porta mentre esci...- bofonchiò il professore, senza nemmeno guardare, poggiando il gomito contro il tavolo della scrivania. Stare da solo. Era l'unica cosa che voleva, l'unica che... ma il rumore dell'uscio non arrivò mai.
Charles si mosse sulla sedia a rotelle all'indietro, quando alzando gli occhi, vide di fronte a sé l'ultima persona che credeva potesse venire quel giorno, dopo l'incontro con Raven.La figura timida che inizialmente avanzò, fece perdere un battito al mutante, ma quando i loro occhi si incontrarono, ogni imbarazzo si spense immediatamente.
-Ciao Charles.- lo salutò lei con un sorriso gentile, le mani intrecciate davanti e stretta nel suo cappotto.
-T/N... Che... Che cosa ci fai qui?- sperò che la tristezza non trapelasse dai suoi occhi e nemmeno, se è per questo, dai suoi pensieri.
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•Immagina Marvel•
FanfictionOgni ragazza ha sempre immaginato il proprio momento con il proprio eroe preferito... e se questo desiderio diventasse realtà...?