L'oggetto Fortunato

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«Tikki, ritrasformami» scandì Ladybug, una volta arrivata in camera sua, al sicuro da occhi indiscreti. La ragazza però era inquieta tanto che, una volta scesa dal suo soppalco, si mise a camminare da un capo all'altro della stanza, nervosa.

«Che ti succede Marinette? È tutta oggi che ti comporti in modo strano...» constatò la piccola Kwami che ancora non aveva idea di che cosa frullasse nella testa della ragazza, la quale aveva preferito tenere le sue congetture per sé fino a quel momento.

Marinette si girò a guardarla, senza in realtà vederla per davvero. No, la sua mente era ancora là, sulla Tour Eiffel, accanto a Chat Noir. Perché? Beh... Semplicemente perché le era sembrato talmente tanto familiare parlare con lui, come se per tutto il tempo avesse avuto dei déjà vu, uno dietro l'altro. Non le era mai capitato prima di sentirsi in quella maniera in presenza del suo compagno: insicura ed esposta sotto al suo sguardo. O almeno, non era mai successo all'infuori dal contesto della battaglia. Sembrava quasi fosse stata in presenza di... Qualcun altro. E non un qualcun altro qualunque: proprio quel qualcun altro. Ma non poteva essere, giusto?

Era da tutto il giorno che tentava di far quadrare i dati, gli indizi a sua disposizione, ma l'unica conclusione alla quale era arrivata era quella. Sapeva che non avrebbe dovuto ragionare troppo sugli eventi accaduti il giorno precedente; sapeva che vedere il volto dietro alla maschera di Chat Noir era molto pericoloso per entrambi. Ma ormai era lì... Era troppo tardi per tornare indietro, troppo tardi per non pensarci. La serie di eventi che aveva scatenato quel maledetto Oblivio era troppo sospetta perché lei si limitasse ad andare avanti senza analizzarla. Insomma, lei era quella che rimuginava sulle figuracce accadute ancora tre anni prima! Non poteva non rimuginare sullo scambio di portafortuna, sul bacio, su Chat Noir e i suoi strani modi di fare che ora gli ricordavano terribilmente quelli di... Diamine! E proprio questa sua conclusione la preoccupava più di ogni altra cosa! Per quanto avesse tentato di vedere le cose in diverse prospettive, sempre lì arrivava! Per tutti i macaron, se realmente dietro alla maschera del suo compagno ci fosse stato lui, che cosa avrebbe fatto? E se-

Tonf!

«Tikki... Sbaglio o ho appena sentito un rumore provenire dal balcone?» chiese la ragazza, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

«No, non sbagli» affermò Tikki con uno sguardo sospetto.

Poco dopo, sentirono addirittura bussare contro il Velux. Marinette, interdetta, salì le scale che la portavano sul suo soppalco e sbloccò il Velux per dare un'occhiata fuori.

Era pronta a reagire in caso di pericolo: poteva trattarsi di un Akumizzato che ce l'aveva con lei, o di un ladro, anche se la seconda opzione le sembrava leggermente più improbabile della prima. Insomma, solitamente i ladri mica bussavano, no? La sorprese invece vedere, a pochi centimetri di distanza dal suo naso, un paio di occhi verdi smeraldo che brillavano nella penombra serale.

Chat Noir, evidentemente stupito che fosse sbucata fuori così all'improvviso, sgranò gli occhi e indietreggiò goffamente fino a quando non cadde col sedere a terra. La scena la colse talmente alla sprovvista che non poté far altro che scoppiare a ridere, soprattutto perché constatò che la cintura del ragazzo, che gli fungeva da coda, gli si era intrecciata attorno alle caviglie. Ebbe bisogno di un paio di secondi per riprendere il controllo di sé e parlare.

«Non capita spesso di avere l'onore di ricevere una visita così bizzarra» asserì Marinette, sbuffando divertita di fronte all'espressione contrariata di Chat Noir. «Cosa porta il grande supereroe di Parigi a cadere teatralmente sul balcone di una cittadina qualunque?» chiese, sorridendo furbamente mentre il ragazzo liberava le proprie caviglie da quello strano groviglio.

Quel bacio dimenticatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora