III. il primo duello

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La palestra era una stanza grande quasi quanto l'arena. Vi erano manichini per allenarsi con l'acuelo, zone vuote per la corsa e delle panchine per riposarsi tra un allenamento e l'altro.
Decisi di allenarmi col manichino per dare qualche fendente. Presi il mio aculeo e iniziai con un affondo ma il manichino non sembrava neanche averlo sentito. Continuai a tirare colpi ininterrottamente per circa dieci minuti, poi mi fermai. Sentii una voce alle mie spalle: "Sei abbastanza bravo con quell’aculeo, ti va un duello?". Mi girai e vidi che era quella mantide che mi aveva salvato il giorno prima. Non volevo sembrare debole ai suoi  occhi così accettai. Me ne pentii subito. Mi fece segno di seguirlo ed si diresse ad una porta in un angolo della palestra. Lo seguii dandomi ripetutamente dell’idiota per aver accettato.
La stanza dietro quella porta era pressoché vuota, ma con le mura e il pavimento colorato da schizzi Rossi. Probabilmente schizzi di sangue, lasciati da chi aveva perso. Infatti, a quanto pare quella era la stanza dei duelli, per chi vuole allenarsi prima dell'arena. La mantide mi spiegò che nessuno muore durante un duello, perché quando si dichiara di arrendersi l'avversario non può più attaccare. Altrimenti, violerebbe le regole del Colosseo e verrebbe sbattuto fuori.
Saperlo mi fece fare un sospiro di sollievo e pensai che senza la paura di morire, avrei avuto più possibilità contro di lei. Mi preparai tirando fuori l'aculeo e mettendomi in posizione di attacco cercando di non tremare. Ma quando il mio avversario mi caricò, ormai la paura mi aveva quasi completamente sommerso. Non volevo che finisse come il giorno prima. Stavolta ero io ad avere il controllo e la mia paura. Tirai un fendente per fermare la mantide che era partita in attacco. Con mia grande gioia, funzionò e la costrinsi a fare un passo indietro. Pensai di essere entrato in vantaggio con quel colpo e iniziai a pensare alla gloria che avrei avuto nell’arena oggi. Mi resi presto conto di stare fantasticando e cercai di ritrovare la concentrazione. Ma mentre la mia vista era ancora offuscata da questi miei pensieri di gloria, la mantide approfittò del momento per colpirmi. All’inizio non capii neanche dove mi avesse colpito. Poi una sensazione di dolore mi pervase il petto. Vi appoggiai una mano per vedere cosa fosse successo e quando abbassai la testa la vidi ricoperta di sangue. Oltre al dolore provavo qualcos’altro. Ma non era paura. Forse quell’emozione che scorta i gladiatori attraverso la morte nell’arena? Quella nuova sensazione stava modificando tutti i miei pensieri, “Se devo morire morirò, ma non sarò il solo”. Questo era ormai il mio unico pensiero.
Con una forza a me estranea, mi lanciai sul mio avversario colpendolo con il mio aculeo alla zampa (in quel caso, era anche la sua arma). Quando la mia lama andò a segno, riuscii a vedere delle crepe formarsi nel suo braccio seguite da qualche goccia di sangue. La mantide cadde in ginocchio sbigottita. Probabilmente non si aspettava questo ultimo attacco così furioso. Dopo aver guardato con occhi sgranati il suo arto crepato, disse con tono strozzato: "mi arrendo". Corse via mentre teneva il braccio premuto sul petto. Rimasi lì a guardarla, finché non fu fuori dal mio campo visivo. Osservai la mia lama, cercavo in lei la forza che avevo appena usato per vincere il duello ma non ci vedevo nulla di strano. Solo una semplice lama leggera, usurata leggermente dal tempo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 14, 2021 ⏰

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