Capitolo 3 - Mi sa che ho fatto una cazzata

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Mancavano pochi minuti a mezzogiorno, quando Castiel si svegliò.
Sentiva la testa dolere per quanto aveva bevuto la sera precedente, e la luce gli stava dando fastidio perfino tenendo gli occhi chiusi. Lentamente prese coscienza di sé e si accorse di avere il peso di qualcun altro addosso.
Il fiato gli si bloccò in gola dal terrore, aveva un terribile presentimento.
Con fatica aprì un occhio e notò una gamba incastrata tra le sue e un braccio abbandonato sul suo petto. Sapeva già di chi si trattasse, quel corpo nudo lo conosceva a memoria, eppure fece ugualmente scorrere lo sguardo fin sul volto di un Dean Winchester ancora profondamente addormentato.
«Nonononono» Sussurrò scivolando via dalla sua presa e mettendosi seduto, gesto che gli procurò una fitta di dolore al fondoschiena, come se non fosse stato già abbastanza ovvio l'errore che avevano commesso.
Sentì le guance andare a fuoco al ricordo di ciò che avevano fatto e di quanto fossero stati sgarbati e violenti. Dean sapeva essere un fenomeno a letto, il che rendeva le cose indubbiamente più difficili.
Come aveva potuto essere così stupido? Cosa gli aveva detto la testa? Aveva commesso l'unico, marchiano errore che non avrebbe dovuto mai commettere e non c'era scusa che tenesse. Avrebbe tanto voluto incolpare l'alcol, ma una fastidiosa parte di lui sapeva che fosse lucido, la sera precedente. Ubriaco, sì, ma lucido e perfettamente capace di intendere e volere, e infatti aveva voluto Dean. Eccome, se lo aveva voluto.
Tornò a voltarsi verso il maggiore e sentì lo stomaco arroncigliarsi fastidiosamente appena posò gli occhi sul suo volto rilassato e pacifico che lo indusse a mettere più distanza possibile tra loro, pertanto ignorando le fitte di dolore, in tutta fretta si alzò, raccolse i suoi vestiti sparsi per la stanza e scappò nella sua camera.

Ci volle ancora mezz'ora, prima che Dean si svegliasse.
La prima cosa che notò, fu che la sua testa sembrava essere perforata da migliaia di lame, tanto gli faceva male.
La seconda fu che era completamente nudo, e che il letto era talmente disfatto che pareva esserci passato sopra un uragano.
I ricordi gli attraversarono la mente all'improvviso, togliendogli il fiato. Aveva alcuni buchi di memoria tanto aveva bevuto, non sarebbe riuscito a ricostruire la serata per intero, ma i punti salienti li ricordava. Come aver fatto sesso con Castiel, ad esempio. Più volte.
Con il cuore che gli martellava furioso nel petto, si sdraiò supino e si coprì il volto con le mani, tentando di fare ordine tra i pensieri annebbiati.
La stanza era vuota, pertanto Castiel se n'era andato. Quando? E soprattutto, perché?
Se fosse stato un avvenimento di poco peso sarebbe rimasto. Anche se fosse stato contento di ciò che avevano fatto sarebbe rimasto, invece quella fu l'ennesima conferma che tornare con Dean era l'ultimo dei suoi pensieri.
Doveva parlargli, e in fretta.
Ancora barcollante si alzò dal letto per fare una doccia fredda che sperava lo rimettesse in sesto, dopodiché si vestì e, recuperati gli occhiali da sole di cui sentiva un disperato bisogno, uscì dalla stanza.
Non aveva ancora fatto tre passi, che qualcuno in evidente fretta gli si schiantò addosso.
«Cas?» Esclamò appena lo ebbe riconosciuto, corrugando la fronte in un'espressione confusa, soprattutto quando notò lo zaino sulla sua spalla. «Dove stai andando?»
Castiel titubò, lo sguardo saettante ovunque tranne che su Dean e le guance in fiamme. «Alla stazione.» Rispose infine.
«Cos– perché?» Gli chiese il maggiore, senza capire il motivo di tale decisione. Essere stati a letto insieme, per giunta ubriachi, non poteva essere un motivo valido per scappare a gambe levate dalla festa di Sam... oppure sì?
No, doveva esserci altro, era sicuramente altro.
«Perché sì, Dean. È meglio così.» Perché il treno lo prenderei in fronte, piuttosto che fare il viaggio di ritorno con te dopo ciò che abbiamo combinato.
«Non è per ciò che è successo stanotte, vero? Perché in tal caso saresti un idiota, fattelo dire. Non hai motivo di andartene, non abbiamo quindici anni.» Fu la risposta secca di Dean. Era difficile fingere che la notte precedente non avesse importanza, per lui.
«Fa lo stesso Dean, preferisco tornare a casa in treno.» Ribatté il moro dopo avergli scoccato un'occhiataccia, risentito per ciò che gli aveva detto.
Dean sospirò prima di rispondere, sforzandosi di rendere il tono più pacato e non aggravare la situazione: «Ascolta, non vorrei tirare fuori questa carta, ma tu stesso mi hai detto che non ti gira bene a livello economico ultimamente e ad essere onesto non mi va di vederti spendere i tuoi ultimi risparmi in un biglietto costosissimo per fare un viaggio che sai già di poter fare con me senza spese. È successo quel che è successo, okay, ma siamo abbastanza adulti e maturi da poterci convivere senza farne un dramma, non credi? È andata così, ci siamo divertiti, amen. Niente di più e niente di meno.» Lui stesso non credeva a nessuna delle parole che aveva detto, pertanto si stupì nel vedere Castiel titubare. «Immagino che nessuno lo sappia, giusto? Quindi possiamo benissimo fingere che non sia mai successo, che ne dici? Dài, dammi lo zaino e andiamo dagli altri, devo smaltire la sbornia prima di ripartire.»
La ragione ebbe la meglio su Castiel che, anche se ancora dubbioso e imbarazzato, acconsentì, così lasciarono lo zaino nella stanza di Dean prima di scendere al piano terra.
«Comunque chi te lo dice che anch'io mi sia divertito?» Borbottò il moro con un filo di voce ma il tono stizzito. Teneva a chiarire quel punto, era pericoloso far credere a Dean che fosse stato bello anche per lui.
«Oh, lo vedo da come cammini.» Fu la risposta di Dean che lo portò ad incupirsi, le guance ancora colorate di un acceso cremisi.
Il resto del gruppo li stava aspettando nel salottino dell'albergo, una sala privata della grande hall fornita di divanetti, poltrone e tavolini.
Sam e Charlie sembravano non aver minimamente accusato della serata precedente mentre Eileen, stravaccata su una poltroncina, era pallida in viso e indossava gli occhiali da sole, esattamente come Dean.
«Eccovi, finalmente!» Esclamò il minore dei Winchester appena li vide entrare, e aggiunse poi, notando le condizioni in cui sia lui che Castiel versavano: «Notte selvaggia, eh?»
«Sta' zitto, Sam.» Borbottò Dean, accasciandosi sul divanetto sul quale era seduta Charlie e abbandonando il capo sulla sua spalla. Quel gesto così teatrale catturò l'attenzione di tutti, cosicché Castiel riuscì a sedersi sulla poltroncina di fronte ad Eileen senza che gli altri si accorgessero delle sue smorfie di dolore.
«Scommetto che non ti ricordi delle tue performance.» Rincarò la dose Sam, un sorrisetto sornione e dispettoso ad incorniciargli il volto mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans. «Fortuna che ci pensa tuo fratello ad immortalare questi momenti memorabili.»
Dean e Castiel, allarmati, si scambiarono una fugace occhiata. Non poteva essere ciò che pensavano. Vero?
Sul telefono di Sam c'erano tre video.
Nel primo figuravano Dean ed Eileen intenti a gareggiare su chi avesse bevuto prima cinque shot di seguito. La gara era finita quasi in parità, ma poi la ragazza si era esaltata troppo ed era finita a terra, scatenando le risa dell'intera cerchia di amici. In quel momento era rossa dall'imbarazzo e rivolse un garbato dito medio al fidanzato.
Il secondo mostrava Dean e Charlie in piedi sul tavolo intenti a regalare un discutibile karaoke di "Rag doll" degli Aerosmith, con il resto del gruppo ad accompagnarli durante il ritornello.
Dean cantava molto bene, di solito. Da sobrio, però.
Il terzo video era meno caotico. Mostrava sempre Dean, accasciato contro Castiel in ascensore, e dallo specchio si poteva intravedere Sam che in qualche modo era riuscito a tenere in braccio una quasi priva di sensi Eileen e, al contempo, a registrare gli sproloqui di Dean sul mostro di Lockness.
In effetti no, Dean non ricordava niente di tutto ciò, ma poté decretare senza difficoltà che fosse stata proprio una bella serata. Per ovvi motivi e per fortuna, il suo momento preferito non era stato registrato.
«Che posso dire? Sono sempre il re delle feste.» Decretò dopo che le risate si furono placate, tornando a poggiarsi contro lo schienale del divano. «Adesso però voglio sapere com'è andata a te.» Aggiunse, occhieggiando Charlie.
La rossa dunque, pur senza scendere in dettagli troppo piccanti – era abituata a parlare senza veli solo con Dean, non con gli altri – raccontò come la conclusione di serata insieme alla compagna di corso di Sam fosse stata memorabile, informandoli che si erano anche scambiate il numero e si sarebbero sicuramente riviste, in un futuro non ben definito.
Quasi nello stesso momento, John e Mary Winchester fecero il loro ingresso nella sala.
«Sam, siamo venuti a salutarti, torniamo a casa.» Fece Mary, aspettando che il figlio ed Eileen si alzassero per poterli salutare con un abbraccio.
«Già ve ne andate?» Chiese Sam, più per cortesia che per vero interesse. Voleva bene ai suoi genitori, ma non riusciva a passare sopra al modo in cui stavano trattando Dean, né al fatto che non approvassero la sua relazione con Eileen. Era, però, sempre stato il mediatore della famiglia, pertanto gli risultava naturale fare buon viso a cattivo gioco.
«Sì, abbiamo l'aereo fra tre ore.» Rispose la donna mentre lo abbracciava.
Dean non si disturbò ad alzarsi: sarebbe stato umiliante perché, come si aspettava, i suoi genitori gli rivolsero appena un breve saluto, al pari di quello che rivolsero a Charlie. Castiel fecero direttamente finta di non vederlo.
La rossa portò una mano a stringere quella del migliore amico; sapeva quanto soffrisse per quella situazione nonostante fosse molto bravo a nascondere le sue emozioni.
Tutti in quella stanza sapevano, tutti eccetto Castiel che però aveva notato quello strano comportamento e si chiese a cosa fosse dovuto, ma non osò fare domande.
Dean si ritrovò con quattro paia di occhi compassionevoli puntati addosso, ed era l'ultima cosa che voleva.
«Okay, direi che è il momento giusto per una birra.»

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