1
Mani grosse come badili e cipiglio nervoso, il signor Thomas si affacciò sulla piazza dal bancone della bottega da fabbro.
«Lys Funnin! Ragazzina sfaccendata.» I suoi baffi scattarono verso il basso. «Con un solo sentiero e meno di una decina di case, possibile che tu sia sempre e comunque in ritardo?»
Lys inciampò sull'orlo dell'abito e arrancò verso l'unico spiraglio d'ombra.
«Io...» Si asciugò il sudore dalla fronte. Era una fortuna poter dissimulare l'agitazione fingendo che fosse caldo. Lo sterrato, tanto era bollente, sembrava coperto da una pellicola d'acqua. I muri ci si specchiavano dentro.
Lo sguardo del signor Thomas, sotto le sopracciglia grigie di fuliggine, la scandagliò da capo a piedi.
Lys pregò che il tascapane nascosto sotto alle gonne fosse invisibile. Posò una mano sul fianco: con il dito percepì la tracolla annodata in vita.
«Quindi?» Il signor Thomas aspettava a braccia conserte.
Lys batté le palpebre due volte, con gli angoli della bocca paralizzati. "Sto portando granaglie di contrabbando ai poveri" non le sembrava la scusa adatta per presentarsi in ritardo a una consegna.
La risata di Riki oltrepassò la parete del laboratorio. «Lascia stare, Thom. È un'artista, non sa far di conto né misurare il tempo.»
Lys ringraziò mentalmente l'ingenuità di suo fratello. Se lo immaginò intento a origliare, circondato da ferraglia e lavori a metà.
La faccia del signor Thomas si fece di pietra. «Funnin grande, taci e lavora. Funnin piccola, la mia carta.»
Lys sventolò i fogli con falsa noncuranza. «Ecco qua, quattro come avete chiesto.»
Lui glieli strappò di mano e li saggiò in controluce. Le rughe gli riempirono la fronte. «Questa carta è orrenda. Un lavoro del genere non vale neppure il picciolo di una mela.»
«Ma signore—» Lo so.
Lei si morse le guance. Avrebbe voluto gridare.
Aveva sbagliato le dosi di colla di coniglio, la macerazione dei panni o—qualcosa. Il fatto che andasse al di là della sua comprensione le fece serrare le labbra in una linea.
Il signor Thomas soffiò via alcune macchie che le dita avevano impresso sugli angoli dei fogli. «Posso pagarti metà del pattuito.»
Lys sentì il fiato uscirle dalla bocca privo di suono. Cosa aspettava Riki a intromettersi nella conversazione? Ne andava anche della sua cena.
«Ecco la tua ricompensa.» Le verdure che il signor Thomas schiaffò sul bancone rotolarono fino a lei.
Lys sentì le guance scottare. «Una carota e un ravanello ammaccato?»
«Un ravanello ammaccato?» La voce di Riki si alternava ai colpi di martello. Ora si metteva in mezzo? «Thom, non farai sul serio? I ravanelli non mi piacciono neppure appena colti dall'orto!»
«Funnin. Siano lodati gli dèi se con quell'affare ti ci prendi le dita.»
«Ma—»
«Se continui a insistere ti giochi anche metà del tuo stipendio da apprendista.»
Lys appese le verdure in cintura, di fianco al coltellino a serramanico che Riki le aveva regalato l'anno prima. Se andavano avanti così, avrebbe dovuto venderlo entro la fine della stagione.
Il signor Thomas sparì nella bottega. Il fischiettare di Riki divenne insistente.
Lei rimase sola, di fronte al bancone vuoto. Tutto quello che desiderava era andare a casa, togliersi le scarpe e guardare dritto nello specchio immaginando la risata di suo padre, la sua voce, il suo braccio avvolgerle le spalle. "Non si diventa inventori in un giorno."
Doveva sbagliare per imparare. E ritentare.
Calciò la polvere e prese a camminare in direzione della staccionata. Si sarebbe sentita più leggera una volta che avesse portato il tascapane ai poveri del fossato. Mente e anima.***
Il sole allo zenit le scottava la testa. Lys portò un braccio sulla fronte.
Mancavano una decina di giorni alla festa di primavera e le temperature già ardevano più dell'estate. Le fece male ricordare quando intrecciava ghirlande di fiori per l'occasione, da bambina. Da anni, ormai, arrivavano inverni che a malapena rinfrescavano l'aria e a primavera non c'era niente da festeggiare. L'ultimo temporale—be', non credeva di averne mai visto uno degno di questo nome in diciassette anni di vita.
La siccità stava mangiando tutto e le ghirlande fatte dalle bambine del Tempio erano diventate di paglia e sterpi.
Tutto quello a cui si riusciva a pensare era la fame.
Lys si accostò al lungo edificio che ospitava il vecchio fienile e seguì lo stralcio d'ombra proiettato sul terreno. Lo stucco ingiallito era crollato in alcuni punti, lasciando scoperti sprazzi di intelaiatura lignea. In quelle ore torride, gli unici suoni erano il frinire delle cicale, qualche schiamazzo di bambini distanti e il martello di Riki. Se lui avesse scoperto che usciva di notte per rubare nei magazzini, l'avrebbe cacciata di casa.
Non volle pensarci.
Si bloccò dove l'ombra del vecchio fienile terminava: appena oltre la curva del sentiero, due sagome in vesti chiare avanzavano a passo spedito.
Il cuore le saltò in gola.
Sacerdotesse del santuario.
Si tuffò tra il fienile e la casa successiva, appiattendosi alla parete. L'intonaco crepitò sotto le suole. Due guardie di ronda si voltarono a guardarla. Il biondino, Derlik, si appoggiò alla sua lancia rudimentale.
Dèi santissimi.
Uscire da quella situazione sembrava impossibile. Guardie da una parte, sacerdotesse dall'altra, e il tascapane pieno di granaglie rubate sotto i vestiti.
«Salve, Lys!» Agata, affacciata dalla sua finestra al secondo piano, la salutò con un delicato cenno della mano.
Lys si morse le guance.
Non. Adesso.
L'intonaco ruvido sotto le dita si sgretolò.
Lei gettò un'occhiata verso il sentiero principale. C'erano mucchietti di granaglie sparsi ovunque.
Il tascapane—no, no, no.
«Te l'ha detto, non è vero?» Agata arricciò il naso pallido, gli occhi azzurri scintillarono come acqua di fonte. Lo sguardo supplichevole di Lys non le impedì di continuare. «Sogno questo matrimonio da sempre!»
Gli occhi di Lys vagarono da lei alla piazza. La tracolla annodata alla vita le mozzò il respiro. O forse era paura.
«Va tutto bene?» Le guardie divennero irrequiete. Una si aggiustò l'elmo di corda.
Agata si rese conto della loro presenza e si affrettò a coprire il capo con il velo. «Sì, splendidamente!»
Lys salutò Derlik con un sorrisetto. Lui scambiò un'occhiata con il compagno di ronda e ripresero il giro.
La paura mollò la presa. Lys contò fino al dieci, poi al venti, con gli occhi sempre fissi sulla scia di granaglie a terra. La voce di Agata divenne un ronzio di sottofondo. Smise di ascoltarla alla seconda ricetta di maschere per il viso.
Nessuno passò sul sentiero. Nessuno la stanò dal suo nascondiglio.
Lys lasciò andare l'aria in uno sbuffo.
Agata si sporse di più, con sguardo trasognato. «Mi ha promesso una di quelle cercine piene di perle che indossano le dame a corte...»
«Sono—» Lys si morse la lingua. Il cinismo non era contemplato. «Sono sinceramente contenta per te.»
Agata sorrise, complice.
Lys ricorse a tutta la sua buona volontà per non farle notare che avrebbe preferito la promessa di una corona di porri e salsicce al posto di un gioiello. Un uomo così, lo avrebbe sposato senza riserve.
Risatine divertite le fecero accapponare la pelle.
«Ma tu guarda chi si vede.» Le due sacerdotesse fecero capolino tra le case sbattendo le ciglia, quasi irriconoscibili sotto il cerone bianco.
Lys accennò una riverenza a mo' di scherno. «Sandrine. Ines.»
«Lys Funnin.» Il marchio degli orfani suonava ancora più disgustoso sulla bocca arricciata di Sandrine. «Quel sacco deforme è comodo per arrampicarsi?»
Lys si lisciò il vestito e roteò gli occhi. «Che vuoi?»
Sandrine scambiò un'occhiata divertita con la compagna. «Ti abbiamo vista sulla palizzata interna, la scorsa notte.»
Il cuore di Lys saltò un battito. Alzò gli occhi verso Agata, ma di lei non c'era più traccia.
Bell'amica.
«Non avevi proprio l'agilità di un gatto.» Ines represse un risolino. Le sopracciglia arcuate erano così depilate da svanire sotto il trucco. «Più uno scoiattolo, direi. Tutta pelle e ossa, senza un briciolo di curve.»
«O di pudore.»
Le due risero. Lys serrò i pugni.
Non potevano averla vista. Non dovevano.
«Che ci facevi nella tenuta del borgomastro, Funnin?»
Merda.
«Lo sai che ai ladri vengono tagliate le mani?»
C'erano canzoni popolari che ne parlavano. Mani mozzate, cappi al collo. Gli occhi di Lys passarono da una sacerdotessa all'altra.
Sandrine sogghignò. «Ho sempre saputo che c'era qualcosa che non andava, in te. Sin da quando stavamo alla casa degli orfani, sei sempre stata strana.»
L'espressione di Ines divenne un misto di divertimento e vittoria. «Il borgomastro prenderà provvedimenti quando—»
Paura e rabbia la schiacciarono come un insetto. Lys scattò in avanti, con il palmo teso pronto ad atterrare sulla faccia di una delle due.
Una mano le afferrò il polso bloccando il colpo a mezz'aria. Una risata divertita soffocò il panico.
Sam avanzò con un sorriso smaliziato che gli fece brillare gli occhi. «Non alzo le mani soltanto perché siete sacerdotesse.»
Lys sentì il cuore sprofondare.
Sandrine finse sorpresa mordendosi il labbro in modo del tutto innaturale. Ines piegò la testa di lato, negli occhi aveva un bagliore predatorio.
«La vita è proprio ingiusta.» Il cerone sul viso si arricciò attorno alle labbra. «Il ragazzo più bello di Cers deve tenere a bada questa bestiolina selvatica.»
Sam incrociò le braccia al petto, i capelli biondo cenere gli ricaddero ai lati del viso. «Ines, se non sbaglio hai fatto voto di castità.»
«Davanti agli dèi, Saman. Non di certo davanti a te.»
Lui allargò le labbra come un pavone con la sua ruota e le due ripresero la strada ondeggiando i fianchi.
«Il mio fascino le ha fatte scappare.»
Lys gli rifilò una gomitata tra le costole. «Giuro che darò fuoco a quello schifoso Tempio.»
«Blasfema come piace a me.» Sam schivò un'altra gomitata e sollevò pigramente un angolo della bocca. «Mi sarebbe piaciuto restare a guardare mentre spezzavi loro le ossa. Lotte nel fango in biancheria, cose così.»
«Idiota.»
«Splendido idiota» la corresse. La trascinò lungo il sentiero e superò il barbacane camminando all'indietro. Il sorriso gli si allargò sulla faccia.
Lys glie l'avrebbe volentieri strappato con una schicchera dritta in fronte. Sam parve leggerle nel pensiero, perché si portò un dito alle labbra con un gesto teatrale accennando alla guardia che sonnecchiava spalle al muro.
La passerella di legno sospesa sul fossato scricchiolò al loro passaggio. Lys ci si sedette, con le gambe a penzoloni e il peso sui gomiti.
Sam la imitò. «Cosa volevano quelle streghe?»
«Hanno visto tutto.» Lys abbassò lo sguardo. Occhietti lucidi e infossati la osservarono dalle fessure tra le assi. Lei sollevò il vestito sopra le ginocchia liberando il tascapane dalle gonne. «Quelle arpie non aspettavano che un mio passo falso. La gente muore di fame, ma a loro che importa? È facile avere la pancia piena, al Tempio.»
«Non dipingerti come una santa, rubi il cibo per scommessa.» Sam si piazzò in faccia uno sguardo vizioso. «A tal proposito: hai vinto.»
«Io vinco sempre, Saman.»
Lys immerse le dita nel tascapane, il grano scivolò tra le falangi. Gli occhietti tra le assi scintillarono.
Non si trattava solo di una scommessa.
Il grano si riversò a terra come sangue da una ferita aperta. Dita sporche si allungarono verso il mucchio sparso sotto la passerella.
Il connubio di sentimenti che provò le mozzò il respiro: caotico, passionale. Fratello del moto viscerale che l'aveva spinta a irrompere nei magazzini pubblici alla tenuta del Borgomastro, la sera prima e quelle prima ancora.
«Rifacciamolo.» Afferrò la mano di Sam.
Lui fissò le dita intrecciate. «Che cosa?»
«Rubiamo quello che avanza dei legumi.»
Sam sbuffò. «Possono chiedere asilo al Tempio senza farci rischiare il collo.»
«Ti odio quando fai l'insensibile.» Lys si ritrasse, ma lui la trattenne.
«Magari loro non sono pazzi piromani come te.»
«Idiota.»
«Meraviglioso idiota.» Sam piegò le labbra in un sorriso smaliziato. «Oppure sublime. Sì, sublime mi piace.»
«Saman.»
La sua espressione divenne predatoria. Indugiò sul collo scoperto e sui capelli mossi dalla bava di vento. «Quando dici il mio nome così, vuol dire "nulla di buono".»
«E quando tu fai il cretino così, mi stai nascondendo qualcosa.»
Sam non sostenne il suo sguardo. Si incurvò sotto il peso delle spalle e tornò a fissare il mucchietto di grano sotto alla passerella. «Ho sentito che Agata si sposa.»
«Chiacchiere da ragazzine.» Lys lo spinse con la spalla. «Hai fallito il tentativo di parlare d'altro.»
Sam serrò la mascella. «Mio padre—» Trattenne il respiro, come se stesse cercando di ricordare le parole. Le disegnò pigri cerchi con il pollice sul dorso della mano. «Lui vuole trasferirsi nella capitale. Dice che qui per noi non c'è lavoro. L'unico cavallo da ferrare è quello del borgomastro, ed è praticamente morto.»
Il cuore di Lys si fermò. Avrebbe preferito fare un passo indietro e parlare di Agata, delle altre ragazze del villaggio e di frivolezze simili. Di tutto, ma non questo. «Lascia che vada Aidan con lui. Ha nove anni ed è molto più capace di te.»
«Ti ringrazio, Lys.» Sam sbuffò e gettò la testa all'indietro. «Aidan non ha mai lavorato. Si ritroverebbe con uno zoccolo in fronte prima ancora di entrare in bottega.»
«Stai dicendo che non ci saranno altre scommesse, tra noi?» Le lacrime le punsero gli occhi. «O altre notti come quella di ieri?»
Lys non riusciva a guardarlo. Non con la gola annodata, non sull'orlo del pianto. Conosceva solo quel caldo torrido che scottava la pelle a ogni ora del giorno, la fame e—Sam, il suo migliore amico dai tempi in cui vincere a mosca cieca era il problema più grosso, il ragazzo a cui avrebbe affidato la sua stessa vita. Non poteva permettersi di perderlo come aveva perso la sua famiglia, o Erned, e rimanere sola. Ancora.
Sentì le sue dita sul mento, la costrinsero ad alzarlo. «Vieni con me.»
«Sam...»
«Lo so.» Il grigio dei suoi occhi si fece più intenso. «Tu aspetti il grande ritorno di Erned. Non vuoi lasciare Cers per nessun motivo al mondo senza rivederlo almeno una volta. Ma dannazione, questa è l'unica vita che hai. Potremmo viverla lontano da qui, avere dei figli che possano crescere sani in una terra fertile e—gli dèi soli sanno quanto farei per renderti felice.»
Lys trattenne il respiro. «Saman, io sono felice.»
Non è vero.
«Sposami.» La sua voce era una preghiera. La sua mano, che tante volte aveva afferrato per reggersi in piedi, era un tocco delicato sul suo viso. Ne percepiva il calore, la rude determinazione con cui avrebbe voluto afferrarla.
La terra si aprì sotto di lei. Era in caduta libera.
Cosa ti manca, Lys? Cosa ti manca per essere felice?
Sentì la gola chiudersi, il respiro troppo veloce non trovava aria.
Si voltò e corse via, verso le colline, sfocate dietro una parete di lacrime. Lo sguardo di Sam bruciava sulla sua schiena.
STAI LEGGENDO
La Leggenda dei Perduti
Fantasy[DEMO] LA LEGGENDA DEI PERDUTI. A volte è difficile far sentire la propria voce. Soprattutto se indossi una gonna e le persone tendono a confondere il tenerti al sicuro con il metterti da parte. La diciassettenne Lys lo sa bene, quando si trova rig...