La prima volta che sentii parlare di lui fu all'ultimo anno di liceo, entrò l'insegnante di economia con il suo tablet davanti al naso, camminava lentamente sui suoi tacchi a spillo e ci rivolse l'attenzione solamente quando terminò l'articolo di giornale che aveva letto con molto interesse.
«Ragazzi oggi sono passati 5 anni dalla tragedia Choi.» disse con tono disperato. Molti miei compagni iniziarono a mormorare fra loro a parlare alla professoressa, ed io ero l'unico ignaro della situazione. Alzai la mano sotto gli occhi dei miei compagni e, appena mi fu data la parola, domandai la mia confusione.
«Cosa successe 5 anni fa?» Il silenzio calò attorno a me.
Mi ero trasferito a Daegu solamente da un paio di anni e comunque da più giovane non mi ero mai interessato minimamente a ciò che succedeva fuori da Seoul.
«Cinque anni fa è successa la tragedia della famiglia Choi...» iniziò a parlare la professoressa sistemandosi appoggiata alla cattedra.
«Era una famiglia molto conosciuta grazie alle loro aziende in questa regione ma un giorno la moglie impazzì, si cercò una cura o di trattenere la sua malattia in un posto sicuro, eppure lei sentiva il bisogno di avere affianco la famiglia e il figlio, perciò rimase a casa con la famiglia. Non passò neppure un anno da quando iniziò la sua violenza. Una sera sentì il marito approvare l'internamento della donna in una casa psichiatrica e lei toccò l'apice della follia. Mentre il marito era al telefono diede fuoco alla casa, teneva a se il figlio pronto a sacrificarlo con lei e il marito nella casa, ma i soccorsi sono arrivati in tempo per fare qualcosa. La donna morì purtroppo tra le fiamme, il padre riportò gravi ustioni e sopravvisse per qualche mese prima di andare in arresto cardiaco.»
«E il figlio?» Chiesi sconvolto e preoccupato per il bambino.
«Il ragazzo sopravvisse grazie a dio, ma il suo volto fu totalmente sfigurato.»
«Ed ora dove è?» Mi ricordo che chiesi quella domanda pieno di preoccupazione, ma l'insegnante non riuscì più a darmi informazioni, di lui si erano perso le tracce da pochi mesi dopo.
Quel giorno vissi con un peso in più.Erano passati otto anni dalla tragedia della famiglia Choi e il ricordo della spiegazione della professoressa mi si presentò di nuovo vivido nella mia mente. Stavo tornando dalla mia visita periodica all'ospedale quando realizzai che giorno fosse, ero sconcertato da quei ricordi passati che non mi accorsi di prendere una strada diversa dalla solita. Quando guardai di fronte a me potei osservare una via sconosciuta con case a schiera, perfettamente colorare e intonacate in ordine, si presentavano con un giardino verde brillante a ciascuna, sbattendomi in faccia la loro ricchezza e benessere.
Decisi di aggirare quel quartiere per tornare sulla strada principale ma più camminavo più le case apparivano a me in modo inquietantemente ripetitivo, finché una villa non interruppe la schiera di copie. Si trattava di una casa cubica e annerita, usurata dagli anni di noncuranza e fu sorprendente per me vedere come non fu mai sistemata. Ci passai affianco in silenzio osservando con attenzione quelle mura ingrigite e scavate dalle intemperie degli anni, era veramente possibile che nessuno gli aveva mai dato una sistemata? Comprato il terreno e distrutta? Solamente quando mi alzai sulle punte dei piedi per osservare l'interno del giardino capì il motivo, con mia sorpresa vidi una cosa sorprendente che annullò ogni mia domanda. L'enorme prato attorno alla villa era rigoglioso di fiori d'ogni specie e colore, il loro profumo si alzava in ogni direzione e si confondeva assieme creando un profumo che stordiva chiunque lo annusasse. Era caldo e invitante, un odore che avevo assaporato solamente sulla pelle delle ragazze quando volevano conquistare l'interessato. Il profumo per me fu un invito ed entrai. Scavalcai di soppiatto la ringhiera che mi costò un grande sforzo, mi accasciai perciò sul prato, avvolto dalla sensazione travolgente di tranquillità e casa. I fiori ricoprivano ogni centimetro ed esplodevano di vita sotto i miei occhi. Potei riconoscere tulipani, gelsomini, narcisi, primule, margherite, Hibiscus. Ognuno aveva la propria zona specifica. Quei fiori avevano conquistato il terreno abbandonato di quella casa, lo aveva diviso ed ora avevano creato i loro piccoli ecosistemi privati, uno affianco all'altro.
Le mie dita accarezzarono dolcemente i petali dei fiori, mi soffermai ad annusarli e a fotografare. Era un giardino immenso e ci avrei passato tutto il giorno lì tra i fiori, li avrei disegnati e studiati uno per uno con l'attenzione più accurata che potessi mostrare. Un fiore in particolare mi colpì: Spiccava dal verde più intenso, la sua forma era un perfetto intreccio tra un'Orchidea e un Narciso, mentre il suo colore era brillante e indefinito, ai miei occhi sembrava irreale che ad un fiore potessero appartenere quei colori. Era colorato con le sfumature di diversi colori, rifletteva la luce in modo candido e gentile, la sua bellezza accecante era la stessa che vietava allo studioso di distogliere gli occhi da esso. Mi ricordò per un istante uno smeraldo nella sua dolce e luminosa eleganza. Tentai di fare una foto ma non rese nulla, tentai di fare uno schizzo veloce su uno scontrino che avevo in tasca, ma non riuscì a definirlo totalmente. Quel fiore era qualcosa di nuovo e speciale che mi sarebbe piaciuto studiare, così estrassi dalla tasca il mazzo di chiavi, pronto a tagliare un gambo di uno di quei fiori quando una sensazione di angoscia mi travolse. Del nulla sentì degli occhi sul mio corpo, cattivi e pieni di odio. Messo a disagio per quella sensazione mi guardai alle spalle e vidi, all'interno della casa, un uomo che mi osservava dalla finestra. Non mi fece nessun cenno, non ce ne fu bisogno visto che mi spaventai a notare la figura silenziosa e fuggii via verso la strada di casa.
Dopo qualche isolato di corsa mi fermai contro un albero per riprendere fiato e tentare di capire cosa avevo visto. Quel giardino paradisiaco non era incolto, ma ben si ben curato? Chi cazzo viveva in quell'angolo abbandonato? A primo impatto mi era apparso un uomo, il viso era coperto da una mascherina scura, ma la sua stazza parlava chiaro. Era forse un maniaco? Mi confondeva quella strana sensazione in cui mi ero ritrovato e, per quando desiderassi rivedere quel fiore di smeraldo, per il momento mi limitai a tornare a casa.
Quella sera rimasi seduto per ore al tavolo concentrato sulle ricerche. In nessun angolo del mondo dell'internet trovai informazione su quel magnifico fiore, sembrava sconosciuto a tutti e mi sembrava irreale, perciò cercai informazioni sulla casa, un dettaglio che mi tormentava nel male fin dal primo sguardo. Quella non fu una ricerca difficile, un quarto d'ora e scoprii che si trattava della villa abbandonata della famiglia Choi. La domanda mi nacque da sola in mente: Chi era quella persona allora? Un parente che aveva rivelato la villa? Un barbone? Un ladro? No, il figlio sopravvissuto.
Appena realizzai quella possibilità mi sentii rallegrato e un peso ormai li adagiato da anni si alzò dal mio petto. La risposta era sicuramente il figlio, ma come riusciva a vivere in quel posto lugubre da solo?
Il telefono squillò al mio fianco facendomi sobbalzare dal suono inaspettato, risposi velocemente.
«Si?» Chiesi con il solito tono tranquillo.
«Wooyoung? Oggi non vieni?» La voce di Yeosang squillò dall'altro capo del telefono, il ragazzo mi ricordò della nostra settimanale cena, cosa che ormai avevo già fatto da solo.
«Ah, no, questa volta salto, ci vediamo con gli altri la prossima settimana.» Promisi all'amico che subito mi chiese se stavo male, ma quel giorno mi sentivo bene e non volli mentirgli.
«No, oggi sono un fiore Yeosang, tranquillo. Salutami tutti.» E riattaccai il telefono.
Ogni settimana, dopo la fine del liceo, io e vecchi amici di corso eravamo abituati ad uscire ogni mercoledì sera per stare un po assieme. Da quando la mia malattia era stata rivelata al mondo loro usavano quella cena per distrarmi dalla vita e ci riuscivano spesso, ma quel giorno qualcos'altro era riuscito a distrarre la mia concentrazione dal dolore. Abbandonai le cartelle cliniche sul tavolo, stufo di quei fogli vecchi e pesanti da portare avanti e indietro e mi misi seduto alla scrivania tentando di riprodurre il disegno di quel fiore meraviglioso che avevo conosciuto quel giorno. Passai molte ore sul disegno, tentai di mischiare più forme possibili di fiori e alla fine, la combinazione che mi degnò più di gusto, fu un mix tra un'orchidea, narciso e una stella delle nevi. Tentai di studiare anche la natura del suo colore, da dove potesse provenire, ma per me fu impossibile e se volevo ottenere risposte dovevo domandarle al proprietario del giardino.Spazio autrice:
Buonasera a tutti,
Questa sera partiamo con il primo capitolo di un breve racconto che ho recentemente scritto, basato sulla canzone "The Truth Untold" dei BTS.
Ovviamente, primo capitolo è sinonimo di primo ritardo. Beh, oltre a questo spero che la premessa vi intrighi!
Non dimenticate di dirmi cosa ne pensate a riguardo.
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Truth Untold ‹ woosan ›
Short StoryStoria ispirata al racconto "La città di Smeraldo" e la canzone "The Truth Untold" dei BTS. Wooyoung, durante la prima parte della sua vita si imbatterà in un tragico incidente accaduto anni prima a Daegu. Inconsciamente si legherá all'accaduto, and...