Quel ricordo di San Valentino - GerIta

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Stava percorrendo la stessa strada, con la stessa sensazione che si manifestava ad ogni passo in avanti che faceva. Era sicuro che una sensazione così non l'aveva percepita nemmeno sul campo di battaglia, quando le granate si facevano sempre di più e coprivano le urla strazianti dei feriti. Eppure, Ludwig colui che rappresenta la Germania; bella, forte e possente, aveva uno strano tremolio che non diminuiva, come del resto nemmeno il battito del suo cuore. Sembrava battere così veloce che temeva potesse uscire da un momento all'altro dalla sua cassa toracica. Aveva già avuto a che fare con una cosa del genere, e allora cosa lo spaventava? Forse il fatto che potesse essere ancora una flop totale, e ancora una volta potesse causargli qualche malessere. Non si era sentito mai così tanto male come quel giorno.

Sentiva che attorno a lui ci fosse un terremoto, eppure, quando si appoggiò al tavolo del ristorante era sicuro che quello fosse mobile. Non si muoveva, mentre il suo cuore sì. Batteva contro la sua cassa toracica, il respiro gli si mozzava in gola senza permettergli di dire alcune che, mentre il ragazzo di fronte a lui... be', lui era decisamente preoccupato. Non aveva mai visto Germania in quello stato, non lo aveva mai visto così paonazzo sul suo volto pallido. Era decisamente un ottimo capitano, un uomo che sapeva il fatto suo perché di guerre ne aveva vissute più di lui, ma aveva appena perso la guerra più importante nella vita di un uomo. L'amore.

Le ore successive furono un inferno. Il suo amato fratello maggiore Gilbert si era preso l'incarico di andarlo a recuperare, poiché chiamato da Feliciano con la sua solita voce acuta in preda al panico. Quando vide il prussiano rientrare con il tedesco, per un attimo, Roderich si sentì così in colpa che aveva tentato, invano, di scacciare via quel momento che aveva imbarazzato Ludwig al tal punto di renderlo fragile, stranamente instabile. Perché l'austriaco era sicuro di aver detto qualcosa di sbagliato, qualcosa che aveva spinto il biondo a fare cose che non avrebbe mai fatto in vita sua e pensò anche che forse una camomilla poteva riparare a quel guaio, ma Ludwig pensava già alle conseguenze. Si era ripromesso che una cosa del genere non sarebbe mai più successa, che quel ricordo doveva sfumare nella sua mente e non tornare mai più, ma non aveva calcolato l'ingenuità di Feliciano e ora si ritrovava nuovamente con dei fiori in mano (stavolta sono delle splendide margherite), e un anello nella tasca destra del completo grigio. Quello sarebbe stato l'ultima spiaggia, come gli spiegò Gilbert. Se le cose procedevano bene, solo all'ora, avrebbe estratto l'anello dalla tasca, in tutto il suo splendore all'interno di un cofanetto rosso opaco. Stavolta aveva optato per un anello normale, nessuna replica di un delizioso pomodoro sopra di esso, ma che splendeva comunque del suo fascino. Un piccolo e semplice diamantino, come lo era Feliciano.

Piccolo, perché in confronto a Ludwig, quel ragazzo dagli occhi sempre chiusi, era un essere così piccino da fare una tenerezza assurda e questa caratteristica aveva fatto breccia nel cuore del tedesco. Per lui l'amore era un taboo, un qualcosa di cui non parlare, perché per un soldato così composto e efficiente come lui, non c'era spazio per quel sentimento corrosivo, che ti mangiava dall'interno partendo dal cuore. Il peggiore sentimento che gli umani potessero provare, pensò Ludwig, ma non aveva tenuto conto ancora una volta di Feliciano.

Semplice, perché in confronto a Ludwig, quel ragazzo con un ciuffetto ribelle sulla sinistra, era più semplice di quello che ci si aspettava e non in senso negativo.

Amava la compagnia, si divertiva alle sagre di paese come se fosse un comune cittadino, e aveva sempre una parola gentile nei confronti degli altri. Ludwig non era così.

Evitava di stare in compagnia, preferiva rimanere richiuso per ore nel suo ufficio, per andare da qualche parte veniva strattonato dal fratello maggiore e per le parole, be' le parole era importanti sì, ma non si sentiva di essere uno bravo ad usarle. Spesso si faceva prendere dalla rabbia, dall'ira, e si lasciava trasportare da ciò che gli usciva dalla bocca, soprattutto con il piccolo italiano.

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